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Economia / Approfondimento

Brevetti e pillole amare: l’Ue continua a difendere Big Pharma, non solo sui vaccini

Dopo aver negato ai Paesi a basso reddito un accesso equo ai vaccini, l’Unione europea è pronta a fare lo stesso con i medicinali per il trattamento del Covid-19, privilegiando gli interessi di Pfizer, Merck, Roche, AstraZeneca e GSK e tagliando fuori milioni di persone. La denuncia del Corporate europe observatory

Dopo aver negato ai Paesi a basso reddito un accesso equo ai vaccini, l’Unione europea è pronta a fare lo stesso con i nuovi medicinali per il trattamento del Covid-19. È quanto denuncia Corporate europe observatory (Ceo), impegnato nel contrastare la posizione privilegiata e l’influenza delle grandi società multinazionali all’interno della politica comunitaria. L’Ue -si legge nel report “Bitter pill”, pillola amara, pubblicato a novembre 2021- sta ripetendo gli stessi “errori” commessi con i vaccini, rifiutandosi di prendere in considerazione la sospensione dei brevetti e la condivisione di tecnologie e know-how. 

Se guardata a livello globale, la campagna vaccinale si dimostra un fallimento, ricorda il gruppo di ricerca. Infatti, mentre negli Stati più ricchi la percentuale di persone vaccinate con almeno due dosi raggiunge e spesso supera l’80 per cento, appena il 2,3 per cento della popolazione di quelli a basso reddito ha ricevuto almeno una dose. Pfizer, BioNtech e Moderna guadagnano intanto mille dollari al secondo con la vendita dei vaccini ai Paesi occidentali; nel resto del mondo la popolazione resta invece scoperta dalla protezione contro il virus: una situazione dovuta alle condizioni imposte dalle società farmaceutiche e, di riflesso, alla produzione troppo scarsa e ai costi elevati.

Per ovviare al problema, India e Sudafrica avevano proposto una sospensione dell’accordo TRIPs dell’Organizzazione mondiale del commercio: la misura avrebbe assicurato l’accesso alla proprietà intellettuale riguardante vaccini e altri farmaci per tutta la durata della pandemia. Alla proposta hanno aderito 160 Paesi a medio e basso reddito, ma anche alcuni più ricchi come gli Stati Uniti; tuttavia, questa è stata fortemente contrastata proprio dall’Unione europea, che ha finora impedito l’adozione. Bruxelles sostiene infatti la necessità di procedere utilizzando le eccezioni già previste dai TRIPs e con mere donazioni verso gli Stati in difficoltà. 

Accanto ai vaccini, il mondo medico e farmaceutico ha cercato di individuare dei farmaci che potessero essere utilizzati per ridurre i tassi di mortalità e ospedalizzazione legati al virus. Sono stati perciò presi in considerazione alcuni medicinali già esistenti -ad esempio il Tocilizumab, immunosoppressore prodotto da Roche e già usato per alcune artriti- e ne sono stati sviluppati di specifici, tra cui hanno avuto una rilevanza particolare quelli di Pfizer e Merck. Nel maggio dello scorso anno l’Unione europea ha quindi lanciato la propria Strategia sulle terapie contro il Covid-19: con questa, le istituzioni europee mirano a individuare i farmaci più promettenti, per supportare il loro sviluppo e la loro approvazione e garantire che siano rapidamente disponibili per la popolazione europea.

Per il modo in cui è stata impostata e per gli obiettivi che si propone di raggiungere, la strategia sta riproponendo però le stesse problematiche già verificatesi con la campagna vaccinale, come denuncia Medici Senza Frontiere, garantendo un’ampia fornitura agli Stati più ricchi ma lasciando da parte il resto del Pianeta. L’organizzazione ha infatti segnalato difficoltà nel reperire Tocilizumab, sottolineando il costo elevato del medicinale, di cui Roche detiene il brevetto ed è quindi l’unica produttrice: a causa dell’elevata richiesta dovuta all’utilizzo contro il Covid-19, l’offerta è insufficiente rispetto alla domanda. L’azienda farmaceutica ha fatto sapere che non riuscirà a produrne abbastanza, ma ha al tempo stesso negato la possibilità che altre aziende sviluppino un medicinale generico, per soddisfare la necessità. Anche quando la proprietà intellettuale viene sospesa, questo è fatto in maniera insufficiente: il rapporto indica il caso di Merck e Pfizer, che hanno permesso la produzione di farmaci generici per le terapie antivirali da parte di alcuni Stati. Un passo importante, ma non sufficiente, si sottolinea: la misura esclude ancora una larga fetta di popolazione, di fatto obbligandola a comprare i costosi medicinali prodotti da Big Pharma.

Ancora una volta, quindi, viene rifiutata l’ipotesi di una sospensione dei TRIPs, senza offrire alcuna soluzione alternativa, accusa il rapporto. Viene invece privilegiata una stretta collaborazione con le aziende farmaceutiche -oltre a Pfizer, Merck e Roche ci sono anche AstraZeneca e GSK-, che restano in una posizione privilegiata. “L’Unione europea sembra essere ossessionata dalla protezione degli interessi commerciali e della posizione di mercato delle multinazionali” osserva Corporate europe observatory, ponendo l’urgenza per le istituzioni europee di rivedere le proprie politiche relative ai brevetti: i diritti di proprietà intellettuale non dovrebbero essere applicati per quei farmaci la cui produzione ha beneficiato di fondi pubblici, e le compagnie farmaceutiche dovrebbero essere obbligate a condividere il proprio patrimonio conoscitivo così che sia possibile una produzione adeguata di medicinali.

Un cambio di direzione è necessario perché la strategia applicata ai vaccini si è rivelata un fallimento e perché, proprio a causa della mancanza della protezione vaccinale, sono i Paesi a basso reddito ad avere maggiore necessità di accedere ai nuovi farmaci. “Questi sono fondamentali quando le persone non possono contare sulla protezione del vaccino o quando sono già esposte ad un alto rischio di infezione grave”, conclude amaramente il rapporto.

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