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Ambiente / Approfondimento

Poco ambiente e poca partecipazione pubblica: che cosa non funziona nel Decreto Semplificazioni

Termini ridotti per presentare osservazioni ai progetti sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale, meno garanzie di bonifica e limitata partecipazione ai processi decisionali. In un dossier rivolto ai parlamentari, 160 associazioni hanno individuato le criticità del decreto legge e hanno proposto 34 emendamenti per le norme considerate più pericolose per i territori

© Forum acqua bene comune

Nel Decreto Legge Semplificazioni ci sarebbero numerose norme che causerebbero danni all’ambiente e alla qualità della vita su numerosi settori: da quello edilizio al clima, dalle bonifiche agli appalti. È questa la posizione condivisa da oltre 160 associazioni italiane (tra le quali il Forum Italiano dei movimenti per l’acqua e Attac Italia) che hanno appena firmato un appello comune inviato a tutti i parlamentari. Insieme all’appello le associazioni hanno mandato anche un dossier che contiene 34 proposte di emendamenti, volti sia ad abrogare le norme ritenute più pericolose sia a integrare con proposte provenienti da chi da anni lavora sul territorio per risolvere nel concreto le principali problematicità legate all’impatto ambientale.

In particolare, sottolineano i comitati, invece di scommettere sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, il DL Semplificazioni taglia pesantemente i termini per poter presentare osservazioni ai progetti sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): prima del decreto, se un’azienda avesse voluto realizzare una raffineria o un pozzo di petrolio i cittadini avrebbero avuto 60 giorni di tempo per accorgersi dell’esistenza del progetto, esaminare la documentazione costituita da centinaia di elaborati tecnici di migliaia di pagine e scrivere le osservazioni. “Tempi già molto risicati”, si legge nella lettera indirizzata ai politici, che però ora peggiorerebbero ulteriormente: se il Parlamento confermerà il testo varato dal Governo, infatti, i tempi saranno dimezzati a 30 giorni (eccezione fatta per le Regioni, dove i giorni diventerebbero 45).

Insomma, è come se il Governo avesse individuato nel parere dei cittadini il primo ostacolo da rimuovere al fine di velocizzare i cantieri. Altre modifiche contenute nel decreto riguardano la realizzazione delle indagini archeologiche che potranno essere fatte solo “a posteriori”, quando in realtà la direttiva comunitaria impone di accertare preventivamente proprio con la VIA l’impatto sul patrimonio culturale. (Su questo Altreconomia aveva già riportato la posizione del consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici).

Infine, la proposta di affiancare una seconda commissione VIA a quella esistente, dimostrerebbe, sempre secondo i comitati, il paradosso di questo insieme di proposte: quando mai, per semplificare, si moltiplicano i possibili percorsi amministrativi di valutazione? “Queste norme cercano di rendere la procedura di V.I.A. un mero orpello, un timbro in più da mettere quanto più velocemente sui progetti, svuotandola del suo significato originario fissato dalla Direttiva”, concludono i comitati.

Un altro grande motivo di preoccupazione riguarda il capitolo delle bonifiche. “Con l’articolo 53 comma 4-quater può, nei fatti, venire addirittura meno la bonifica delle acque sotterranee”, sostengono i firmatari. Se il Dl del Governo venisse approvato così come proposto dal Parlamento, le aziende responsabili di inquinamento potrebbero ottenere il certificato di avvenuta bonifica anche per il solo suolo -qualora si dimostri che l’acqua inquinata non lo influenzi- deresponsabilizzandole insomma dall’impatto, appunto, sulle acque. Senza aggiungere altro sul tema acque inquinate, il DL si concentra piuttosto sulla possibilità di costruire nuove opere nei cosiddetti SIN (Siti di Interesse Nazionale).

Anche in questo caso i comitati rivendicano più partecipazione ai processi decisionali, invitando a rendere obbligatoria la presenza dei comitati stessi nelle conferenze di servizio e la pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle bonifiche sui siti istituzionali, con l’ottica di incrementare la trasparenza e facilitare l’accesso -e così il dialogo- con le istituzioni. Infine, tra le proposte, anche quella di selezionare un soggetto amministrativo competente che lo sia davvero: oggi molte delle competenze ricadono sulle province il cui svuotamento di senso produce continui stalli nei processi di bonifica.

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