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Ambiente / Attualità

A Carpignano Sesia, dove i cittadini resistono al pozzo petrolifero di Eni

In provincia di Novara, la multinazionale vuole trivellare a quattro chilometri di profondità. Il comitato si è organizzato per acquistare collettivamente i terreni a rischio intervento, così da rallentare l’eventuale iter degli espropri

Tratto da Altreconomia 187 — Novembre 2016
Manifestazione contro le trivellazioni Eni a Carpignano Sesia, nel novarese. Il parere contrario della Regione Piemonte può essere bypassato dal ministero dell'Ambiente, nell'ambito della procedura VIA. Raccontiamo questa storia su Altreconomia 187 (novembre 2016)

A metà ottobre nei campi di Carpignano Sesia si raccoglie ancora l’uva fragola. Mani esperte scelgono i grappoli, e li puliscono dalle impurità lungo i filari. Da qui,  adagiati nelle vaschette, raggiungono direttamente i mercati.
Siamo a poco più di un chilometro dal centro storico di questo piccolo Comune in provincia di Novara, circa 2.500 abitanti, e a due chilometri e mezzo dal fiume Sesia. Siamo nell’area agricola di quasi 30mila metri quadrati che Eni ha scelto nel 2014 per aprire un “pozzo esplorativo”, e capire a quali condizioni sarebbe possibile estrarre il petrolio “stoccato” a -4.000 metri. Secondo i documenti presentati dall’azienda, lì sotto ci sarebbero 80 milioni di barili, che rappresentano meno di due mesi del fabbisogno italiano. Ottanta milioni di barili alle quotazioni attuali valgono però oltre 4 miliardi di euro, ed è per questo -raccontano i membri del Comitato DNT (Difesa nostro territorio, www.comitatodnt.it)- che “dal 2012 Eni tiene in ostaggio Carpignano”. La multinazionale è responsabile unico del Permesso di ricerca Carisio, di cui detiene il 47,5%, e ha come soci Petroceltic Italia, anch’essa al 47,5%, e Compagnia generale idrocarburi, col 5%. Dopo aver presentato -appunto nel 2012- e ritirato -nel 2013- un primo progetto, alla fine del 2014 l’azienda ha comunicato al Comune di Carpignano Sesia di aver depositato presso il ministero dell’Ambiente una nuova istanza di valutazione d’impatto ambientale (VIA).

“Il ‘parere’ non c’è ancora, e al momento la discussione non è nemmeno calendarizzata -sottolinea Isabella Baccalaro, avvocato e vicepresidente del Comitato-. Siamo però preoccupati perché l’iter è partito un mese dopo la conversone in legge del decreto denominato Sblocca-Italia, nel novembre 2014, e ciò significa che la ‘valutazione’ viene fatta a Roma, e il parere negativo deliberato a fine 2015 dalla Regione Piemonte non è vincolante”.
Insieme a Baccalaro e Salvatore Fiori, architetto, membro -e consulente tecnico- del DNT, percorriamo le strade sterrate che, scavalcata l’autostrada A26, portano all’area scelta da Eni per trivellare il pozzo esplorativo. Indicano un terreno incolto: quando leggerete questo articolo, Marcello Marafante, farmacista, presidente e legale rappresentante del Comitato DNT, ne sarà diventato “proprietario”, per conto di quasi 300 persone che hanno partecipato alla campagna “TerraMIAmo”, versando una quota simbolica di venti euro -e i cui nomi figurano nell’atto notarile-. “Se dovesse arrivare il momento degli esprori, troveranno maggiori ostacoli” spiega Marafante. L’iniziativa -lanciata dal Comitato nel mese di febbraio- ha visto adesioni non solo dalle due province di Novara e Vercelli, ma anche da Omegna (Verbania), dal Cuneese, dalla Toscana, dalla Lombardia. Giuseppe Maio, farmacista a Fara Novarese, racconta che nel suo negozio -uno dei “punti vendita” delle quote- sono arrivate in auto dalla zona del Lago Maggiore, da sole, due signore di ottant’anni, che volevano partecipare. “E al contatto che abbiamo indicato per chiedere informazioni -spiega- hanno telefonato anche dalla Francia”. Maio, che è stato tra i fondatori del Comitato, nel 2014 è diventato sindaco di Carpignano Sesia, “eletto con il 67,5 per cento dei voti”, spiega Dora Gribaldo del DNT. A differenza del 2012, quando l’amministrazione comunale era favorevole al progetto (ma non il 96% dei votanti a una consultazione popolare che coinvolse poco meno della metà della popolazione), oggi i membri del Comitato sanno di avere il municipio dalla loro parte: sul sito del ministero dell’Ambiente, alla pagina che raccoglie i documenti della VIA per il pozzo esplorativo “Carpignano Sesia 1” sono numerose le osservazioni presentate dal Comune. “La stessa Eni, nei documenti di progetto, riconosce la ‘quantità e qualità dei suoli agrari’ tra le risorse principali di questo territorio. La nostra amministrazione -spiega il sindaco Maio- si sta impegnando per valorizzare le colture di pregio, come quella dell’uva fragola, o ‘americana’, che vorremmo impiantare anche sui terreni acquistati dal Comitato grazie alla  campagna ‘TerraMIAmo’. Le vigne stanno sulle ghiaie lasciate dai paleocorsi del fiume Sesia, che donano all’uva una straordinaria dolcezza”.

La raccolta dell'uva fragola nelle campagna di Carpignano Sesia (NO) - © Luca Martinelli
La raccolta dell’uva fragola nelle campagna di Carpignano Sesia (NO) – © Luca Martinelli

Tra le tante mappe che l’architetto Fiori ha realizzato, una mostra la distanza tra il pozzo esplorativo Carpignano Sesia 1 e i Comuni limitrofi, in collina, dove si produce Nebbiolo, vinificato poi a seconda delle denominazioni come Gattinara (DOCG, circa 9 chilometri), Ghemme (DOCG, 5 chilometri), Fara (DOC, due chilometri), Bramaterra, Boca, Coste della Sesia. A “difenderle” è il Consorzio di tutela Nebbioli dell’Alto Piemonte: l’8 aprile 2015, insieme al Comitato DNT, alle associazioni di categoria del settore agricolo e a numerose aziende del territorio (la produzione di salumi, formaggi e miele impiega 581 persone a Carpignano e in cinque piccoli Comuni limitrofi), il Consorzio era nella Sala consiliare della Provincia di Novara, per partecipare a un confronto -promosso da Regione Piemonte- tra Eni e i soggetti interessati dal progetto. Un confronto che però è stato disertato dalla grande multinazionale italiana, partecipata dallo Stato al 30,10% (attraverso Cassa depositi e prestiti e ministero dell’Economia) e capace di produrre in tutto il mondo 1,73 milioni di barili di petrolio al giorno (nel primo semestre del 2016). Forse perché in quella sede non si sarebbe parlato di greggio ma di acqua. E in particolare della falda profonda che la Regione Piemonte ha qualificato come “Riserva integrativa e sostitutiva di emergenza” (R.I.S.E.), l’unica nel Piemonte Orientale tra quelle censite in tutto il territorio regionale, e che ricade -si legge nella delibera regionale del 28 dicembre 2015, con cui la giunta Chiamparino ha espresso parere negativo in merito alla compatibilità ambientale del pozzo esplorativo- “su di un areale comprensivo dei Comuni di Carpignano Sesia, Sillavengo, Castellazzo Novarese, Casaleggio, e Novara”. La Riserva si troverebbe a 2,3 chilometri dal pozzo (che, come già ricordato, andrebbe a cercare il greggio fino a 4mila metri sotto terra). Anche l’ASL di Novara, con una nota del novembre 2015, ha espresso parere negativo, evidenziando tra le motivazioni la “mancata valutazione dei rischi possibili per le sorgenti site in territorio del Comune di Carpignano Sesia”.

A poche centinaia di metri dall’area che dovrebbe ospitare il pozzo esplorativo, la strada sterrata entra in un bosco molto fitto: è di proprietà del Comune di Novara, che proprio al centro ha costruito -nel 1901- una struttura che raccoglie le acque di tre fonti superficiali, che sgorgano pochi metri sotto il piano della campagna e forniscono ogni anno un milione di metri cubi d’acqua all’acquedotto del capoluogo provinciale. Mentre mostra il ruscello dove sfoga il “troppo pieno” delle sorgenti, che attraversa il bosco, l’architetto Fiori spiega che l’acqua di Carpignano Sesia “rappresenta il 10% del fabbisogno idrico di Novara (104mila abitanti a fine 2015, ndr), ed è così pura che non deve essere nemmeno trattata. Inoltre -aggiunge il tecnico del Comitato DNT-, ‘scende’ fino alla città sfruttando la pendenza naturale del terreno, a differenza dei 27 pozzi profondi che alimentano l’acquedotto cittadino e comportano costi energetici -per il pompaggio- e di potabilizzazione”.

Il Comune di Novara è il più grande tra i 30 enti del territorio che hanno deliberato contro il progetto. I membri del Comitato “Difesa nostro territorio” temono però che ogni contrarietà espressa a livello “locale”, compreso il “no” della Regione Piemonte, siano inutili: la riforma della Costituzione, oggetto del referendum del 4 dicembre, garantisce allo Stato competenza esclusiva sull’energia. Il nuovo articolo 117 permetterebbe inoltre all’esecutivo di esercitare la cosiddetta “clausola di supremazia” quando lo richieda la “tutela dell’interesse nazionale”.

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