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Cara America, ti amo quindi ti odio – Ae 35

Numero 35, gennaio 2003Anno 2002, uno spettro si aggira per il mondo: l'immagine degli Stati Uniti d'America. Appena tredici anni dopo aver vinto la Guerra fredda l'unica superpotenza rimasta scopre con orrore che il mondo la odia o, quando va…

Tratto da Altreconomia 35 — Gennaio 2003

Numero 35, gennaio 2003

Anno 2002, uno spettro si aggira per il mondo: l'immagine degli Stati Uniti d'America. Appena tredici anni dopo aver vinto la Guerra fredda l'unica superpotenza rimasta scopre con orrore che il mondo la odia o, quando va bene, la tollera appena. Gli intellettuali americani tornano scornati dai loro giri globali per il mondo scoprendo che la solidarietà post 11 settembre si è in fretta affievolita, e che i loro colleghi li guardano sempre più con diffidenza. Idem per i turisti: all'ingresso di ristoranti e locali non è infrequente essere accolti da sinistri cartelli del tipo: “americani non graditi qui”.

L'immagine dell'America, questo è oggi il tema all'ordine del giorno e, se volete, l'enigma che spiega gli umori caldi e freddi che circolano verso la globalizzazione. Il più importante filosofo americano conclude quest'anno il suo insegnamento con un corso a Parigi, centro pensante dell'antiamericanismo colto, sul tema: immagini dell'America in Europa nel dopoguerra.

Più pragmaticamente il Pew Institute di Washington, presieduto da Madaleine Albright, in collaborazione con l'International Herald Tribune, commissiona una ricerca globale in 44 nazioni, intervistando oltre 38 mila persone per sapere come vedono l'America.

Il “Global Attitudes Project”, questo il titolo della ricerca, conclude spaventato che negli ultimi due anni l'immagine degli Usa è andata a ramengo quasi ovunque nel globo. Nei Paesi coinvolti nell'intervista gli umori verso Washington sono drasticamente peggiorati.

Ma queste immagini superficiali non sono tutto e bisogna fare lo sforzo di leggersi le minuziose tabelline del Report per venire a capo di quella che è la vera croce teorica del nostro mondo globale, la sua cornice politica che può essere così riassunta: “America ti desidero fino ad odiarti”.

Proviamo innanzitutto a comparare due dati: uno più di testa -“Credete che l'America aumenti le diseguaglianze globali?”- l'altro più di stomaco: “La diffusione dei costumi americani è positiva?”. Alla prima domanda, gli intervistati dei Paesi occidentali rispondono in larghissima misura di no, mentre Filippine, Nigeria e altri Paesi del Sud coinvolti nella ricerca non hanno dubbi: gli americani sono causa delle diseguaglianze planetarie. Ma alla domanda sulla diffusione dei costumi, ecco il rovesciamento completo. Eccettuato il Regno Unito, Paese troppo legato a Washington per poter essere messo nella media degli altri, qui troviamo che i Paesi più “tolleranti” se non favorevoli alla diffusione dei costumi americani, sono più o meno gli stessi che giudicano l'America responsabile delle diseguaglianze: Costa d'Avorio al primo posto con 69% di risposte positive, seguito dal Vietnam (!!!) con il 33%, percentuale comunque più alta di Italia (29), Francia e Germania (28) e appena inferiore al Regno Unito (39). Si direbbe che il Sud, almeno quello non musulmano (dove il tasso di gradimento Usa è ai minimi storici, ma qui gli psicoanalisti avrebbero qualcosa da dire circa l'inversione dei sentimenti da positivi a negativi), sappia più del Nord che sono gli Usa la causa della loro povertà, ma ciò nondimeno sono proprio i costumi Usa che si vogliono!

Novità? No, semplice ingenuità e maggiore trasparenza rispetto ad un paradosso che tutti noi viviamo dalla testa ai piedi, solo che con più malizia lo dissimuliamo.

Perché fa politically correct attaccare l'America, ma è inevitabile chiamare la propria organizzazione Emergency (e non, che ne so, Su soccorsu). Dal '68 a Naomi Klein alla cultura delle ong, l'antiamericanismo globale è uno dei migliori prodotti dei vivaci campus americani.

L'America è odiata perché molto ha promesso e poco mantenuto nel secolo americano: lo Sviluppo per tutti, la fine del colonialismo vetero europeo, l'emancipazione degli individui e delle nazioni. Ma non è odiata come un antico satrapo, piuttosto come un'amante infedele, che delude sempre sul più bello.

All'assemblea di Lilliput dello scorso anno la rappresentante delle donne afghane elencava i punti salienti della sua battaglia politica; una società libera, aperta con le donne, capace di non ostacolarne gli interessi. Qualcuno conosce un Paese che ha alimentato fino all'ossessione queste aspirazioni?

PS. Trovate il rapporto completo al quale si fa riferimento in http://people-press.org/reports/display.php3?ReportID=165

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