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Città europee “30 all’ora”: lo chiede una risoluzione del Parlamento europeo

Approvata a inizio ottobre si rivolge alla Commissione europea per dimezzare il numero di morti sulle strade europee entro il 2030 con l’obiettivo finale di azzerare il numero di incidenti fatali entro il 2050. Ridurre la velocità delle automobili nei centri urbani è la strategia più efficace. Ecco i casi che lo dimostrano

Copenhangen è una delle città europee in cui sono maggiormente diffuse le "Zone 30" © Febiyan via unsplash

Introdurre in tutte le città europee il limite di velocità a 30 chilometri all’ora nelle zone residenziali e in quelle con un numero elevato di ciclisti e di pedoni. È la richiesta contenuta in una risoluzione approvata il 6 ottobre dal Parlamento europeo con 615 voti a favore (solo 24 i contrari e 48 gli astenuti) e rivolta alla Commissione europea. L’obiettivo è quello di dimezzare il numero di morti sulle strade europee entro il 2030 con l’obiettivo finale di azzerare il numero di incidenti fatali entro il 2050. Inoltre, per promuovere ulteriormente l’uso sicuro della strada, i parlamentari europei chiedono “tolleranza zero” per la guida in stato di ebbrezza, sottolineando come l’alcol sia implicato nel 25% dei decessi sulle strade.

Il testo della proposta contiene numerosi dati che evidenziano l’urgenza di interventi mirati per ridurre gli incidenti stradali: ogni anno in Europa circa 22.700 persone perdono la vita e circa 120mila rimangono gravemente ferite. “I progressi compiuti per ridurre il tasso di mortalità stradale si sono arrestati e, di conseguenza, l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime della strada tra il 2010 e il 2020 non è stato raggiunto”, si legge. Nel 2020 la media Ue era di 42 morti a seguito di incidenti stradali per milione di abitanti, con picchi di 85 morti per milione in Romania. Mentre le strade più sicure sono quelle svedesi: 18 morti per milione di abitanti. In Italia il dato è sostanzialmente allineato con la media Ue: 40 morti per milione di abitanti, in calo del 25% rispetto al 2019 quando si registrarono 53 vittime per milione di abitanti.

Intervenire nelle città per rallentare le autovetture è particolarmente urgente dal momento che il 37% dei decessi si registra nelle zone urbane (e solo l’8% sulle autostrade) e l’eccesso di velocità rappresenta un fattore chiave in circa il 30% degli incidenti stradali mortali e un fattore aggravante nella maggior parte degli incidenti. Il testo del Parlamento europeo inoltre evidenzia come la percentuale di vittime tra gli “utenti vulnerabili” della strada (in primis ciclisti e pedoni) sia in aumento dal momento che gli automobilisti sono stati i principali beneficiari del miglioramento della sicurezza dei veicoli e altre misure di sicurezza. Mentre, per contro, il peso, la potenza e la velocità massima delle nuove vetture vendute nell’Ue stanno aumentando “il che comporta maggiori rischi per la sicurezza stradale”.

“Penso sia importante sottolineare il fatto che la risoluzione è stata adottata quasi all’unanimità. Segno che per i parlamentari eletti nei vari Paesi di tutta Europa, a prescindere dagli schieramenti politici, hanno a cuore questo tema -commenta ad Altreconomia Alessandro Tursi, presidente della Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab)-. In Europa ci sono già diversi esempi di Paesi che hanno adottato il limite di velocità a 30 chilometri orari nelle aree residenziali. In Italia ci sono casi di eccellenza, penso ad esempio a quello che ha fatto il Comune di Cesena, ma nel nostro Paese l’introduzione e la regolamentazione delle ‘Zone 30’ viene ancora affidata alla buona volontà dei sindaci”.

Proprio per incentivare un cambiamento nella mobilità cittadina e garantire strade più sicure, tra il 2015 e il 2016 Fiab è stata tra i protagonisti della campagna di sensibilizzazione “30 e lode” per ridurre la velocità nei centri urbani dagli attuali 50 chilometri all’ora a 30 chilometri orari. “La risoluzione del Parlamento europeo rappresenta uno stimolo a continuare la nostra attività di sensibilizzazione -aggiunge Tursi-. Ridurre la velocità delle auto nei centri urbani è fondamentale per incentivare una mobilità ‘umana’ che fa bene anche all’economia delle città: qui le automobili in città devono muoversi in punta di piedi. E per ottenere questo risultato non basta apporre cartelli che indicano il limite orario, servono interventi strutturali sulle strade per costringere i veicoli a rallentare”.

© Kaur Martin, Unsplash

Ma non è solo il Parlamento europeo a puntare sulla riduzione della velocità dei veicoli nelle aree urbane per garantire migliori condizioni di sicurezza: in occasione dell’edizione 2021 della Settimana per la sicurezza stradale le Nazioni Unite hanno lanciato la campagna “Streets for life #Love30” il cui obiettivo è quello di “umanizzare la velocità” in tutte le città, i paesi e i villaggi del mondo.

“Tutte le principali città europee stanno andando in questa direzione -aggiunge l’architetto Matteo Dondé, esperto in pianificazione della mobilità ciclistica, moderazione del traffico e riqualificazione degli spazi pubblici-. A maggio la Spagna ha adottato una nuova normativa che porta dai 50 ai 30 chilometri all’ora la velocità in molte strade dei centri urbani di tutto il Paese. Parigi è diventata una ‘Città 30’ dal 29 agosto e mantiene il limite a 50 chilometri orari solo lungo i principali assi stradali. Amsterdam e Copenaghen sono sostanzialmente città a 30 all’ora. La riduzione della velocità nelle aree urbane è il miglior incentivo non solo per la sicurezza, ma per sviluppare modalità di spostamento diverse e più sostenibili. In Italia solo il 7% dei bambini si sposta autonomamente, ad esempio per andare a scuola, in Germania la percentuale è del 40 e questo avviene perché i genitori sanno che nelle strade ci sono le condizioni di sicurezza necessarie”.

L’esperienza di Bruxelles -diventata zona trenta dal primo gennaio 2021- offre dati particolarmente interessanti: come rileva l’agenzia pubblica “Bruxelles mobilité” nei primi sei mesi del 2021 il numero di incidenti nella capitale belga sono diminuiti del 20% rispetto alla media del periodo 2016-2020. Mentre il numero di morti e di feriti gravi è calato del 25%. I casi registrati tra gennaio e giugno 2021 erano stati 65, contro una media di 87,8 morti e feriti gravi nel periodo 2016-2020. Un numero persino più basso rispetto alle 80 vittime della strada censite nel 2020, anno della pandemia da Covid-19 che ha costretto gli abitanti di Bruxelles al restare per molte settimane chiusi in casa.

“Trenta all’ora è il futuro delle città -aggiunge Dondé-. ‘Umanizzare’ la velocità, come ci chiedono le Nazioni Unite, premette di rendere le nostre città più accessibili, più vivibili, più verdi e più belle. Riducendo lo spazio destinato alle auto e mettendo al centro le persone che le abitano”.

Sebbene non manchino esempi virtuosi (Reggio Emilia e Cesena, ad esempio, hanno una buona rete di strade con il limite a 30 chilometri orari) l’Italia segna ancora un grave ritardo sul fronte della moderazione del traffico in ambito urbano: anche la risoluzione del Parlamento europeo ha trovato poco spazio sui media e nel dibattito pubblico. “In Europa si progettano ‘zone 30’ da cinquant’anni, in Italia se ne parla da almeno venti -conclude Dondé-. Purtroppo però nel nostro Paese la cultura della strada come ‘proprietà’ delle auto è ancora molto forte e si fatica molto a far passare questi messaggi alla politica, a prescindere dallo schieramento politico. La nostra esperienza però ci dice che quando queste zone vengono ben progettate, poi gli abitanti sono estremamente favorevoli”.

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