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Cucchi, il referto che riapre il caso

Dopo le recenti rivelazioni sul ruolo dei carabinieri, ecco la relazione che smentirebbe i periti della Corte d’Assise di Roma. Secondo il presidente della Società Italiana di Radiologia Medica, infatti, la schiena di Stefano Cucchi non solo era fratturata, ma la prova dell’aggressione contenuta nella terza vertebra lombare sarebbe stata esclusa dagli esami

Il caso di Stefano Cucchi è riaperto. E non solo per l’ipotizzata falsa testimonianza del carabiniere Roberto Mandolini, all’epoca dell’arresto del 31enne -nell’ottobre 2009- comandante interinale di quella Stazione di Roma Appia che procedette al fermo. 
 
C’è un altro binario lungo il quale corre l’inchiesta bis: quello medico-peritale. L’accertamento dei fatti occorsi al geometra arrestato il 15 ottobre 2009 e morto da recluso all’ospedale-carcere Sandro Pertini di Roma sette giorni più tardi, del resto, passa anche e soprattutto attraverso gli esami radiologici della sua schiena, segnata dalle aggressioni plurime subite. La famiglia Cucchi e il collegio difensivo guidato dall’avvocato Fabio Anselmo hanno tra le mani una relazione -richiesta quest’estate e consegnata materialmente nei primi giorni del mese di settembre-, firmata da Carlo Masciocchi, presidente della Società Italiana di Radiologia Medica nonché direttore dell’Unità Operativa di Radiologia dell’Asl 1 di Avezzano-Sulmona-L’Aquila.
 
Per quanto risulta ad Altreconomia, Masciocchi non si limita a certificare “lesioni fratturative” “del tutto evidenti” alla terza vertebra lombare e alla quarta sacrale (S4) di Stefano Cucchi, tra loro “assolutamente contestuali”. Non solo smentisce i periti della Procura e poi quelli dell’Università Statale di Milano voluti dalla Corte d’Assise in primo grado, sostenendo che quella di L3 sia in tutto e per tutto una frattura “recente”. No, non è tutto. Dopo una “attenta rivalutazione”, Masciocchi giunge a una conclusione scioccante: le immagini del tratto di colonna vertebrale “esaminato” dopo la morte di Cucchi dai periti della Corte d’Assise -e in particolare dal tecnico radiologo ausiliario Beatrice Feragalli dell’Università di Chieti e Pescara nell’agosto 2012, nel certificato di cui abbiamo già scritto nel novembre 2014 e nel libro “Mi cercarono l’anima” dell’ottobre 2013- sarebbero incomplete, monche. È inequivocabile il referto del presidente della Società Italiana di Radiologia Medica: “[…] Ho la forte sensazione che sia stato esaminato un tratto di colonna che include solo metà soma di L3 fino alla limitante somatica superiore di L5. In altri termini penso che sia stato tagliato il soma di L3 includendo solo la porzione più distale e quindi la sola limitante somatica inferiore”. Tradotto: la parte fratturata della terza vertebra lombare di Stefano sarebbe stata esclusa dagli esami e dalle valutazioni dei periti della Corte d’Assise. 
 
Feragalli scrisse nel contestato referto contenuto nella “super perizia” dei consulenti della Corte d’Assise -contestato perché non firmato e non datato-, di aver osservato nel loro complesso “L3, L4 ed L5”. A distanza di sei anni, contattata da Altreconomia, la dottoressa torna sul punto: "la L3 non era valutabile proprio perché era già stato sezionato l’osso, non era intera la vertebra", quindi "non era valutabile nel nostro esame". Eppure, il referto della "super perizia" trattava di L3, escludendo "esiti di fratture". Chiarire questo punto è fondamentale perché da ciò dipende l’accertamento della causa di morte di Stefano Cucchi.
 
L’avvocato Anselmo e la famiglia hanno depositato stamane (venerdì 11 settembre) in Procura il referto di Masciocchi. I binari -novità sul fronte dei carabinieri e clamorosi scenari circa gli esami sulla schiena- procedono paralleli. La prossima fermata potrebbe chiamarsi “verità”.
 

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