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Ambiente

Cercando petrolio in Irpinia

Il permesso di ricerca si chiama "Nusco", ed entro fine febbraio le due società titolari Italmin Exploration srl e la Compagnia Generale Idrocarburi srl potrebbero avviare il primo pozzo esplorativo. Il permesso di ricerca riguarda un’area di 698,50 chilometri quadrati, in una zona a forte rischio sismico, dov’è ancora forte il ricordo del terremoto del novembre 1980 

La Italmin Exploration srl e la Compagnia Generale Idrocarburi srl (Cogeid) -contitolari, rispettivamente, per il 20% e per l’80% del permesso di ricerca idrocarburi “Nusco”, in provincia di Avellino- sono intenzionate a perforare un pozzo esplorativo -denominato “Gesualdo 1”– nel territorio comunale di Gesualdo, alla ricerca di idrocarburi. Se gas o greggio è tutto da capire, nonostante le voci che si susseguono insistentemente parlino di petrolio. La richiesta, avanzata dalle due società il 20 settembre 2012, è in questi giorni al vaglio della Regione Campania che dovrà decidere entro la fine di febbraio se concedere o meno la valutazione d’impatto ambientale per l’opera. 
In caso affermativo Italmin e Cogeid non sono intenzionate a perdere tempo, perché ritengono lo sviluppo del progetto “Nusco” strategico per i loro piani aziendali. Quasi 3 milioni di euro d’investimento iniziale nella ricerca, poi un incremento della spesa dettato dai risultati e tante promesse occupazionali, royalties e benefici per tutti. Insomma, normale amministrazione comunicativa, in una fase in cui si rende necessario ottenere appoggi. Al contrario, una risposta negativa potrebbe aprire un contenzioso. Ma questo dipenderà dai dati sulla reale o presunta entità del giacimento già in possesso delle compagnie.


Quello interessato dal permesso di ricerca “Nusco” è un territorio di 698,50 chilometri quadrati che comprende 47 Comuni, 46 ricadenti nella provincia di Avellino, uno nella provincia di Benevento. Un’area a valenza paesaggistica ed agricola, così come l’intera provincia. Per la quale l’Ente provinciale ha varato una sorta di “Patto dei sindaci”, per “un impegno per l’energia sostenibile”. Sostenibilità che non ha nulla a che vedere con uno sviluppo petrolifero. Questo lo sanno bene gli attivisti del Comitato “No petrolio in Alta Irpinia” -i primi a mobilitarsi e a sollevare il problema-, così come il Comitato “No Trivellazioni Petrolifere Irpinia” nato a Gesualdo e i sindaci di Nusco ed altri 4/5 Comuni che hanno espresso il proprio no, deliberando contro le trivellazioni, e che il prossimo 24 gennaio si riuniranno per consolidare una posizione comune. Perché tutti sono consapevoli che c’è da tutelare la risorsa acqua, l’ambiente ed il turismo (il pozzo esplorativo sorgerebbe a pochi chilometri di distanza dalle terme di Villamaina), senza dimenticare il rischio sismico dell’Irpinia, teatro del tragico terremoto del 23 novembre 1980.


Il contesto territoriale

La caccia al petrolio da parte di Italmin e Cogeid avverrà in una regione, la Campania, che non ha tradizioni petrolifere. Su tutto il territorio sono stati perforati -secondo i dati resi pubblici dal ministero dello Sviluppo economico- 72 pozzi, 31 dei quali nella provincia di Avellino. Buona parte all’interno dell’attuale perimetro del permesso di ricerca “Nusco”. 27 per la precisione. A bucare, con scarsissimi risultati, operatori classificati dall’Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse) come “sconosciuti” (6 pozzi). E poi Agip (17 pozzi), Sori (2 pozzi) e Fondedile (2 pozzi). Tutti perforati a partire dal 1935. Tra gli ultimi trivellati, il pozzo Agip “Ciccone 001” (1979) -presumibilmente sospeso per incidente- e il pozzo Sori “Taurasi 001” (1989) risultato sterile. 
Ad eccezione di una scarsa scoperta di olio, gas o gas a prevalenza olio all’interno dei vecchi permessi di ricerca “Nusco” (1955, omonimo dell’attuale), “S.Angelo dei Lombardi” (1935-1959). La revisione storica dei dati dimostra come, in provincia di Avellino, i tentativi di ricerca da parte delle diverse compagnie petrolifere siano avvenuti quasi ciclicamente, fino al 2002. Con un nulla di fatto e con prospettive economiche ed occupazionali nulle. Nel 2002 la WPN Resources presentò istanza per l’ottenimento del permesso di ricerca “Frigento”, al quale poi rinunciò non accettando una proposta di joint-venture proprio della Italmin Exploration, divenuta titolare del permesso di ricerca “Nusco” nel 2010, dopo 8 lunghi anni, nel silenzio generale.


Le società

Compagnia Generale Idrocarburi srl (Cogeid), con sede legale a Roma, è stata costituita nel 2001. Opera principalmente in joint-venture con Apennine Energy, Edison, Enel Longanesi Developments e Sviluppo Risorse Naturali. Attualmente, in Italia, è contitolare, unico titolare o rappresentante unico nei permessi di ricerca in terraferma “Altedo” e “Porto Maggiore” (Emilia Romagna), “Castelverde” e “Codogno” (Lombardia ed Emilia Romagna), “Corana” (Lombardia e Piemonte), “Villa Gigli” (Marche), “Colle Ginestre” (Molise) e “Nusco” (Campania). 
Ha avanzato, inoltre, 4 istanze per l’attribuzione di permessi di ricerca: ”Momperone” (Lombardia e Piemonte), “San Rocco” (Abruzzo), “Il Convento” (Molise e Puglia) e “Posta del Giudice” (Puglia). 
La Italmin Exploration srl, invece, sempre con sede legale a Roma, è stata costituita nel 1997. Attualmente è presente come contitolare o rappresentante unico nei permessi di ricerca “Corana” (Lombardia e Piemonte), “Nusco” (Campania), “Fiume Arrone” (Lazio) e nelle istanze per l’attribuzione dei permessi di ricerca “Cascinetta” (Lombardia), “Enna” e “Lebrino” (Sicilia) e “Muro Lucano” (Basilicata e Campania).
In merito a quest’ultima istanza -è notizia resa pubblica in questi giorni- il Consiglio comunale di Muro Lucano, in provincia di Potenza, ha deliberato all’unanimità (atto n.53/2012) contro l’attribuzione del permesso di ricerca “Muro Lucano”, richiamando i pareri e le osservazioni già trasmessi alla Regione Basilicata e ritenendo “di concretizzare, ove si rendesse necessario, ulteriori forme di protesta e di contrasto alle attività petrolifere nel territorio comunale”. Un’azione decisa che va ad aggiungersi alle dimissioni dei primi cittadini di sei comuni dell’Alta Val d’Agri (Grumento, Spinoso, Tramutola, Montemurro, Sarconi e Paterno). Una dimostrazione di protesta in considerazione del fatto che, in un’area interna lucana ormai a forte vocazione petrolifera, “paradossalmente la presenza e l’utilizzo di consistenti risorse (idrocarburi, acqua) non compensano le legittime richieste di un territorio che rappresenta a noi Sindaci tutte le difficoltà per affrontare il quotidiano, con i propri figli, oggi ancor più di ieri, costretti a cercare opportunità lavorative in altre zone d’Italia se non all’Estero”. Questa la posizione dei 6 sindaci dimissionari, come riportato dal Quotidiano della Basilicata di martedì 15 gennaio 2013. 

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