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Ambiente / Opinioni

Come decarbonizzare i nostri desideri

I modelli consumistici sono legati anche al bisogno di sentirsi accettati. Occorre tenerne conto per realizzare un’autentica “conversione ecologica”. La rubrica di Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 245 — Febbraio 2022
© Philip Myrtorp, unsplash

L’esasperazione consumistica della nostra civiltà -causa di consumi energetici, di risorse, e di emissioni di gas climalteranti- è un’acquisizione culturale, legata al nostro modello di sviluppo e di società. Per questo non è facile da mettere in discussione. La “conversione ecologica”, di cui spesso si sente parlare, in fondo consiste nel riflettere sugli obiettivi profondi delle proprie azioni, cambiare le premesse alla base del rapporto con i beni materiali, con gli altri esseri viventi e la natura. Un percorso in profondità che qualcuno è riuscito a fare. Per altri, l’obiettivo può essere meno ambizioso: cambiare i consumi, dematerializzarli, renderli meno CO2-intensive.

Ossia praticare attività o consumare beni che producono o richiedono minori emissioni di gas climalteranti. Una sorta di riduzione del danno. L’hobby del viaggiare in aereo o in auto è più dannoso per il Pianeta del trekking o del cicloturismo. La riduzione del danno può apparire un compromesso, poco incisivo, ma non va sottovalutata o disprezzata con altezzosità benaltrista (“ci vuole ben altro”).

È l’unica opzione per molte persone che fanno fatica anche solo a pensare di rinunciare al consumo. Perché in fondo rinunciare al consumo di beni superflui significa, per chi non ha altre possibilità per segnalare il proprio status, accettare di essere svantaggiati nella competizione sessuale. Il consumo in molti contesti sociali è un modo per garantirsi maggiori probabilità di essere accettati, amati, di accedere al sesso, di avere relazioni o una famiglia. La sobrietà è letta da molti come privazione, come astinenza, inconsciamente anche sessuale: per questo è poco praticata.

Molti richiami alla sobrietà nei comportamenti richiamano regole monacali che includono anche l’astinenza sessuale e il suo bagaglio di conflitti e nevrosi. Ad esempio San Francesco, considerato il patrono degli ecologisti, e a cui fa riferimento l’enciclica “Laudato Sì” di papa Francesco, curava il prorompere del desiderio con il ghiaccio (“…e se, come avviene a tutti, lo assaliva qualche tentazione della carne, si immergeva d’inverno nel ghiaccio, finché il pericolo spirituale fosse scomparso. Gli altri, naturalmente, imitavano fervidamente questo suo mirabile esempio di penitenza”). Questo spiega perché molte persone si sentono a disagio con le teorie sulla limitazione o la decrescita dei consumi, che dovrebbero sembrare piuttosto ovvie in un Pianeta finito con risorse certamente limitate. 

È pari al 3% la quota di emissioni mondiali di gas climalteranti causate dal traffico aereo. Tante altre sono legate al soddisfacimento dei nostri piaceri. Ma non è facile decarbonizzare i desideri

Scollegare i beni materiali più energivori dallo status simbolico di segnalazione sessuale potrebbe essere quindi molto utile, nei contesti affetti da iperconsumo e obesità dei corpi e del sistema produttivo. Ma non è così per tutte le persone e per tutti i Paesi. Il cambiamento climatico è legato ai consumi di una parte ristretta della popolazione umana. Per un paio di miliardi di persone l’accesso anche solo ai beni primari è una disperata lotta quotidiana, fatta di violenza e sfruttamento, in cui spesso manca anche solo il tempo per la relazione con un partner. Succede anche nei Paesi ricchi, dove molte più persone di quanto crediamo non consumano di più solo perché non se lo possono permettere.

Anche quando la catastrofe climatica sarà più avanzata, gli esseri umani continueranno a essere guidati non solo dalla ricerca di soddisfare i bisogni primari, ma anche dal loro desiderio di rendersi più attraenti e desiderabili. Dobbiamo tenerne conto se vogliamo affrontare davvero il problema, se non vogliamo limitarci alle prediche che ci fanno sentire moralmente più elevati ma che lasciano elevate anche le emissioni mondiali di gas serra.

Il testo è un estratto dell’ultimo libro di Stefano Caserini, “Sex and the Climate. Quello che nessuno vi ha ancora spiegato sui cambiamenti climatici” (People edizioni, 171 pagine, 14 euro) 

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Sex and the Climate” (People edizioni, 2021)

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