Da Napoli a Tenerife, la crisi del mare nelle mete dell’overtourism

di Lucrezia Tiberio, Max Cavallari, Paula González Gavilanes e Miguel Velasco — 6 Ottobre 2025

Una performance simula gli scarichi fognari in mare sopra immagini di politici locali, durante una protesta organizzata dalla piattaforma cittadina Canarias tiene un límite © Miguel Velasco

Un doppio reportage dall’Italia e dalla Spagna mostra come il turismo di massa senza limiti, regole o tassazione non sia affatto un motore economico e culturale di un luogo ma un elemento che porta al collasso infrastrutturale e al degrado ambientale. E anche il mare ne esce malconcio: da attrattore per i visitatori a luogo in larga misura insalubre. La voce e l’impegno di chi si batte per un altro modello

“Che cosa lascerò alle mie figlie?”, si chiede César Borges, residente di Punta Brava, un quartiere costiero di Puerto de la Cruz, a Nord di Tenerife. Non è solo. Quello che succede a lui accade a centinaia di famiglie dell’isola, che accoglie quasi sette milioni di turisti all'anno ma che è diventata la più grande discarica di acque reflue dell'arcipelago delle Canarie. Sua figlia di sette anni non può vivere quello che ha vissuto lui. “Mi chiede dove faremo il bagno quest'anno. Perché non possiamo andare in spiaggia”, racconta con amarezza. La Playa Jardín, il cuore sociale di questo quartiere, ha chiuso infatti al pubblico nel luglio 2024 a causa dell'inquinamento fecale.

Tenerife è l’isola delle Canarie con una tradizione turistica ormai storica; secondo Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, solo nel 2023 sono stati registrati oltre 95 milioni di pernottamenti nell'arcipelago. Napoli, invece, prima città di passaggio, l’anno scorso ha ospitato 14,5 milioni di turis