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Case stupefacenti – Ae 82

In Olanda occupare immobili è legale se sono vuoti da almeno 12 mesi. Una legislazione nata contro la speculazione di chi tiene le case sfitte per farne aumentare il valore Ormai sono diventati poco più di una meta turistica. Scrostrati,…

Tratto da Altreconomia 82 — Aprile 2007

In Olanda occupare immobili è legale se sono vuoti da almeno 12 mesi. Una legislazione nata contro la speculazione di chi tiene le case sfitte per farne aumentare il valore


Ormai sono diventati poco più di una meta turistica. Scrostrati, scoloriti, spesso malconci, gli immobili occupati di Amsterdam, gli squat, sembrano passati di moda. Nella tranquilla Plantage Dockas lo squat sembra un albergo chiuso per ferie. Intorno alla centrale piazza di Neuwmarket, una volta epicentro delle occupazioni, quelli che c’erano non ci sono più: trasformati in abitazioni borghesi, o venduti ai cinesi del Sichuan che hanno colonizzato la zona. A due passi dal porto, invece, l’Afrika Huis, sulla Oostelijke Handelskade è stato chiuso la scorsa estate. Solo nella centrale Spuistraat, gli squat sembrano squat: colorati, con bandiera arcobaleno d’ordinanza e immancabile parcheggio interno per le biciclette. “Città delle libertà, addio”, verrebbe da pensare. In effetti oggi ad Amsterdam tutto è trasgressione istituzionalizzata. Tanto che neanche gli occupanti, gli squatter, sono riusciti a fuggire da questo destino. Eppure, durante l’epoca d’oro del movimento, tra fine anni Settanta e fine Ottanta, in città c’erano migliaia di case e palazzi occupati, con un esercito di circa ventimila squatter. Tutti, o quasi, occupanti per scelta. Perché ad Amsterdam le occupazioni sono sempre state un fatto culturale: un movimento di protesta di giovani cittadini che cercavano di riappropriarsi della città. Nemici dichiarati gli speculatori e gli affaristi. Un movimento nato per protestare contro la mancanza di spazi abitativi nella capitale sulla scia delle contestazioni dei Provos, giovani, intellettuali e provocatori, antesignani del ‘68 europeo. “Allora erano tanti i proprietari che lasciavano volontariamente la casa vuota, per far scaldare il mercato immobiliare e poi ottenere affitti più alti o prezzi di vendita migliori”, scrive lo storico olandese Geert Maak.

Una controcultura giovanile, forte e radicata, legata alla realtà del sistema abitativo della capitale. Da decenni il mercato degli affitti in Olanda è finanziato e regolato dal governo con lo scopo di favorire l’equa distribuzione delle case disponibili. Per anni i prezzi sono stati rigidamente controllati, così come le assegnazioni: ad ognuno una casa e un affitto direttamente proporzionale al reddito, con tanto d’integrazioni per i meno abbienti. Nonostante questo, gli affitti sono aumentati del 47% in vent’anni: oltre il doppio dell’inflazione, cresciuta del 27%.

Il tutto in una città in cui ancora oggi il 56% delle case è in regime di equocanone, con punte del 75% nei quartieri periferici. Una politica sociale avanzata, che viene da lontano. “Nel 1901 il Comune si accorse che la città stava cambiando, che gli operai andavano a vivere in case indegne e decise di far qualcosa”, spiega Amy della libreria anarchica Fort VanSjakoo, anch’essa occupata prima di venire regolarmente comprata a prezzi sociali.

Così ancor oggi, nonostante abbia lasciato il campo ai privati in nome del liberalismo, il Comune continua a costruire appartamenti sociali. Se a Milano ne sono stati realizzati 550 negli ultimi dieci anni, ad Amsterdam “tra appartamenti nuovi e ristrutturazioni siamo ad almeno 4 mila l’anno”, continua Amy. Una politica previdente; dagli anni Ottanta la municipalità è ben attenta a non creare quartieri ghetto, ma a collocare nella stessa zona alloggi sociali di tipologie diverse e case di proprietà. Ad Amsterdam la casa è ancora un diritto per tutti, stranieri compresi. Anche perché il 48% dei 743 mila abitanti della capitale ha almeno un genitore d’origine non olandese. Ma da qualche anno questo è un po’ meno vero. Nel 1998 il governo ha passato il Koppelingswet, un atto che lega i benefici sociali allo stato legale delle persone. Per cui se prima del ‘98 anche l’immigrato che non aveva i documenti in regola aveva diritto a una casa, ora non è più così. “Da qualche anno ci sono stranieri irregolari che occupano delle case. Il più delle volte per periodi brevissimi, visto che la polizia non li tollera”, spiega Joos Koenders, direttore dell’Antikraak Bv, un’organizzazione che gestisce un migliaio di proprietà in tutta la città.

L’AntiKraak è forse l’ultima frontiera del sistema abitativo olandese. Società come questa -19 in tutti i Paesi Bassi-, danno in uso per periodi brevi, mai più di un anno, appartamenti vuoti, ricevendo un affitto che varia dai 100 ai 250 euro al mese. Di contro gli inquilini temporanei accettano, in caso di richiesta da parte del proprietario, di lasciar la casa con un preavviso brevissimo, in genere non più di due settimane. Un modo per evitare che le proprietà vuote da più di 12 mesi vengano occupate legalmente.

Perché nello stupefacente mondo immobiliare olandese le occupazioni sono legali. Un letto, un tavolo e una sedia. In olandese sono il Kraakset, ovvero quello che basta secondo la legge dei Paesi Bassi, per dichiarare legale uno squat. Sempre a patto che l’occupante possa dimostrare che i locali erano vuoti da più di dodici mesi. Ma se ne è sicuro, non deve far altro che portare in casa il suo Kraakset, chiamare la polizia e  avvisare dell’avvenuta occupazione. Poi starà al proprietario andare davanti al giudice e dimostrare che stava per investire nell’immobile, ristrutturandolo, affittandolo oppure abbattendolo. Ma se non riesce a convincere la Corte gli squat rimangono dove sono per anni. Di solito fino a quando il proprietario non si stanca e lascia perdere, o fino a quando gli stessi occupanti non cercano di comprarsi l’immobile o propongono di pagare un affitto, purché sia accettabile. Altrimenti hanno sempre la possibilità di rivolgersi all’apposito ufficio del Comune, che verifica le condizioni dello stabile e determina la giusta pigione. E la regolarizzazione degli squat oramai è diventata la norma. Ma nonostante siano stati regolarizzati, comprati o affittati, nessuno ha la sensazione che gli squatter abbiano ceduto al compromesso o cambiato direzione.  “Alla gente che viene qui spieghiamo che se vogliono gridare e far baccano lo possono fare a casa loro. La libertà che perseguiamo non consiste nel suonare la musica più alta che possiamo”, spiega con semplicità Colin McLean, scozzese e anima dell’Ot301, l’ex accademia nazionale del cinema occupata nel 1999. Una semplicità che ben si concilia con l’ultima frontiera del movimento squat olandese: arrivare ad avere la sicurezza che il proprio progetto culturale e di vita non venga spazzato via da uno sgombero. “Dobbiamo poterci permettere di portare avanti i nostri progetti di lungo termine”, prosegue Colin. Per questo lui e gli altri del Ot301, dopo aver negoziato un prezzo equo con la proprietà grazie all’intervento del Comune, hanno acceso un mutuo e si sono comprati il palazzo.

Conquistandosi una legittimazione a colpi d’iniziative e attività culturali gli squatter olandesi hanno vinto la partita. E oggi nessuno ha voglia di tornare indietro, rialzare la conflittualità e riaprire la questione. Per questo quando lo scorso anno, dopo dieci anni di silenzio politico sulla questione, il deputato cristiano democratico Ten Hoopen, ha presentato una mozione per rendere illegali gli squat, “gestiti da organizzazioni criminali che occupano i palazzi per farci delle feste” la sollevazione non venuta solo dagli squatter. Ma anche dai sindaci delle grandi città. Sono le autorità locali, infatti, ad aver capito che spesso l’occupazione può essere un buon modo per le persone per prendere il controllo dei loro bisogni abitativi e sociali. “La proposta è solo un sintomo di un generale passo indietro della società e della politica olandese. Il tradizionale liberalismo delle nostre città è sotto attacco: in tanti vogliono solo ordine e legge”, spiega Bas Heijne, saggista e columnist del quotidiano NRC Handelsblad. La risposta a Hoopen è arrivata dal Segretario di Stato per gli affari economici, Handel Kariep Van Gennip: “Modificare la legislazione sulle occupazioni è impossibile, non necessario e non auspicabile”. Gli squat, per ora sono salvi. E per le strade di Amsterdam, dipinto con lo spray, si legge ancora: “You can’t evict an idea”. Non puoi sradicare un’idea.



Il decalogo dello squatter di Amsterdam

Quella degli squatter in Olanda è una battaglia approvata per legge. L’ordinamento dei Paesi Bassi infatti leggitima le occupazioni purché avvengano in locali vuoti da almeno dodici mesi. Per portare avanti delle occupazioni col favore della legge gli squatter si sono organizzati. In alcuni squat storici di Amsterdam chi volesse può settimanalmente ricevere informazioni su come occupare e consulenza legale. Da anni poi gli attivisti della città mandano avanti lo Spok, Speculation research collective, che si occupa di reperire informazioni alla Camera di commercio e al Catasto sui passaggi di proprietà, sulla situazione degli immobili nelle aree di competenza, soprattutto per sapere con esattezza da quanto tempo la casa è sfitta e, in caso affermativo, se il proprietario abbia o meno avviato pratiche per la ristrutturazione o la demolizione.



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