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Ambiente

Compagnie aeree, un regalo da 1,3 miliardi di euro

Dall’industria dell’aviazione, un esempio di come funziona il mercato europeo delle emissioni, dove chi inquina guadagna. Perché riceve gratis i "permessi di emissione", che diventano asset da scambiare, ma ne carica i costi sui consumatori

C’è la lotta ai cambiamenti climatici, e c’è il mercato delle emissioni. La prima è fatta di azioni concrete, la seconda di azioni che sono semplicemente asset, fiches da comprare e vendere. E tra chi inquina c’è chi ci guadagna, ad esempio le compagnie aeree. Secondo un rapporto diffuso oggi (22 gennaio) da Transport & Environment (T&E), redatto da CE Delft, l’aver incluso l’aviazione all’interno dell’Emission Trading System dell’Unione europea avrebbe portato alle aziende del settore extra profitti (in inglese windfall profits, utili inattesi) per 1,35 miliardi di euro. Spiegare come questo sia stato possibile, in due mosse, non è difficile: è bastato ricevere un regalo, dalla generosa Ue, e farlo pagare al pubblico a prezzi di mercato. Scacco matto. È successo, infatti, che l’Europa abbia riconosciuto a tutti i vettori aerei che operano sul territorio dell’Unione (compresi quelli con sede in altri Paese, come gli Stati Uniti d’America o la Cina) un determinato numero di “permessi d’inquinare”, le fiches per l’appunto, misurati in Co2. Per capire “quanti”, Bruxelles si è rifatta al valore delle emissioni del settore e di ogni singola imprese calcolato nel 2010.
Solo che l’85 per cento di questi permessi sono stati riconosciuti a titolo gratuito. Un bel regalo, che gli industriali dell’aviazione si son ben guardati dal comunicare al mercato. Anzi: secondo l’analisi di CE Delft, avrebbero fatto pagare ai consumatori, caricandoli sui prezzi di ogni singolo biglietto aereo (Ryan Air, ad esempio, ha comunicato un costo di 25 centesimi per seat), tutti gli extra costi legati a quello che avrebbe dovuto essere il proprio impegno contro i cambiamenti climatici e per tutelare l’ambiente.
L’ultimo colpo di scena di questa vicenda, però, arriva dalla Commissione europea, che nel novembre scorso ha avanzato la proposta di post-porre di un anno, dal 2012 al 2013, l’inclusione del settore dell’aviazione nel “mercato delle emissioni”. La proposta, definita “Stopping the clock”, nasce -secondo le autorità europee- dall’esigenza di lasciare all’associazione di categoria dell’industria dell’aviazione, International Civil Aviation Organisation (ICAO) il tempo di sviluppare soluzione al problema delle emissioni del settore. Nel frattempo, i vettori si godono gli extra profitti incamerati, la maggior parte dei quali -758 milioni di euro- sarebbero appannaggio dell’industria europea. “Dato che i passeggeri hanno già pagato -chiede Transport & Environment per bocca del proprio responsabile del settore aereo Bill Hemmings-, che almeno le imprese destinino gli extra profitti a finanziarie il Green Climate Fund delle Nazioni Unite”.   

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