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Cronaca del primo mese di apertura del Cpr di Torino. Tra atti di autolesionismo e proteste

Una fotografia d'archivio all'interno del Brunelleschi del 7 dicembre 2009 © FOTOPRESS / IPA

Nel “registro degli eventi critici” della struttura, ottenuto da Altreconomia, l’ente gestore nel mese di aprile ha annotato 22 “casi” in 29 giorni. Quasi uno al giorno. La quotidianità che si vive all’interno è insostenibile. Lo racconta anche una delle persone rinchiuse che ha passato oltre nove mesi tra Brindisi e il “Brunelleschi”: cittadino eritreo, ancora oggi si chiede perchè sia stato trattenuto così a lungo

Nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Torino la “calma” dopo la riapertura del 24 marzo è durata una settimana, giusto il tempo che il progressivo affollamento e il passare dei giorni aumentassero la tensione all’interno del “Brunelleschi”. Nel mese di aprile gli “eventi critici” si sono susseguiti quasi quotidianamente: in appena 29 giorni ben 22 tra atti di autolesionismo, diverbi, proteste e lesioni.

Il registro che ne tiene traccia e redatto dagli operatori della Cooperativa Sanitalia -ottenuto da Altreconomia- scatta un’istantanea tanto asettica quanto “cruda” di quella detenzione amministrativa che nelle sue pieghe continua a inghiottire vite. Come quella di O. A., cittadino 43enne eritreo, che per più di 11 mesi è stato rinchiuso in un Cpr, prima a Brindisi e poi a Torino: “Non so neanche perché mi hanno tenuto così tanto dentro era impossibile mandarmi a casa: da dove vengo io c’è la guerra”, racconta. E il documento sugli eventi critici, ottenuto dalla prefettura di Torino, aiuta a capire in quale luogo O. A. abbia dovuto sprecare quasi un anno della sua vita. Ecco la “cronaca” del mese di aprile, vista attraverso gli occhi degli operatori.

Il 2 aprile, verso le 15, viene registrato “un atto di autolesionismo da parte di un ospite” che viene accompagnato in ospedale per poi rientrare in struttura alle 17. L’ente gestore aggiunge in nota “chiusura area bianca e isolamento sanitario per giorni sei a cura responsabile sanitario”. Il giorno successivo Sanitalia annota tre eventi: una protesta degli ospiti per “problemi con il riscaldamento”; una “manifestazione antagonista a sostegno degli ospiti” e un altro atto di autolesionismo con successivo accompagnamento in ospedale. Il 4 aprile alle 17 aprile nell’area viola gli ospiti “vengono a diverbio e sono condotti in sala medica per medicazione” e si legge che dopo la “riparazione dei bagni nell’area gli ospiti non protestano più”. Il 6 aprile un’altra persona si fa del male e viene portata in infermeria. È il terzo in quattro giorni.

Seguono tre giorni con “nessuna novità” (proprio così scrive l’ente gestore) poi il 10 aprile, nel pomeriggio, “un ospite asserisce di aver ingerito le pile del telecomando” e viene “tenuto in osservazione fino alla tarda ora e poi ricondotto in area”. Alle 22.30, un ospite si autolesiona di nuovo. Il 12 aprile gli operatori annotano “agitazione nell’area” a causa di un ospite che “ostacola il lavoro dei mediatori”, mentre il giorno successivo, di nuovo, un “trattenuto” dell’area viola “asserisce di aver ingerito dei pezzi di plastica” e viene portato in osservazione sanitaria. Durante la distribuzione della cena un altro ospite invece “lancia a terra i pasti di altri”. Si passa così al 16 aprile con un altro “atto di autolesionismo agli arti inferiori” che viene medicato in infermeria. La stessa persona, durante la notte, “assume shampoo e ingerisce bottone e rifiuta il trasporto in ospedale”. Viene così collocato fino al mattino successivo nella stanza di osservazione e “durante la permanenza sradica dal muro l’armadietto che viene portato fuori dalla stanza e rompe il miscelatore in bagno”.

Tre giorni di calma (il 20 aprile viene annotato “Buona Pasqua”) e poi la tensione cresce nuovamente la settimana successiva, con più di un evento critico al giorno. Il 22 aprile si registra “tensione in area viola” con un ospite che ha “dolosamente gettato a terra un telefono appena consegnato”; il giorno successivo invece un dipendente di Sanitalia “risponde alla provocazione [di un ospite] stanco di sentirsi ripetere giornalmente ‘n***o di merda’”. L’operatore viene allontanato.

Il 24 aprile viene incendiato un materasso nell’area viola come segno di protesta “per una serie di motivazioni -scrive l’ente gestore- la colazione, l’ufficio immigrazione, la sanità”. Il giorno dopo si segnala una “manifestazione esterna con lancio di palline da tennis e biglietto all’interno” con “gli ospiti tranquilli nelle aree”. Verso le 17, poi, un “trattenuto” si autolesiona: “lamenta che l’avvocato non lo fa uscire”, scrive l’ente gestore.

Il 26 aprile si segnalano “proteste per mancanza di acqua calda” poi alle 15.30 una “manifestazione antagonista di fronte all’ingresso del centro”. La cooperativa scrive che interviene “autoambulanza chiamata dall’esercito” (non è specificato il motivo) con un ospite “condotto in ospedale” e poi rientrato in serata. Il giorno dopo un altro ospite “si autolesiona con tagli seri” e viene ricoverato al Pronto soccorso Martini. Il 28 aprile nel primo pomeriggio “un ospite dell’area viola asserisce di aver ingerito pile” ma “rifiuta il trasporto in ospedale”. Poco dopo, alle 16.30, viene annotata una “leggera tensione in area viola” con un ospite che “subisce lesioni” e poco dopo viene accompagnato al “Martini”. Non è nuovamente chiaro chi abbia inferto le lesioni.

Siamo così al 29 aprile, il giorno prima di una delle due proteste (la seconda avvenuta il 17 maggio) che hanno reso inagibile due aree delle tre disponibili in fase di riapertura a fine marzo. “Gli incendi hanno reso inagibile gran parte dell’area -riprende a raccontare O.A.-. Gli ultimi giorni che ho passato nel Cpr ho dovuto dormire all’aperto. Poi grazie a dio sono uscito”.

Dopo gli incendi scoppiati a metà maggio, le persone rinchiuse hanno dormito all’esterno diverse notti prima di essere trasferiti in altri Cpr italiani

Secondo Lorenzo Grignani, avvocato di Torino che ha aiutato O. A. a uscire dal “Brunelleschi”, la sua storia mostra come il Cpr funzioni in realtà da “centro di smistamento dei pacchi”, in cui le storie delle persone passano in secondo piano e “si applica meccanicamente una procedura senza farsi troppe domande”. “Il mio assistito è un cittadino eritreo cresciuto in Sudan -spiega- non c’era ragione per rinchiuderlo nel Cpr mentre ci ha passato ben nove mesi senza che nessuno si chiedesse quale fosse l’obiettivo di tenerlo dentro”. Era il 2 luglio 2024 quando l’uomo faceva ingresso nella struttura di Brindisi, per poi essere trasferito a Torino il 30 aprile.

“Sono stati mesi difficilissimi: alla fine ho passato più tempo in Cpr che in carcere, dove ho dovuto scontare una pena di dieci mesi -riprende O.A.-. A Brindisi è bruttissimo, conoscevo il ragazzo nigeriano che è morto (Abel Okubor, ndr) perché era nella mia stessa area. Una volta arrivati a Torino almeno l’ufficio immigrazione sembrava funzionare meglio ma il cibo era pochissimo: colazione scarsa, qualche biscotto, e spesso a pranzo poca pasta. E poi ti vengono date tantissime gocce per farti dormire. Ancora oggi mi chiedo perché sono stato rinchiuso per così tanto tempo. A casa non posso tornarci, e tutta la mia famiglia è qua”. L’uomo è stato rilasciato lunedì 19 maggio: dentro al “Brunelleschi”, quel giorno, erano presenti 27 persone. La capienza da 70 posti prevista all’apertura della struttura è già un ricordo.

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