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L’America’s Cup fa male alla Napoli pubblica. E un classismo sempre più egemone fa festa

La presentazione della 38esima edizione dell'America's Cup a Napoli, il 28 maggio 2025. Da sinistra, Diego Nepi Molineris, direttore generale di Sport e salute Spa, Grant Dalton, amministratore delegato di Emirates Team New Zealand, Andrea Abodi, ministro per lo Sport, Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, e Marco Mezzaroma, presidente di Sport e salute Spa © Felice De Martino / IPA

La città si è aggiudicata il “grande evento” del 2027 che in realtà non aveva più concorrenti, data la prospettiva di debiti a carico della collettività e profitti concentratissimi. La logica emergenziale minaccia il futuro di Bagnoli e proietta una rigenerazione urbana a misura di ricchi. In un territorio che rischia di perdere nuovamente quel rapporto con il mare che aveva a stento e solo in parte riconquistato con anni di lotte per le spiagge libere e gratuite

Napoli festeggia l’America’s Cup 2027 come una grande vittoria. Barcellona, invece, ha festeggiato a ottobre 2024 quando è arrivata la conferma ufficiale da parte delle autorità che la competizione si sarebbe spostata altrove. I giornali italiani si accapigliano per intervistare politici, velisti, armatori, economisti che snocciolano numeri straordinari: da 700 milioni di euro a 1,5 miliardi di indotto, da 1,2 a 1,5 milioni di visitatori, da 10mila a 12mila posti di lavoro temporanei e tra i mille e i duemila a lungo termine nel settore nautico.

Le stime sono basate su uno studio dell’Università di Barcellona e della Barcelona Capital Nautica Foundation, calcolate sul presunto impatto dell’edizione dell’anno scorso in Catalogna, che però è stato oggetto di contestazione da parte dei cittadini e di alcuni giornali locali.

Sul periodico Directa è emerso per esempio che il numero dei visitatori è stato calcolato contando chiunque passasse sul lungomare nei due mesi dell’evento, ed è


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