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Ambiente / Reportage

Rifiuti organici e foglie di palma: la ricetta del compost in Tunisia

La municipalità di Degache, una cittadina di 30mila abitanti, 450 chilometri a Sud di Tunisi, sperimenta da due anni la separazione della frazione umida che viene raccolta casa per casa. Un progetto finanziato dall’8 per mille alla Tavola Valdese

Tratto da Altreconomia 190 — Febbraio 2017
Due operatori che si occupano della raccolta “casa per casa” dei rifiuti organici a Degache, in Tunisia - Paolo Agostini

Chiunque abbia viaggiato nel Nord Africa saprà quanto i rifiuti rappresentino una materia trascurata. È facile infatti imbattersi in paesaggi e viste straordinarie degradate, spesso, dalla presenza di rifiuti di ogni genere abbandonati qua e là. La raccolta differenziata è ancora un miraggio in tante regioni del Maghreb: in Tunisia, per esempio, benché esista un organo preposto -l’Association Nationale de la Gestion des Déchets – le discariche ospitano quasi sempre materiale non separato.
Degache, una cittadina situata a Sud, nella regione del Jérid, a pochi chilometri da Tozeur, rappresenta però un esempio virtuoso. A Degache, che conta trentamila abitanti, è stato realizzato un impianto di compostaggio -il primo e per ora unico nel Nord Africa- e contestualmente è stato avviato un nuovo servizio di raccolta differenziata porta a porta.

Da circa 100 tonnellate di scarti di cucina recuperati in un anno sono state prodotte circa 20 tonnellate di compost. Un esempio virtuoso di economia circolare

Il compost delle oasi
L’idea dell’impianto e di avviare la raccolta della frazione organica casa per casa nasce già nel 2010, quando un consigliere del Comune di Coazze, provincia di Torino, Carlo Marinari, incontrò Abdesselem Abderrazak, presidente tunisino dell’Associazione per la protezione ambientale. La loro intenzione fu da subito quella di condividere buone pratiche, esperienze, conoscenze e tecnologie, al fine di produrre una serie di risposte a problemi ambientali comuni.
Nel 2013, dopo una serie di sopralluoghi preliminari, il progetto prese finalmente forma. Furono così introdotte le prime forme di raccolta differenziata, attraverso la fornitura di specifici bidoni alle famiglie -circa 250- selezionate per la fase pilota del progetto, e vennero realizzate attività per spiegare i benefici della separazione della frazione organica attraverso la partecipazione attiva delle famiglie. Dopo un periodo di training rivolto agli operatori municipali con il fine di insegnare loro come separare i rifiuti, fu progettato un sito di compostaggio dove portare i rifiuti organici e produrre compost destinato a nutrire il suolo desertico di Degache.
In seguito a un avvio faticoso, ma grazie alle buone relazioni con i partner locali, il 12 giugno 2015 l’obiettivo venne finalmente raggiunto: le istituzioni presenti all’inaugurazione del sito di compostaggio diventano i testimoni del primo quantitativo di compost prodotto. Il progetto, sviluppato dall’italiana AICA (Associazione internazionale per la comunicazione ambientale, www.envi.info/aica), in partenariato con il Comune di Degache e finanziato dal fondo 8×1000 della Tavola Valdese, prende il nome di “Le oasi di El Oudiane”, dal nome del palmeto di datteri in cui sorge il sito, che è diviso in quattro aree.
La prima, chiamata “mixing area”, è quella dove la frazione organica viene mescolata insieme a foglie di palma sminuzzate. Nella seconda area il rifiuto organico viene lasciato fermentare. Nella terza avviene la “maturazione”, e il prodotto viene accumulato in andane. Infine, nella quarta area, quella della “preparazione”, il compost viene effettivamente preparato, tenendone sotto controllo la temperatura.
Nel giorno dell’inaugurazione, ad esempio, il compost aveva un alto livello di umidità, un parametro fondamentale per la riuscita di un buon terriccio, sebbene la temperatura esterna sfiorasse i 44°.
Il compost viene poi utilizzato nel palmeto da datteri, coltivato biologicamente, di proprietà del Comune stesso, e il cui raccolto annuale rappresenta un discreto introito (circa 20mila dinari, ovvero 8mila euro) per le casse comunali. Da circa 100 tonnellate di scarti di cucina -legati soprattutto alla preparazione dei pasti- recuperati in un anno, sono state prodotte circa 20 tonnellate di compost. Un esempio virtuoso di economia circolare e ottimizzazione delle risorse locali.

Un antidoto alla desertificazione
Dopo due anni di sperimentazione, e dopo aver raddoppiato le famiglie coinvolte (500 famiglie per circa 3mila persone), a fine 2016 il progetto vede terminare la collaborazione da parte italiana. I Comuni limitrofi a Degache hanno già comunicato l’intenzione di voler replicare il progetto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: “Le Oasi di El Oudiane” ha diminuito e migliorato la qualità della frazione secca destinata al riciclo informale e con l’eliminazione dell’umido dalle discariche abusive si è contribuito al contenimento del randagismo e al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Soprattutto, però, produrre compost di qualità utilizzato in agricoltura e per il palmeto è utile nel contrastare la desertificazione e nel sopperire a una nuova difficoltà, ovvero la mancanza d’acqua dovuta all’abbassamento della falda acquifera. “Se volessimo misurare in termini di ‘campi da calcio’ la nostra capacità di fertilizzare con il compost prodotto in un anno all’interno del sito di compostaggio di Degache -spiega Paolo Agostini, project manager di AICA che ha seguito lo sviluppo del progetto in ogni sua fase, presentandosi di casa in casa alle famiglie coinvolte-, la risposta sarebbe circa tre e mezzo. Infatti la superficie di terreno che possiamo rendere più fertile è di circa 2 ettari: un buon risultato per un territorio soggetto a desertificazione. Abbiamo dimostrato che si può fare efficacemente compostaggio con rifiuti domestici in zone aride e che tale attività può servire a contrastare l’impoverimento del suolo”.

La storia di Aziz
Il fondo finanziato dalla Tavola Valdese destinato al progetto è stato all’incirca 50mila euro. La totalità dei finanziamenti sono ricaduti sul territorio del comune di Degache, retribuendo nella raccolta porta a porta e realizzazione del sito di compostaggio 4 persone, tra cui Aziz, trentacinquenne tunisino, che precedentemente era fuggito in Italia per cercare lavoro. La storia di Aziz merita di essere conosciuta: partito il 19 dicembre 2005 da Tozeur, arrivato al confine con la Libia, Aziz attraversa il deserto fino a Zwara. Da lì salpa verso l’Italia, pagando 1.600 dinari (700 euro circa). Raggiunge Lampedusa dove rimane pochi giorni, poi viene trasferito a Catania insieme ad altri due immigrati. Scappa dal CIE in cui era stata rinchiuso in direzione Padova, dove sa che c’è una grossa comunità tunisina.
Aziz resiste in Italia fino al 2009, muovendosi per tutto il Nord alla ricerca di lavoro: è muratore, quasi sempre in nero. Si trasferisce in Francia, sfruttando un passaggio in auto, ma nel 2011 è costretto a rientrare in Italia, dove riesce a ottenere poi un permesso di soggiorno e a lavorare come imbianchino. Nel maggio del 2015 decide di ritornare in Tunisia e accetta il lavoro di gestore del nuovo impianto di compostaggio.

Il futuro del progetto
Ogni intervento di cooperazione internazionale ambisce a sopravvivere alla fine dei finanziamenti. “In Tunisia è in atto una riorganizzazione amministrativa che ha recentemente ridisegnato i confini dei comuni, accorpandoli e riorganizzando i servizi locali, tra cui i rifiuti” spiega ad Altreconomia Roberto Cavallo, presidente di AICA. “A Tozeur c’è una discarica i cui lavori sono terminati nel 2008, ma che solo adesso è in procinto di ricevere per la prima volta i rifiuti dell’area”. A pagamento: “Si dice che costerà 50 dinari (circa 20 euro, ndr) a tonnellata, di cui una parte messa dallo Stato e una parte a carico dei Comuni -spiega Cavallo-. Certo viene da chiedersi come faranno i Comuni: Degache ha un bilancio di 1,5 milioni di dinari, cioè meno di 700mila euro, quando i Comuni italiani con la stessa popolazione hanno bilanci tra 30 e 50milioni di euro. Inoltre la discarica appare già vecchia, sia nella concezione che nei materiali rimasti anni al sole del deserto”.
L’alternativa c’è e sta nel guardare il rifiuto come una risorsa: “Stiamo consigliando al sindaco -conclude Cavallo- di insacchettare il compost e venderlo ad 1-2 dinari a sacco. Il che significherebbe grossolanamente un introito tra i 2 e i 4mila euro all’anno”.

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