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Cultura e scienza / Opinioni

Come sopravvivere tra le ortiche (senza estirparle tutte)

L'orto di Nativa

Un orto biologico, una comunità inclusiva e un intreccio di saperi: Nativa è un progetto nel parmense che coltiva molto più che verdure. Tra ortiche e visioni, fioriscono relazioni, consapevolezze e piccoli atti di resistenza quotidiana. La sesta tappa della rubrica “Germogli” a cura di Mauro Ferrari, autore di “Erbacce”

Sul sito di Altreconomia prosegue una storia di semi e piante, alberi e boschi in forme umane, un’esperienza generativa di comunità in giro per l’Italia raccontata senza fronzoli o autocompiacimento da chi la pratica. Non si tratta di “buone notizie” per consolare ma di “Germogli” che escono dal seminato per provare a cambiare le cose. Una rubrica-concime curata da Mauro Ferrari, sociologo, formatore specializzato nel welfare e nella progettazione sociale, nonché autore per la nostra casa editrice del fortunatissimo libro “Noi siamo erbacce” (2024). “Sono stato accolto, ascoltato. Ora tocca a loro”.


“C’è chi coltiva zucchine. Noi coltiviamo anche dubbi, entusiasmi e qualche discussione accesa su quanto spazio dare alle ortiche”. Il Progetto Nativa è così: un pezzo di terra, un orto biologico, una comunità di persone e una quantità imprevedibile di idee che germogliano. A volte ordinate, a volte no. Ma sempre nutrienti.

Il progetto è parte della Cooperativa Sociale Ecole e ne incarna in piccolo i valori fondamentali: il lavoro, l’educazione e l’ecologia. Nella sede distaccata di Casaltone di Sorbolo (PR), il progetto coltiva terra e relazioni: si prende cura di un orto-frutteto gestito da sempre secondo i principi dell’agricoltura biologica, gestisce un piccolo negozio e partecipa ai mercati del circuito MercatiAmo, dove propone ortofrutta e trasformati biologici, in parte autoprodotti e in parte provenienti dal circuito biologico nazionale o dal commercio equo e solidale.

Ma nell’orto di Nativa, oltre a verdure e fiori, spuntano anche molte altre cose. A cominciare da un sacco di erbacce. E questo dà vita a discussioni vivaci tra chi le apprezza (“sono bellissime, guarda, la biodiversità!”) e chi preferirebbe contenerle (“soffocano l’insalata e fanno disordine, bisogna estirparle!”). Il team di Nativa, del resto, è un intreccio di sguardi e competenze differenti: dall’agraria all’arte, dalla gastronomia all’educazione, passando per la merceologia, la letteratura, le scienze della natura e dell’alimentazione, fino alle relazioni con il pubblico. Una biodiversità umana che rispecchia quella vegetale dell’orto, rendendo fertile l’ambiente e pronto ad accogliere nuovi semi, nuove fioriture.

Punto vendita a Casaltone di Sorbolo (PR)

Perché al Progetto Nativa fiorisce molto di più che ortaggi. Qui sbocciano l’autoconsapevolezza e la crescita personale di tante persone in situazione di fragilità che iniziano un percorso di avvicinamento al mondo del lavoro. Fioriscono i sorrisi e l’apprendimento di alunni e alunne delle scuole della provincia, che con le mani nella terra imparano a prendersi cura del Pianeta e della propria alimentazione. Crescono le competenze di adulti e giovani con disabilità, che attraverso le attività all’aria aperta sono diventati guide esperte in orticoltura per i ragazzi del Centro Giovani di Sorbolo.

Fioriscono anche relazioni significative con altri piccoli produttori del territorio, nell’ambito del Distretto di economia solidale (Des) di Parma e dell’associazione Parma Sostenibile, e collaborazioni proficue con il Comune di Sorbolo Mezzani. Fra queste, spicca il ciclo di cene etniche, in cui donne migranti riuniscono il paese nutrendolo con i piatti della propria tradizione d’origine.

Tutto questo ricco e libero germogliare tiene le sue radici ben ancorate alla terra, ma si confronta ogni giorno con un contesto dominato da fitte e talvolta oppressive monocolture: economiche, culturali, agricole. Realtà come Nativa non nascono per rispondere alle logiche di mercato, pur essendovi immerse, ma ai bisogni delle persone e del Pianeta. Un legame inscindibile: il benessere umano, individuale e collettivo, è profondamente connesso a quello della Terra. E poiché il primo modo per prendersi cura della propria salute è l’alimentazione, è evidente che ciò che si mangia, e come viene prodotto, ha un impatto determinante anche sulla salute dell’ambiente. Tuttavia, questa consapevolezza, che intreccia ecologia, etica e nutrizione, fatica a mettere radici tra le abitudini di acquisto e consumo quotidiane. Le monocolture sono anche monoculture: cibo per un sistema che consuma e sfrutta senza considerare le conseguenze per le persone e per l’ambiente.

Stare da erbacce in mezzo alle monocolture, senza farsi soffocare, richiede pragmatismo. Ma richiede anche un costante esercizio di memoria: ricordare le proprie radici e immaginare la direzione dei propri rami, per citare Wangari Maathai. Ogni azione di Nativa -coltivare, trapiantare, andare al mercato, costruire percorsi educativi- nasce dalla volontà di cambiare il mondo, lasciandolo migliore, più giusto e più coeso di come lo si è trovato.

Nativa non semina, trapianta o educa solo perché è bello farlo. Lo fa per scardinare abitudini e modelli che producono una società diseguale, in cui chi non rientra nei canoni dominanti viene escluso o marginalizzato. Un mondo a monocolture, appunto. Nell’orto di Nativa, invece, si è imparato a consociare: piantare insieme ortaggi diversi affinché si aiutino a crescere più forti e saporiti. È questa la visione che si cerca di portare fuori dall’orto, nella vita sociale, educativa, relazionale. Anche perché, in fondo, non si è mai visto che tra monocolture ed erbacce abbiano la meglio le prime. Le erbacce resistono. E una via, alla fine, la trovano sempre.

Mauro Ferrari è sociologo e formatore specializzato nel welfare generativo e nella progettazione sociale. Attualmente ricopre il ruolo di docente presso la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi). È coautore, insieme a Stefania Miodini, del libro “La presa in carico nel servizio sociale. Il processo di ascolto” pubblicato nel 2018 da Carocci. È anche autore di numerosi articoli e conduce seminari sulla botanica sociale.

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