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Ambiente

Clima. Wellington chiama Varsavia

C’è un filo rosso che unisce la capitale neozelandese con quella polacca, ed è l’ostinazione nell’ostacolare politiche di reale riduzione delle emissioni di gas serra. Se salta Kyoto 2, comincia a traballare anche l’accordo globale (e per ora virtuale) concluso a Durban. Nel frattempo la Polonia si mette di traverso sul pacchetto clima dell’UE e, paradossalmente, si prepara ad ospitare la COP19 il prossimo anno.

"La Nuova Zelanda sta allineando i suoi sforzi contro il cambiamento climatico con quelle economie sviluppate ed in via di sviluppo che sono responsabili, collettivamente, dell’85% delle emissioni globali". Così il caponegoziatore neozelandese Tim Groser in un’intervista, poche settimane fa, a TVNZ, uno dei principali canali radiotelevisivi del Paese.
Un gioco semantico per spiegare che questa volta il Governo di John Key vuole fare sul serio. E non firmerà alcun accordo sul secondo periodo di Kyoto. Addio impegni vincolanti per chi ha inquinato per almeno due secoli anche perché secondo lo stesso Primo Ministro, dopotutto, la Nuova Zelanda "non ha mai voluto essere un leader mondiale nel cambiamento climatico".
Groser, in questo momento, sta preparando le valigie per Doha dove, da lunedì, prenderà parte ai negoziati di alto livello per capire dove si andrà a parare con la 18a COP. Il suo obiettivo sarà far accettare un accordo globale, e strategie low-carbon, ai Paesi in via di sviluppo.
Il problema è che la base fragile su cui si fonda l’accordo di Durban è proprio lo scambio, per ora virtuale, tra un secondo periodo di impegni di Kyoto che dovrebbe partire dal 1 gennaio 2013, e l’accordo globale che dal 2015 dovrebbe rilanciare ad un nuovo regime di lotta al cambiamento climatico dal 2020.
Niente Kyoto, niente accordo. Ed il rischio dello stallo c’è tutto. O, d’altra parte, c’è il pericolo di veder approvato un nuovo periodo di Kyoto nei fatti fortemente indebolito a causa delle varie strategie di aggiramento che alcuni Paesi industrializzati stanno cercando di mettere in campo. Una di queste riguarda i crediti di emissione non utilizzati, perché in eccesso, che potrebbero essere utilizzati per evitare una reale politica di mitigazione. Tra questi Paesi la Russia e la Polonia, che si è distinta anche negli ultimi summit dei ministri dell’ambiente nell’ostacolare posizioni comuni sul contrasto al cambiamento climatico.
E quale sia l’atteggiamento del Governo polacco è ben espresso dall’eurodeputato Jerzy Buzek che spiega in un’intervista al sito polacco Global-economy che "il pacchetto clima è una minaccia per la competitività dell’economia europea, non solo per quella polacca". Mentre il quotidiano online DziennikPolski chiarisce che "ulteriori riduzioni delle emissioni di anidride carbonica comporterebbe l’abbandono delle centrali elettriche a carbone. Sarebbe condannare il nostro Paese alle importazioni di energia e alla perdita di oltre un milione di posti di lavoro".
A Doha si è deciso che la Polonia sarà la sede della prossima COP19, nel novembre del 2013.

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