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Così la Cina punta a risollevare la propria immagine attraverso la “politica della generosità”

Superata apparentemente la fase dell’emergenza Coronavirus, Pechino sta inviando materiali sanitari ai Paesi colpiti dall’epidemia, Italia inclusa. Un uso del “soft power”, la politica della persuasione, che mira a cambiare la narrativa per presentarsi come nazione responsabile e guaritrice. Intervista a Giulia Sciorati, ricercatrice Ispi e dottoranda in studi internazionali all’Università di Trento

Il presidente cinese Xi Jinping © Cremlino

L’Organizzazione mondiale della sanità ha definito con l’espressione “politica della generosità” e “politica delle mascherine” il pensiero che sottende agli ingenti aiuti sanitari che la Cina ha rivolto ai Paesi colpiti dal Covid-19, compresa l’Italia cui, lo scorso 6 aprile, sono stati donati due milioni di mascherine chirurgiche, 200mila mascherine N95 e 50mila kit di analisi per il Coronavirus. Alla consegna, avvenuta a Fiumicino, hanno partecipato il responsabile della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Vito Borrelli, il Consigliere per gli affari economici e commerciali dell’Ambasciata della Repubblica Popolare cinese in Italia, Li Bin, e il direttore del dipartimento della Protezione Civile, Agostino Miozzo. “Uscita dalla fase dell’emergenza, la Cina sta cercando di mettere in atto un cambio di narrativa passando dal Paese che ha diffuso il virus a quello di guaritore”, spiega Giulia Sciorati, ricercatrice dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) nell’Ispi China Programme e dottoranda in studi internazionali presso l’Università di Trento. “Se a lungo termine il fine ultimo di Pechino è creare e coordinare un nuovo ordine mondiale, adesso il Paese punta a risollevare la sua immagine ricorrendo alla strategia del soft power, cioè la capacità di ottenere i propri fini non attraverso la coercizione ma la persuasione”.

L’uso del soft power nella politica estera cinese non è recente perché rientra in una consolidata strategia di politica estera. Ma è cambiato di fronte al Coronavirus?
GS Gli strumenti classici del soft power cinese sono quelli dell’educazione e della collaborazione tra culture. Gli Istituti Confucio nel mondo ne sono esempio: basti pensare che se ne può trovare uno sull’isola francese di Réunion e in Turkmenistan. Si aggiungono i corsi di lingua, calligrafia e medicina tradizionale da sempre usati dalla Cina come cavallo di battaglia per presentarsi direttamente al pubblico di un altro Paese. È l’obiettivo del soft power: creare una public diplomacy. Con l’emergenza Coronavirus il mezzo attraverso cui Pechino esprime il suo potere persuasivo è cambiato integralmente diventando “una politica della generosità”, come l’ha definita l’Organizzazione mondiale della sanità. Attraverso gli ingenti aiuti sanitari forniti ai Paesi colpiti dalla pandemia, la Cina sta cercando di scrollarsi di dosso l’immagine di “untore” del mondo per proporsi come una “guaritrice” responsabile.

Quali sono gli obiettivi di Pechino?
GS C’è un obiettivo a breve termine: rafforzare i rapporti con i Paesi partner della Nuova Via della Seta (la Belt and Road Initiative è il progetto cinese che prevede la connessione di tre continenti attraverso la costruzioni di reti infrastrutturali, per un valore complessivo di oltre mille miliardi di dollari, ndr), che rientrano tra i principali destinatari del materiale sanitario donato dalla Cina. Da quando il progetto è stato lanciato nel 2013, Pechino ha avviato una serie di investimenti infrastrutturali che sono tuttora in corso e che il Coronavirus non ha fatto sparire. Negli ultimi anni il Paese ha capito quanto sia fondamentale avere l’appoggio dei leader politici che ospitano il progetto o cercare di ottenere il sostegno di quelli in cui vuole iniziare a investire nel complesso Bri, che la Cina sta cercando di portare avanti. E non solo perché gli investimenti sono stati ingenti. Nel 2018 il presidente Xi Jinping ha rimosso il limite del secondo mandato alla presidenza, adducendo come giustificazione il fatto che il progetto della Nuova Via della Seta era talmente esteso che avrebbe avuto bisogno di una continuità di leadership. Il successo della Bri è legato alla legittimità di Xi anche all’interno dello stesso partito: è fondamentale che funzioni.

Emblematico è l’esempio dell’Africa, che Pechino considera come un solo partner. Non è un caso che all’inizio dell’anno la prima visita di Stato, il primo tour formale della Cina, sia stato proprio qui. Per Pechino il continente ha un’importanza strategica notevole. Basti pensare che la sola base militare cinese si trova a Gibuti: un elemento che ci fa capire l’importanza che l’appoggio dell’Africa, considerata come continente, ha per la Cina dove, secondo il Financial Times, la “Jack Ma Foundation”, ente fondatore di Alibaba, ha donato 100mila mascherine, 20mila kit diagnostici e mille tute protettive a ognuno dei 39 Paesi colpiti dal virus. La Cina si sta proponendo come il Paese che può portare avanti i suoi interessi internazionali rivestendo un ruolo da mediatore.

Gli aiuti cinesi sono arrivati anche in Italia, che è stato il solo Paese del G7 ad avere firmato il protocollo di intesa di adesione alla Bri
GS Nel 2019 la firma del memorandum of understanding è stato un assist per il presidente Xi Jinping perché, in quel momento, la Bri non stava assicurando tutto il successo che ci si aspettava. È successo da poco ed è come se la Cina si sentisse in dovere di aiutare l’Italia. Come sottolinea il Financial Times, la produttività cinese sta iniziando a riprendersi dopo la fase dell’emergenza Coronavirus in particolare in alcuni settori chiave, come quello energetico e immobiliare. Siamo anche in una fase in cui la Cina può permettersi di portare avanti questa forma di soft power.

Come si delineerà il rapporto con gli Stati Uniti?
GS Gli Stati Uniti hanno adottato una narrativa per cui il Covid-19 è definito “il virus cinese” o “il virus di Wuhan”. La situazione attuale potrebbe mettere in crisi un rapporto che era già incrinato da prima della pandemia. Infatti, superata la fase uno della guerra commerciale tra i due Paesi, si stava per aprire un momento più delicato, quello delle trattative per arrivare alla conclusione della guerra commerciale, ora messe a rischio. In epoca di Sars, gli Stati Uniti avevano teso la mano alla Cina inviando materiale sanitario e personale medico. Ora non è successo lo stesso. Il rischio è che si torni indietro. Pesano anche le prossime elezioni presidenziali. L’accordo di fase uno era stato accettato in previsione del ritorno al voto. I cinesi si aspettano che un presidente democratico ascolti di più le richieste che vengono da Pechino.

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