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Clandestini eppure genuini

Sabato 17 e domenica 18 aprile a Roma si sono dati appuntamenti per un incontro nazionale gli agricoltori e i produttori della campagna "Genuino clandestino", "per la libera lavorazione dei prodotti contadini. Al’iniziativa, nata a Bologna su iniziativa di Campi…

Sabato 17 e domenica 18 aprile a Roma si sono dati appuntamenti per un incontro nazionale gli agricoltori e i produttori della campagna "Genuino clandestino", "per la libera lavorazione dei prodotti contadini. Al’iniziativa, nata a Bologna su iniziativa di Campi aperti, abbiamo dedicato un approfondimento sul numero di marzo 2010 di Altreconomia.

Buoni e senza permesso. Alcuni dei prodotti biologici venduti a Bologna nei mercati settimanali gestiti da “Campi aperti”, associazione di produttori e consumatori, sono irregolari (vedi Ae 94). Ciò non significa che pane e prodotti da forno, vino, conserve, farine e granaglie, pasta fresca, uova, miele non siano buoni, ma semplicemente che vengono trasformati in laboratori non a norma. È nata per questo “Genuino clandestino”, una campagna d’informazione rivolta a tutti i frequentatori abituali dei tre mercati gestiti dall’associazione, all’interno dei centri sociali Vag61 e Xm24 e presso la Scuola di pace del quartiere Savena. “Il 20 per cento di ciò che vendiamo è ‘clandestino’ -spiega Michele Caravita, presidente di Campi aperti, che riunisce produttori diretti, agricoltori e trasformatori, e consumatori-. Ma ci sono aziende particolarmente esposte, specie tra chi fa solo trasformazione”. Da ottobre 2009, sui loro prodotti, solo su quelli “clandestini”, viene attaccato un adesivo, un “marchio” che identifica i prodotti irregolari. Il consumatore è libero di sceglierlo o meno.
“Questo tema è sempre stato latente nella nostra attività, dal 2002, quando sono iniziati i mercati in modo informale -continua Roberto Borghesi-. Quest’anno il Comune di Bologna ha scelto di regolarizzare i ‘mercati contadini’, tra cui i nostri. Sono possibili controlli. E noi abbiamo optato per la trasparenza. Una delle caratteristiche dei nostri mercati è il legame con il consumatore, una garanzia che non deriva da una legge ma dal rapporto diretto. Organizziamo visite in azienda, il ‘controllo’ di qualità è dato dalla rete sociale. Non potevamo lasciar fuori dai mercati chi non ha le autorizzazioni, né ‘nasconderlo. Abbiamo optato per una autodenuncia collettiva, per rendere partecipe chi fa la spesa”. Alla fine è prevalsa la volontà di sostenere chi non può regolarizzarsi; l’interesse collettivo ha prevalso sull’interesse particolare di alcuni produttori di “Campi aperti” che hanno fatto sforzi importanti per “mettersi in regola”. Il nodo del problema sono le Asl, spiega Caravita (che è un produttore-trasformatore quasi in regola): “Per iniziare un attività, basta una ‘Dichiarazione d’inizio attività’, un’autocertificazione. I funzionari delle Aziende sanitarie locali fanno un sopralluogo, e possono fare delle ‘osservazioni’. Ma ogni Asl dice la sua: se a Bologna c’è un divieto, lo stesso non vale a Modena. Noi continueremo a vendere marmellate sterilizzate a bagnomaria”. Info: www.campiaperti.org, info@campiaperti.org    

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