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Economia / Approfondimento

Continua la speculazione sul debito estero dei Paesi del Sud del mondo

Nel 2021 solo gli Stati africani dovrebbero pagare 23,4 miliardi di dollari per rimborsare i creditori privati. Tre volte il costo dei vaccini anti-Covid-19 per l’intero continente. Le responsabilità di BlackRock e JP Morgan e il “caso Zambia” nella denuncia della Jubilee Debt Campaign

La spesa che i Paesi africani stanno sostenendo per ripagare il debito maturato con banche e soggetti privati esteri è tre volte superiore al costo dei vaccini anti-Covid-19 che potrebbero coprire l’intero continente. La stima è di 23,4 miliardi di dollari da versare nel 2021 solo a creditori finanziari, da BlackRock a JP Morgan, che nonostante la crisi economica determinata dalla pandemia si sono rifiutati, a oggi, di sospendere o estinguere i pagamenti.

A presentare i numeri aggiornati è The Jubilee Debt Campaign, associazione attiva dagli anni Novanta in campagne sulla cancellazione del debito dei Paesi del Sud del mondo. Dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, gli attivisti hanno sottolineato la necessità di azzerare il debito estero intervenendo con forza sul ruolo dei creditori privati -tra cui le citate BlackRock e JP Morgan, oltre alla società di servizi finanziari Ubs e la banca Hsbc- che stanno continuando a richiedere i pagamenti ad alcuni dei Paesi più poveri in Africa, Asia, Sud America e Caraibi.

Nell’aprile 2021, i governi dei Paesi del G20 hanno deciso di prorogare per la durata di sei mesi la moratoria sul pagamento del debito estero a beneficio di 73 Paesi vulnerabili. Una estensione dei termini era stata avviata già lo scorso anno e ora la scadenza è stata ulteriormente rimandata. Tuttavia la decisione dei governi del G20, secondo gli attivisti, non è ancora sufficiente e non valuta pienamente gli impatti che la pandemia sta avendo sui Paesi del Sud del mondo di cui non risolve la situazione finanziaria.

Il debito, infatti, non è cancellato ma solo sospeso e dovrà essere onorato tra il 2022 e il 2024 aggiungendo gli interessi maturati nel frattempo. “Se vogliamo superare la prospettiva per cui si sta solo rimandando una ‘crisi del debito’, le richieste di pagamento devono essere annullate”, ha affermato in una nota Tess Woolfenden, senior officer di The Jubilee Debt Campaign.

“Senza una chiara procedura che costringa i creditori privati a prendere parte all’iniziativa, banche e speculatori continueranno a essere rimborsati approfittando della sospensione del pagamento attuata dagli altri creditori. Limitarsi a chiedere di aderire non è quindi sufficiente”.

La “Debt service suspension initiative” (Dsi), infatti, riguarda solo i pagamenti nei confronti di altri governi e non è prevista alcuna sospensione o cancellazione obbligatoria da parte dei creditori privati e banche multilaterali di sviluppo, come la Banca mondiale. Le linee del “Common Framework for Debt Treatments”, che specificano la procedura da adottare per chiedere la moratoria, non prevedono un intervento dei Paesi del G20 per aiutare gli Stati indebitati a ottenere un risultato dai creditori privati. Questo ha comportato come conseguenza che solo 46 Stati, sui 73 che hanno i requisiti per partecipare alla Dsi, hanno presentato la domanda.

Al 17 novembre 2020 erano stati congelati debiti per un valore da 5,3 miliardi di dollari ma i 73 Paesi nel 2020 hanno continuato a effettuare pagamenti per 33 miliardi dollari. The Jubilee Debt Campaign sottolinea inoltre come il meccanismo adottato dal G20 abbia salvato i finanziatori privati che assorbono la percentuale più consistente del debito dei Paesi in via di sviluppo. È evidente nel caso del Chad, Etiopia e Zambia che hanno chiesto la sospensione del debito: il 52% è dovuto a finanziatori privati, il 25% al governo della Repubblica popolare cinese, il 16% a banche multilaterali di sviluppo come la Banca mondiale e il 7% ad altri governi.

Gli effetti sulle economie dei Paesi in via di sviluppo sono già evidenti. Lo Zambia è diventato il primo Paese africano a dichiarare default rispetto al debito estero: nel novembre 2020 i creditori privati avevano respinto la richiesta del governo di Lusaka di sospendere per sei mesi il pagamento di oltre 40 milioni di dollari su un debito estero di 12 miliardi di dollari. Il Paese, ricorda The Jubilee Debt Campaign, per ripagare il debito spende quattro volte in più rispetto alle risorse utilizzate nella sanità pubblica.

Questo, aggiunge l’organizzazione, comporta una ulteriore riduzione dei fondi da impiegare per rispondere all’attuale emergenza sanitaria e per tutelare la salute dei cittadini. “I Paesi a basso reddito hanno chiesto agli istituti di credito la cancellazione del debito ma hanno ricevuto un rifiuto”, ha affermato in una nota Matti Kohonen, analista di ChristianAid, una delle organizzazioni che insieme a The Jubilee Debt Campaign ha organizzato la campagna #cancelthedebt. “È una profonda ingiustizia che soggetti come BlackRock stiano traendo profitti dai Paesi in difficoltà. Potrebbero permettersi di cancellare il loro debito perché controllano attività che valgono più del doppio del Prodotto interno lordo di tutti i Paesi africani”.

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