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Delta del Niger, dove petrolio fa rima con abusi

C’è una una stretta correlazione tra compagnie petrolifere presenti nell’area del delta del Niger e le violenze commesse quest’anno nei confronti della popolazione da parte delle forze di sicurezza nigeriane. La denuncia in un rapporto un rapporto di Amnesty International:  gli abitanti del delta del Niger che protestano contro le devastazioni socio-ambientali continuano a subire azioni intimidatorie, spesso delle vere e proprie punizioni collettive, da parte delle forze di sicurezza nigeriane, con l’accusa ufficiale di ostacolare la produzione del petrolio o di commettere atti criminali.

Ecco alcuni esempi tratti dal rapporto (recuperabile a questo indirizzo). Il 4 febbraio 2005 una Task Force costituita da personale militare e di polizia ha aperto il fuoco sui dimostranti della comunità Ugborodo che manifestavano presso il terminal petrolifero di Escravos di proprietà della Chevron Nigeria, provocando un morto e 30 feriti. La protesta scaturiva dal mancato rispetto degli accordi presi nel 2002 tra i rappresentanti Ugborodo e la Chevron, che prevedevano promesse di lavoro e progetti di sviluppo a favore degli abitanti della comunità, situata nei pressi del pozzo petrolifero di Escravos, in cambio del via libera all’estrazione del petrolio per la Chevron, la quale si era addirittura impegnata per una produzione “ecocompatibile”. Peccato che questo Memorandum d’intesa è rimasto solo sulla carta. Il 19 febbraio almeno 17 persone sono state uccise e due donne stuprate in una incursione della Task Force congiunta nella comunità Ijaw di Odioma, nel centro della regione del delta del Niger. L’operazione era stata ufficialmente condotta per arrestare un gruppo di vigilantes armati, ma gli arresti non hanno avuto luogo, in compenso l’ 80% delle abitazioni sono state distrutte. Il mese prima Shell Nigeria aveva rinunciato a un progetto di prospezione, ai fini di verificare la presenza di petrolio, in una terra oggetto di un contenzioso per il controllo tra alcune comunità e i giovani di Odioma avevano chiesto alla Shell un arresto delle operazioni. Sui fatti di febbraio non è stata aperta alcuna inchiesta e oggi Odioma è pressochè disabitata. Il rapporto è stato pubblicato in occasione della morte di Ken Saro Wiwa (vedi anche qui). Dieci anni fa lo scrittore e attivista per i diritti umani di origine nigeriana e altri otto suoi compagni furono condannati a morte da un tribunale militare istituito appositamente dall’all ora dittatura nigeriana e giustiziati tra lo sdegno della comunità internazionale. L’accusa fu di omicidio, ma in realtà Ken Saro-Wiwa era un personaggio scomodo che lottava contro i danni ambientali e i soprusi perpetrati nei confronti della sua popolazione, gli Ogoni, da parte delle multinazionali petrolifere. Claudia Robbiati

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