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Caso Scieri: il muro di gomma dell’esercito scricchiola

Emanuele Scieri

La Commissione parlamentare di inchiesta sul caso del giovane militare di leva ucciso a Pisa nell’agosto del 1999 ha chiesto di riaprire il caso. Ora tocca alla Procura far luce su una vicenda segnata dall’omertà

Riaprire il processo sulla morte di Emanuele Scieri. Questa è la richiesta ufficiale della Commissione parlamentare di inchiesta, istituita alla fine del 2015 per indagare sul caso del giovane militare di leva, in servizio presso la Folgore, ucciso da ignoti dentro la caserma “Gamerra” di Pisa il 13 agosto del 1999 (leggi qui). Dopo 18 anni, dunque, potrebbe finalmente esserci una svolta, grazie ai nuovi elementi raccolti nel corso delle indagini e delle audizioni in Commissione e ora contenuti nella richiesta depositata presso la Procura di Pisa. I membri della Commissione, presieduta da Sofia Amoddio, hanno spiegato, nel corso di una conferenza stampa alla Camera, le ragioni che hanno portato a questo nuovo atto di una vicenda che ha lasciato un segno, non solo su familiari e amici, ma anche sull’immagine dell’esercito e dello Stato e sul rapporto tra cittadini e leva obbligatoria (che venne abolita proprio in seguito alle polemiche scaturite dal “caso Scieri”).

Emanuele era un giovane avvocato siciliano che, dopo aver svolto l’addestramento a Firenze, presso la caserma “Lupi di Toscana”, venne trasferito a Pisa, presso la caserma “Gamerra”, dove giunse verso l’ora di pranzo. Era il 13 agosto. La stessa sera, Emanuele, dopo essere rientrato alle 22.15 in caserma, di ritorno da un pomeriggio di libera uscita, sparirà nel nulla. Nessuno si preoccuperà di cercarlo, nonostante la sua assenza al contrappello. Verrà trovato cadavere, ben tre giorni dopo, sotto una torretta di asciugatura del paracadute. Un’area che, come ha spiegato la Amoddio in conferenza stampa, non era isolata, come hanno sempre sostenuto i militari della Folgore per giustificare il tardivo ritrovamento del corpo, ma era frequentata “dai commilitoni più adulti e graduati”. Ed è in questo contesto che si svolge l’assassinio di Emanuele. Perché che si tratti di un omicidio non vi è dubbio, dal momento che, anche dal processo che si tenne a Pisa e si concluse con l’archiviazione, emerse la certezza che il ragazzo fosse stato ucciso probabilmente al termine di un atto di nonnismo. Scieri, infatti, sarebbe stato costretto a salire sulla scala della torretta e colpito, fino a provocarne la precipitazione, come dimostrano alcune ferite incompatibili con una caduta autoindotta. Purtroppo ciò non bastò a evitare l’archiviazione, dovuta all’impossibilità di arrivare all’identificazione dei responsabili, per via della reticenza e dell’omertà riscontrata tra i militari. Un’omertà che, a dire il vero, non è scomparsa nemmeno nel corso delle circa 70 audizioni in Commissione, dove i “non ricordo” e i “non so” sono stati numerosi. Così come non è mancato il silenzio davanti alle contraddizioni che i membri parlamentari facevano notare ai testimoni in aula. Come è stato precisato in conferenza stampa, dalle indagini e dalle audizioni è ugualmente emerso un quadro inquietante della caserma e del suo ambiente. La “Gamerra” non appare come un luogo che ospita uno dei reparti di punta del nostro esercito. Non viene descritto come un luogo dominato dalla disciplina e dalla serietà. Dalle testimonianze risulta invece che la caserma pisana fosse un luogo dedito al nonnismo e alla violenza, con atti gravi che venivano tollerati e coperti, ma soprattutto viene evidenziata la scarsità di controlli all’interno della stessa. A tutto ciò, come è stato dichiarato in conferenza stampa dai membri della Commissione, si aggiungano le evidenti contraddizioni e la stranezza di alcuni comportamenti messi in atto, a partire dalla notte del 13 agosto e prima del ritrovamento di Emanuele, da alcuni superiori come, ad esempio, il generale Celentano. Comportamenti ai quali non è stata data una spiegazione convincente.

Insomma, l’omertà resiste ma forse, grazie al lavoro della Commissione, qualcosa comincia a scricchiolare nel muro di gomma che l’esercito non ha mai dimostrato di voler abbattere su questa vicenda. Adesso la palla passa alla Procura di Pisa, che dovrà esaminare la richiesta della Commissione ed eventualmente riaprire il processo.

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