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Esteri / Reportage

Le pessime condizioni della sanità spagnola di fronte a Covid-19

© Manuel - Unsplash

Al 26 marzo la situazione in Spagna è di 56.188 casi totali confermati (di cui 31.912 ricoverati in ospedale), 4.089 morti e 7.015 guariti. I letti dedicati alla terapia intensiva sono solo 4.404 (tra pubblico e privato): 9,7 ogni 100.000 abitanti rispetto ai 29,2 della Germania o ai 12,5 dell’Italia. Non è un caso, negli anni il sistema sanitario ha subito tagli pesanti. Reportage da Madrid, l’area più colpita

Nel quartiere La Latina di Madrid ogni domenica mattina si tiene il Rastro, il vivace e rumoroso mercato delle pulci della capitale. Da poco prima di metà marzo regna il silenzio. Anche nei giorni feriali sono cessati i rumori: non si sentono più le saracinesche dei negozi di antiquariato, il brusio per la compravendita di oggetti di seconda mano, lo strofinio degli strumenti che levigano le superfici dei mobili. Anche nel grande mercado coperto de la Cebada si è ridotto bruscamente il vociare dei commercianti, con indosso le mascherine. Come racconta uno dei pescivendoli, la maggior parte degli acquisti ormai avviene con consegna a domicilio. Solo alle otto di sera, durante il consueto “applauso” rivolto al personale sanitario impegnato a frenare l’avanzata e le conseguenze dell’epidemia da Covid-19, gli spagnoli tornano a mostrare i volti ormai stanchi, affacciandosi a balconi e finestre.

Al 26 marzo le cifre aggiornate dal ministero della Sanità mostrano la situazione in Spagna: 56.188 casi totali confermati (di cui 31.912 ricoverati in ospedale), 4.089 morti e 7.015 guariti. Come sta affrontando la sfida del Covid-19 la sanità pubblica spagnola? Nel 2019 il Global Health Security Index, indice che compara 195 Paesi in base alla loro capacità di risposta in caso di epidemia o di pandemia, aveva già piazzato la Spagna tra i Paesi con “preparazione media”, escludendola dal gruppo dei “più preparati”.

Il momento chiave della flessione, a livello di investimenti, della sanità pubblica spagnola è stato il 2008, con l’inizio della crisi economica. Il rapporto “Health Statistics 2019” dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è uno specchio delle sistematiche politiche di tagli e investimenti mancati che hanno colpito la sanità spagnola. Nel 2010 il Paese spendeva in sanità il 9% del suo Pil, nel 2018 l’8,9%. Poco meno, apparentemente. Tuttavia è fondamentale il paragone con le percentuali di spesa sanitaria di Paesi come la Francia o la Germania che nel 2018 investivano l’11,2% del Pil. Nel 2010, per ogni abitante la Spagna spendeva circa 2.090 euro, importo sceso al di sotto dei 2.000 euro nel 2013 e che poi è risalito a quasi 2.300 euro nel 2018, rispetto ai circa 2.500 euro dell’Italia. La Germania, invece, ha costantemente aumentato la sua spesa sanitaria per abitante arrivando a quasi 4.600 euro nel 2018, incrementandola di circa 1.000 euro negli ultimi otto anni.

Se da una parte il numero di medici impiegati negli ospedali spagnoli è di 2,31 per ogni 1.000 abitanti, di poco superiore a quello italiano (2,15) il rapporto della Commissione europea“State of Health in the UE. España. Perfil sanitario nacional 2019” sottolinea che la percentuale di infermieri è al di sotto della media europea: 5,7 per ogni 1.000 abitanti rispetto all’8,5 europeo. 

Poche settimane prima dell’isolamento spagnolo, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani, Philip Alston, ha condotto una missione in Spagna a seguito della quale ha pubblicato un approfondito rapporto. Nei paragrafi dedicati all’indebolimento della sanità, Alston conferma che “giustamente” la Spagna è orgogliosa del suo sistema sanitario. Nonostante ciò ha lanciato l’allarme a causa di lacune importanti, soprattutto per chi si trova in una situazione economica più fragile dovuta a un mercato del lavoro precario e a un tasso di disoccupazione, che negli ultimi mesi si aggira intorno al 14%. Il rapporto segnala uno studio di EAPN (European anti poverty network) relativo al 2019 che avverte che non sono stati in grado di ricevere assistenza per motivi economici: il 5% delle persone appartenenti a famiglie povere che avevano bisogno di assistenza sanitaria, il 25,5% di chi aveva necessità di cure dentistiche e il 3% di chi aveva bisogno di servizi di salute mentale. Se il 6,9% non poteva permettersi di acquistare i farmaci prescritti, la percentuale raggiungeva l’8,3% nel caso dei disoccupati. Alston non ha dimenticato di sottolineare che i danni inferti alla sanità spagnola sono stati causati anche da un aumento dell’esternalizzazione e della privatizzazione dei servizi. E aggiunge che il ministro della Salute non è stato in grado di fornire stime o studi relativi alla privatizzazione del sistema.

Sono queste le condizioni in cui si trovava la sanità pubblica spagnola il 14 marzo, quando il capo del governo e leader del Partito socialista, Pedro Sánchez, ha proclamato, attraverso l’emanazione di un real decreto, il cosiddetto “Estado de Alarma” previsto dall’articolo 116 della Costituzione spagnola. Già nella seconda settimana l’isolamento, con una durata iniziale di 15 giorni, è stato prolungato fino all’11 aprile. Anche se il primo caso di Covid-19 è stato rilevato all’inizio di febbraio nella “remota” isola de La Gomera, nell’arcipelago delle Canarie, solamente nelle ultime due settimane è realmente esploso il contagio.

Fin dall’inizio, però, la zona più colpita è stata quella della Comunidad de Madrid dove, complessivamente, vivono circa 6 milioni e mezzo di persone. Il 26 marzo conta 17.166 casi di contagio, seguita dalla Catalogna con 11.592 e poi dai Paesi Baschi con 3.946. Secondo quanto riporta il quotidiano El País, infatti, le unità di terapia intensiva (UCI) sono vicine al collasso soprattutto nella regione di Madrid. In Spagna, complessivamente i letti dedicati alla terapia intensiva sono pari a 3.508 all’interno della sanità pubblica e 896 in quella privata. Ciò equivale, secondo quanto riporta il quotidiano 20Minutos a 9,7 letti di UCI per ogni 100.000 abitanti, rispetto ai 29,2 della Germania o ai 12,5 dell’Italia, mentre il Regno Unito ne ha solamente 6,6 per ogni 100.000 abitanti.

In Spagna, il numero dei posti in unità di terapia intensiva sono troppo pochi per il numero e le condizioni in costante cambiamento dei contagiati che hanno bisogno di questi posti letto. Questa mancanza strutturale della sanità spagnola ha portato alla creazione di ospedali di campagna, alla riconversione di stanze di hotel e all’utilizzo dei padiglioni della fiera di Madrid, Ifema, in cui sono stati allestiti, nella seconda settimana di isolamento, circa 1400 posti letto, di cui 96 dedicati alla terapia intensiva.

Per sopperire alla mancanza del personale, Salvador Illa, il ministro della Salute, ha annunciato, il 19 marzo, un aumento di circa 50.000 unità del personale sanitario, mobilitando specializzandi, medici a cui, pur avendo superato le prove di selezione, non era stato assegnato un posto, personale in pensione ma anche studenti del settore sanitario dell’ultimo anno come supporto. Illa ha anche annunciato, il 25 marzo, la spesa di 432 milioni di euro per comprare materiale sanitario dalla Cina: 550 milioni di mascherine, 11 milioni di guanti, 5,5 milioni di test rapidi per  individuare la presenza del virus e 950 respiratori che dovrebbero raggiungere la Spagna nelle prossime settimane.

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