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Commercio equo, il tempo del Registro – Ae 28

Numero 28, maggio 2002Per fotografare il commercio equo e solidale italiano bisogna allargare l'inquadratura. Perché è una realtà sempre più diffusa. Che sta cercando la strada per diventare adulta. Lo dicono i fatturati in crescita delle maggiori centrali di importazione,…

Tratto da Altreconomia 28 — Maggio 2002

Numero 28, maggio 2002

Per fotografare il commercio equo e solidale italiano bisogna allargare l'inquadratura. Perché è una realtà sempre più diffusa. Che sta cercando la strada per diventare adulta. Lo dicono i fatturati in crescita delle maggiori centrali di importazione, per esempio, e ne abbiamo già scritto negli scorsi numeri del giornale: gli incrementi quest'anno arrivano anche al 50%.

E lo dice l'apertura di nuove botteghe del mondo, principale veicolo dei prodotti del fair trade e “motrici” di cultura e informazione sul territorio. Sono stati 26 i nuovi punti vendita nell'ultimo anno: così le Botteghe oggi arrivano a quota 378.

Le regioni più attive sono Piemonte, Lombardia, Veneto, ognuna con quattro nuovi negozi.

Altro segnale di buona salute sono i trasferimenti. In 15 hanno inaugurato negozi “in centro”, più grandi e visibili, che hanno portato aumenti medi di fatturato del 30% con punte del 50%.

Da questi numeri fortunati il movimento del commercio italiano -o almeno, una sua parte significativa- continua il percorso iniziato oltre due anni e mezzo fa con l'approvazione della Carta dei criteri, il documento che per la prima volta definisce quali debbano essere le caratteristiche di chi fa davvero fair trade. I “firmatari” della Carta (sono 132, poco più della metà dei soggetti equi in Italia) pensano adesso a un vero e proprio Registro del commercio equo in Italia. Se n'è discusso all'Assemblea generale di Roma il 13 e 14 aprile scorsi. È un passo avanti rispetto all'ultima riunione svoltasi a Rimini lo scorso anno (vedi AE n. 22): qui, proprio sullo scoglio del Registro, la discussione si era arenata.

L'idea di un “Registro delle organizzazioni italiane di commercio equo e solidale” nasce per stabilire regole comuni, verificabili, per chi vuole fare commercio equo e definire l'identità di questo mondo variegato.

Non solo: con un Registro si potrà tutelare, anche legalmente, “chi fa davvero commercio equo da chi ne fa un uso improprio”. Perché l'equo sta diventando anche un business -proprio i numeri lo confermano- ed esiste già chi si butta nel settore solo per ingrassare il proprio conto in banca. Lo spiega Paolo Chiavaroli, della bottega marchigiana “Mondo solidale” e tra i membri del Gruppo verso la certificazione che ha elaborato la proposta del Registro: “Ma questo non significa -sottolinea- che ci saranno discriminazioni del tipo 'chi è nel registro fa commercio equo, chi è fuori no'. Chi si iscriverà al Registro potrà dire: il nostro commercio equo segue determinati criteri, tutti verificabili anche da soggetti esterni”.

All'inizio si potrebbe partire con una forma di accreditamento interno, per poi passare col tempo a una vera e propria certificazione.

Perché il registro diventi una realtà sarà anche necessario costituire un soggetto giuridico che lo gestisca. L'ipotesi è che l'Assemblea diventi un'associazione “formata da soggetti giuridici”, cioè dai membri stessi dell'Assemblea, botteghe e centrali di importazione. Con il Registro è probabile che nasca un marchio, che gli associati potrebbero sfruttare anche a livello commerciale.

Ma un marchio associato ad alcuni prodotti del commercio equo esiste già: è quello degli enti associati al Fairtrade labelling organizations (Flo), come TransFair Italia. Non si rischia una contrapposizione o anche solo confusione tra i clienti? Secondo Paolo Chiavaroli no: “Perché i due marchi sono complementari. TransFair è nato per inserire alcuni prodotti nella grande distribuzione, noi abbiamo un'altra specificità, fatta di rapporti diretti e partnership con i produttori del Sud del mondo. Quindi, ben vengano i marchi, se non si fanno distinzioni di livello qualitativo”.

E poi, in un secondo tempo, il registro potrebbe diventare un'associazione di categoria.

Ma il percorso resta al condizionale. Perché, per ora, esistono solo un documento di 6 pagine (l'ipotesi presentata all'Assemblea generale) e un mandato: un gruppo di lavoro dovrà elaborare una bozza di Registro da presentare alla prossima riunione dell'Assemblea, in autunno: in tutto 7 persone (di cui una, Teresa Pecchini della cooperativa Ravinala di Reggio Emilia, rappresenta i “dubbiosi”).

Perché con l'idea di questo Registro non sono mica tutti d'accordo. L'argomento è delicato. Premette Teresa: “Il nostro obiettivo non è bloccare i lavori dell'Assemblea, ma provocare una riflessione”. Di un registro, spiega, adesso non si vede l'utilità: “Non crediamo che il commercio equo debba difendersi, perché quello che ci tutela è la qualità del nostro lavoro e l'impressione è che un Registro serva più ad alcuni soggetti che ad altri”. Come le centrali di importazione, che per loro natura “hanno bisogno di un marchio riconoscibile per i prodotti nella grande distribuzione e per poter interagire con le istituzioni”. I numeri sono ancora troppo stretti: di tutti i firmatari della Carta dei criteri, solo 21 per ora hanno i requisiti per partecipare a pieno titolo ai lavori dell'Assemblea generale. “Dati anche scoraggianti, da un certo punto di vista -dice Teresa-. Segno che molti non hanno ancora capito la portata del lavoro che si vuole fare con la Carta dei criteri”. Quindi? “Per noi, prima di costituire un registro, sarebbe meglio concludere il percorso di adesione alla Carta”.

Ma la questione non sta solo qui: “Ci proponiamo come alternativi al sistema e poi non riusciamo a trovare forme organizzative diverse”. Come per esempio l'accreditamento interno all'Assemblea più l'investimento di risorse per fare informazione e rafforzare i rapporti con botteghe e produttori.

E poi c'è la paura che il “marchio” equo diventi una questione solo commerciale. “Per cui la gente va al supermercato, riempie il carrello di schifezze e qualche prodotto del commercio equo ed è tutta contenta perché si crede un consumatore critico”. I documenti sulla questione del Registro li trovate sul sito www.citinv.it/equo/ag

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“Tuttaunaltracosa 2002”, da Paulo Freire in poi

Meglio la banca o il materasso? Se non siete sicuri della risposta, magari, fatevi aiutare: giovedì 23 maggio alle 21 inizia “Tuttaunaltracosa 2002” (la fiera-mercato del commercio equo e solidale che quest'anno sarà a Milano, al Centro missionario Pime di via Mosè Bianchi 94) con il convegno “Che fine fanno i nostri soldi?”. Organizzato in collaborazione con l'associazione Libera, con gli interventi di Francesco Gesualdi del Centro nuovo modello di sviluppo e del professor Francesco Cesarini della Facoltà di Scienze Bancarie Finanziarie Assicurative dell'Università Cattolica di Milano. Durante la serata sarà presentata anche l'ultima fatica del Centro nuovo modello di sviluppo, la “Guida la risparmio trasparente”.

La fiera-mercato del commercio equo coinvolge un centinaio di espositori, suddivisi a seconda delle merci vendute: alimentari, artigianato, informazione. Troverete i prodotti tipici del commercio equo e solidale, dal cioccolato, al caffè, alle banane e artigianato da tutto il mondo. Gli stand saranno allestiti sotto grandi ombrelloni del Madagascar.

Tra le mercanzie anche molti appuntamenti. Come il “faccia a faccia” di venerdì 24 (alle 18) tra Alex Zanotelli e Piero Gheddo o il convegno del 25 “Paulo Freire. Re-inventare il messaggio”. Lo stesso giorno alle 18 lo spettacolo teatrale “La ruota” in collaborazione con la cooperativa Amandla. Domenica 26 una biciclettata partirà da piazza dei Mercanti per arrivare alla Fiera e buttarsi su un aperitivo equo e solidale; organizzano gli aderenti di BiciG8 (www.bicig8.org). Poi lo spettacolo gospel dei Soul Quair e il concerto dei Tupamaros. E la mostra fotografica “Le tribù dei monti”, sui popoli tribali della Thailandia, e le animazioni di Amandla su “Il mercato del caffè”, “Wall Street” e “Il gioco degli scambi commerciali”. Info: Tuttaunaltracosa 2002, presso Pime, tel. 02-43.82.23.73, e-mail fiera2002@virgilio.it, www.tuttaunaltracosa.it

Emergenze: firmate per il Madagascar
La guerra civile in Madagascar è sempre più vicina. Ravinala, bottega del mondo di Reggio Emilia con un progetto di importazione dalla terra malgascia, si mobilita con una raccolta di firme.

L'anomalia del Madagascar, oggi, è quella di avere due presidenti, dopo le ultime elezioni di dicembre. Chiuso il primo turno, uno dei due candidati al ballottaggio, Didier Ratsiraka, si è autoproclamato presidente del Paese. L'altro candidato, il presidente uscente, si è asserragliato nel principale porto del Paese, bloccando collegamenti e merci. Ci sono stati scontri con una quarantina di morti. E le cose potrebbero peggiorare ancora. Ravinala lancia una raccolta firme per chiedere al governo italiano perché intervenga presso le Nazioni Unite per una pacificazione dei due presidenti. Per ricevere i moduli: Ravinala, tel. 0522-38.16.70. Aggiornamenti su: www.ravinala.org/sitpolit/sitpolit.htm

Il registro dovrà valorizzare il comeercio equo. E diventare uno strumento per rafforzare le botteghe
L'avvio del percorso che porterà alla definizione di un registro del commercio equo e solidale italiano è un passo importante per l'intero movimento del commercio equo. Ed è la naturale conclusione del cammino iniziato con la Carta dei criteri. Non a caso ora come allora sono state necessarie lunghe discussioni per arrivare a conclusioni condivise e altre ci saranno durante la fase di stesura e approvazione del progetto definitivo. Ma una cosa abbiamo imparato: il metodo del consenso -usato durante l'ultima Assemblea generale- funziona, e permette di prendere decisioni anche quando non tutti sono d'accordo su tutto, non solo rispettando le minoranze, ma valorizzando i loro dubbi e le loro perplessità.

Ora si tratta di concretizzare le indicazioni emerse dall'Assemblea e di dare forma al registro e possibilmente a un marchio che diventi uno strumento di crescita per tutto il movimento.

Per il Commercio equo italiano la Carta dei Criteri ha il valore di un patto costituzionale, che ora deve essere tradotto in norme precise e verificabili; un processo già avviato dall'apposito gruppo di lavoro dell'Assemblea generale e che deve essere completato. Ma non si tratta soltanto di tradurre delle indicazioni di principio in norme applicative, il compito che ci aspetta è di creare uno strumento che valorizzi appieno le caratteristiche del commercio equo e in particolare il valore insito nelle relazioni di collaborazione che si stabiliscono con i produttori e tra centrali di importazione e le botteghe. Il Commercio equo deve la sua forza all'essere un movimento complessivo basato sulla stretta collaborazione tra produttori, centrali e botteghe; ognuno di questi sa che non può fare a meno degli altri o considerarli marginali.

In questo quadro le botteghe hanno il ruolo fondamentale di gestire i rapporti con i consumatori e sappiamo che in questo ruolo non possono essere sostituite da altri canali di vendita, come la grande distribuzione, o da altre forme di informazione come la pubblicità. Il registro del commercio equo deve essere innanzi tutto uno strumento utile per rafforzare questo ruolo delle botteghe.

Dall'Assemblea è emersa con forza la richiesta che il registro sia accompagnato da un marchio, che le botteghe possano utilizzare per migliorare la loro visibilità e che dia al consumatore la garanzia che la bottega è il punto finale di un processo che, come dice al primo punto la Carta dei criteri, è “un approccio alternativo al commercio tradizionale”. Rispondere a questa esigenza non sarà un compito facile, ma è indispensabile per affrontare le sfide che la crescita del commercio equo impone, senza perdere la forza propositiva che ha determinato questa stessa crescita.

Emilio Novati!!pagebreak!!

Marchio unico ma non troppo
Prove di marchio unico: Flo, Fairtrade Labelling Organizations, la struttura a ombrello che raggruppa i marchi di garanzia del commercio equo, ha lanciato il nuovo marchio unico “Fair Trade” (qui a lato). L'iniziativa è stata presentata a Milano, lo scorso 18 aprile. Flo la decisione l'ha presa già nel 2001 e in queste settimane sta testando il nuovo simbolo in Germania, dove ha la sua sede.

L'operazione -se riuscirà- è ambiziosa: mettere la propria firma su alcuni prodotti, facendoli passare come “il” commercio equo. Chiaro quindi che il “marchio unico” susciti le preoccupazioni di Atos (Alternative trade organizations, gli importatori dell'equo) e botteghe. Perché, dicono questi, il commercio equo è ben più ampio dei prodotti certificati da Flo (caffè, tè, cacao, miele, zucchero, succo d'arancia, banane). E perché i marchi di garanzia sono nati per portare i prodotti equi nei supermercati. Ma il canale di vendita principale, oggi, sono le botteghe del mondo.

L'Italia si adeguerà dal 2003: l'omino bianco e nero di TransFair Italia farà le valigie, lasciando spazio al nuovo “collega”. Gli altri 16 membri di Flo non sembrano voler seguire tutti la stessa strada. Per esempio Max Havelaar Svizzera, uno dei marchi più importanti, che per ora s'è chiamato fuori.

“Oggi il marchio in Svizzera è un grande successo -spiega Caterina Meier-Pfister- è molto conosciuto ed è il nostro capitale”. Il 42% della popolazione conosce -e riconosce- subito l'etichetta di Max Havelaar. “Non significa che non condividiamo l'operazione di Flo. Ma questo, per noi, non è il momento giusto per cambiare”.

Fanno compagnia agli svizzeri anche Usa, Canada e Giappone, che dovrebbero restare autonomi per altri 2 o 3 anni. Gli altri Paesi aderiranno tra il 2002 e il 2003.

Turismo responsabile: a Bergamo è in bottega
La bottega di commercio equo Amandla di Bergamo ha aperto uno sportello di turismo responsabile. In collaborazione con l'associazione Sguardi oltre il confine, che gestisce il servizio. Ogni martedì dalle 16.30 in poi presso la bottega di via Baioni 34 potrete trovare informazioni sui viaggi organizzati dall'associazione e sul turismo responsabile in genere. Tra le prossime mete: Filippine (16 giugno-6 luglio), Perù (30 giugno-21 luglio), Brasile (21 settembre-14 ottobre). Info: Amandla, tel. 035-21.05.20, oppure Daniela al 333-20.28.685 (il lunedì dalle 20 alle 21.30), e-mail sguardi@sguardioltreilconfine.it

Apertura a San Casciano. E il Comune paga l'affitto
Il Centro Pane e Rose, nuova bottega del mondo di San Casciano in Val di Pesa (Fi), è una storia di alleanze. La Coop ha un supermercato e anche un bel locale nel centro del paese. Che farne? L'idea: aprire un punto vendita del commercio equo. Accordo con il Comune (pagherà l'affitto), accordo con Ucodep, ong di Arezzo, accordo con l'associazione La Vuelta (di San Casciano, impegnata in progetti di solidarietà), accordo con il Forum dei giovani (singolare consiglio comunale under 26, nato due anni fa e capace di riempire pullman per la marcia Perugia-Assisi). Centro Pane e Rose, via Machiavelli 1, tel. 055-82.20.41.

Affari esteri: fairtrade al ministero
Forma, dimensioni, impatto socioeconomico del commercio equo in Italia: potrebbe essere una ricerca universitaria a fare il punto, per la prima volta. Il Dipartimento di Economia politica dell'Università di Milano Bicocca e il Centro di ricerche sulla cooperazione (Crc) dell'Università Cattolica di Milano hanno presentato -anche se ancora in via informale- una proposta di ricerca al ministero per gli Affari esteri.

Si partirebbero dalla legge sulla cooperazione internazionale, che non riconosce “l'utilità sociale” del commercio equo a causa della sua prevalente “attività commerciale”. Il paradosso: le Ong possono ricevere finanziamenti per attività di commercio equo, anche se sporadiche, mentre chi si occupa di fair trade 365 giorni all'anno ne resta escluso.

Non è tutto: il commercio equo sta diventando un affare interessante anche per “molte imprese commerciali”, che iniziano a distribuire prodotti equi. La ricerca farà luce su quali sono “le organizzazioni non profit per le quali l'attività di commercio equo e solidale rappresenta lo specifico oggetto sociale”.

Vacanze giuste, “Mediterraneo solidale”
Ecco le vacanze giuste: tuffatevi in “Mediterraneo solidale”, viaggio nato da Bottega solidale di Genova e Viaggi e Miraggi. Si parte dal capoluogo ligure per un itinerario di otto giorni fino a Barcellona, attraverso il Ponente ligure, Provenza, Camargue e Catalogna. Il viaggio sarà soprattutto incontro con realtà diverse: come le organizzazioni di commercio equo e solidale francesi e spagnole, per esempio. Le date: 26 giugno-6 luglio, 13-20 luglio, 24-31 agosto. Info: Viaggi e Miraggi, tel. 0422-30.14.24, viaggi@viaggiemiraggi.com

5 euro per la Palestina
La guerra in Palestina colpisce anche il commercio equo e solidale: l'ong Parc (Palestinian Agricultural Relief Committees), partner commerciale di Ctm Altromercato, chiede viveri per le famiglie nelle zone rurali. “Non avremmo mai pensato di dover inviare viveri in Palestina -commentano a Ctm- di solito Parc sostiene progetti di sviluppo e non di assistenza”. Ma la situazione, ora, è davvero grave. La sede di Parc a Ramallah è stata occupata dall'esercito israeliano, che ha arrestato tutti gli occupanti per poi rilasciarli. Occupata anche la sede di Tulkarem, bombardata quella di Jenin. Il bilancio più drammatico è l'uccisione di un volontario di Parc, di 39 anni. Gli hanno sparato mentre soccorreva dei feriti davanti alla basilica della Natività a Betlemme. Il lavoro nei campi è bloccato per il conflitto e la gente ha bisogno di cibo. Ctm ha avviato una raccolta fondi: Parc acquisterà generi alimentari di base. Le famiglie da assistere sono circa 10 mila. Un pacco di viveri da 10 chili costa intorno ai 5 euro. Ctm raccoglierà e invierà il denaro fino alla fine di giugno. I versamenti vanno fatti sul conto corrente bancario numero 2424/4, ABI 03493, CAB 11600, intestato a “Grandi Heinrich e Trentin Marco”, causale “Emergenza Palestina”. Info: Ctm Altromercato, tel. 045-80.08.081, www.altromercato.it

Stoffe e saponi, novità africane
Novità di stoffa: arriva dalla Costa d'Avorio il nuovo progetto di importazione che Equo Mercato presenterà alla fiera Tuttaunaltracosa 2002. Stoffe realizzate dal popolo dei Sénoufo, che vivono vicino al confine con il Mali e il Burkina Faso.

Altra novità: i saponi prodotti in Benin dalla cooperativa Art Savon, nata nel 1992 da cinque donne per risolvere un momento difficile segnato dalla disoccupazione. Obiettivo della cooperativa è valorizzare il ruolo della donna nella società locale, rendendola anche indipendente dal punto di vista economico.

Infine collane d'erba, prodotto nuovo per Equo Mercato, già importate in Italia da Commercio Alternativo. Monili intrecciati a mano dalle 800 donne della coop Tebenikete, in Benin. Info: Equo Mercato, tel. 031-70.68.57.

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