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Opinioni

Contro lo scetticismo

Molti non credono davvero nelle regole della convivenza democratica, né vedono altro modello di economia che il turbo capitalismo finanziario. Per "guarire" è necessario un risveglio della responsabilità e della fiducia, tipica del pensiero critico

Tratto da Altreconomia 161 — Giugno 2014

L’intreccio di scetticismo e credulità. È una delle trappole peggiori per la vita della democrazia e anche per la gestazione di un’economia umana. Infatti lo scetticismo spegne le energie di tante persone, fa arenare il loro cuore su una spiaggia desertica, toglie alla loro mente la capacità di vedere, lega mani e piedi. Prendiamo il caso dello scetticismo politico. Dopo i recenti risultati delle elezioni europee, l’impressione può facilmente essere quella della effettiva fondatezza del pessimismo, visto che non emerge ancora una decisa tendenza al superamento del liberismo che ha ridotto l’Unione europea a un continente alla deriva.
In Italia, come se fossimo entro lo scenario di un film di Sergio Leone, i media hanno pilotato l’attenzione dell’opinione pubblica sui tre capi-padroni, rispettivamente, di PD, M5S e PDL: il furbo, il brutto e il cattivo.
A mio avviso la loro base di consenso nell’immaginario collettivo prevalente risale precisamente allo scetticismo di chi non crede davvero alla democrazia e si accontenta della rappresentazione televisiva della realtà, illudendosi che esista un capo (naturalmente un uomo) al quale dare potere perché poi lui risolverà le cose. Lo scetticismo politico non è mai critico, infatti s’intreccia ogni volta con un’elementare credulità che semplifica, anzi banalizza i problemi, e soprattutto s’inventa la soluzione personificandola nella figura del leader. Gli stessi cittadini che si lamentano del fatto che “sono tutti uguali” poi si affidano, come un bimbo nelle braccia della madre, alla volontà del capo.

Prendiamo ora il caso dello scetticismo economico, che in realtà esprime una forma di sorda disperazione: molti non credono e non vedono altro modello di economia che il turbo capitalismo finanziario. Proprio per questa ragione si adattano agli imperativi e alle menzogne del liberismo, come se quest’ultimo fosse la rappresentazione della realtà e la via obbligata per tutta la società mondiale. L’economista australiano John Quiggin parla in proposito di “zombie economics”, alludendo al fatto che le idee morte del vecchio pensiero economico del XVIII secolo si aggirano per il mondo e vengono adottate come se fossero piene di vita. La conseguenza è che moltitudini di persone si piegano a mantenere obbedienza quotidiana a un sistema che fa loro del male e che nega ogni futuro ai loro stessi figli. Dal loro punto di vista la sola idea che possa esistere un’altra economia viene percepita come una perdita di contatto con la realtà.
In profondità, lì dove silenziosamente assumiamo le nostre posture interiori e l’orientamento rispetto al senso della vita, opera lo scetticismo spirituale, il padre segreto dell’iperadattamento politico ed economico a questa società indegna e insostenibile. Questo scetticismo non crede affatto in una vita vera, nella solidarietà tra gli esseri umani e con la natura, e nemmeno in un bene concreto che sia più forte del male. Chi sente l’esistenza in questo modo infligge a se stesso una sofferenza impercettibile ma mortifera, quella di chi continua a vivere, a competere, a correre, sapendo in cuor suo che la vita non ha alcun senso.

È questa la fonte di quello scetticismo politico ed economico che poi si volge in credulità verso i poteri dominanti o verso forme di protesta puramente reattive e contagiate dalla volontà di potenza. La guarigione del cuore e della coscienza ha luogo quando l’intreccio di scetticismo e di credulità cede il passo al risveglio della responsabilità e della fiducia tipica del pensiero critico. Sperare nella rinascita della convivenza civile è un dovere che si traduce nella disponibilità ad agire per fronteggiare il pericolo e aprire una via di liberazione. Si tratta di associarsi -su scala territoriale, nazionale, europea e internazionale- secondo metodi democratici, senza andare dietro a un “capo” perché invece si costruisce dialogicamente un movimento di persone corresponsabili.
In ogni caso agire politicamente, anziché cedere allo sconforto o al cinismo, resta una cosa che dobbiamo agli altri, almeno alle persone care, che hanno diritto di chiederci conto di una passività che è sempre il fattore più utile su cui puntano i prepotenti di ogni epoca. —
 

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