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Bottino di guerra – Ae 35

Numero 35, gennaio 2003Diamanti, coltan, rame, legname: le immense ricchezze della repubblica congolese sono anche la sua maledizione. Un'economia di rapina fondata sul terrore. Con la complicità dell'Occidente“Ero appena tornato dalla boscaglia dove ero andato per raccogliere un po' di…

Tratto da Altreconomia 35 — Gennaio 2003

Numero 35, gennaio 2003

Diamanti, coltan, rame, legname: le immense ricchezze della repubblica congolese sono anche la sua maledizione. Un'economia di rapina fondata sul terrore. Con la complicità dell'Occidente

“Ero appena tornato dalla boscaglia dove ero andato per raccogliere un po' di legna. Avevo ancora il carico sulle spalle pronto a depositarlo davanti casa, quando sopraggiunse una jeep piena di militari. Dallo stemma che avevano sul berretto capii che erano soldati ruandesi ed ebbi paura. Tutti noi li avevamo visti picchiare, violentare, uccidere ed ero preparato al peggio. Mi puntarono il fucile contro la schiena e mi sentii già morto. Ma invece di sparare mi gridarono di salire sulla jeep. Facemmo qualche chilometro e giungemmo ad una cava che pullulava di persone intente a picconare, a trasportare il materiale rimosso, a vagliarlo. Tutto intorno c'erano guardie armate. Mi venne mostrato un piccone e mi dissero di unirmi agli altri. A sera mi autorizzarono a tornare a casa, ma mi dissero che dovevo presentarmi tutte le mattine al lavoro, altrimenti mi avrebbero ucciso. Dal 1999 vivo così, come lavoratore forzato nelle miniere di coltan”.

A parlare è Salim, un giovane congolese dei dintorni di Kivu, una cittadina a ridosso del Rwanda. Benché il Congo sia un Paese che non conosce pace dai tempi in cui divenne colonia del Belgio, la sua situazione è precipitata nel 1994, quando venne coinvolto nel conflitto interetnico che si stava consumando in Rwanda. Da allora è diventato terra di occupazione di eserciti stranieri: quello ugandese nella parte Nord-orientale, quello ruandese nella parte Sud-orientale e quello dello Zimbabwe, dell'Angola e della Namibia nella parte meridionale comprendente il Katanga. In questo contesto il vecchio dittatore Mobutu fuggì in Marocco, dove morì nel 1997, senza rimpianti da parte di nessuno. Al suo posto era salito Joseph Kabila, un guerrigliero gradito agli eserciti occupanti. A partire dal 1999 sono state organizzate varie conferenze per riportare il Congo alla normalità e nel 2002 tutti gli eserciti occupanti si sono impegnati a ritirarsi. Ma in realtà nessuno vuole abbandonare il Congo perché nessuno vuole rinunciare alle sue ricchezze che si chiamano diamanti, coltan, germanio, rame. Per questo al di là dell'esteriorità ufficiale, il Paese rimane diviso in varie zone, ciascuna delle quali è sotto l'influenza di una diversa potenza straniera. A dirlo non sono dei giornalisti che azzardano delle ipotesi, ma una Commissione delle Nazioni Unite che ha già presentato due rapporti, l'ultimo dei quali il 16 ottobre del 2002. Per la verità il mandato assegnato alla Commissione era molto circoscritto: doveva indagare sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali del Congo, perché solo indagando sulla gestione degli affari è possibile avere un quadro esatto della situazione anche da un punto di vista politico e giuridico.

Le cose scoperte dalla Commissione vanno oltre ogni immaginazione.

Di fatto ogni esercito si prepara ad andarsene perché tutti sanno di trovarsi in una situazione insostenibile, ma prima di lasciare vogliono assicurarsi che il potere economico e politico sia saldamente nelle mani di organizzazioni che rispondono ai loro ordini. Per questo i tre eserciti stranieri oggi presenti in Congo (quello dell'Uganda, del Rwanda, e dello Zimbabwe) stanno tentando di destabilizzare le loro zone d'influenza affinché si formino delle milizie paramilitari che avvalendosi della forza delle armi tengano in pugno ogni attività economica.

Inoltre, in ogni area si sono formate delle elite mafiose, formate da ufficiali degli eserciti stranieri, milizie locali paramilitari, uomini d'affari, e politici affaristi, che gestiscono in maniera fraudolenta le risorse minerarie racchiuse nei loro territori.

Il rapporto esamina in dettaglio la situazione che si è creata in tre macroaree: quella meridionale controllata dal governo congolese in alleanza con l'esercito dello Zimbabwe, quella Sud-orientale controllata dall'esercito del Rwanda e quella Nord-orientale controllata dall'esercito dell'Uganda.!!pagebreak!!

Katanga
L'elite che si è formata nel Katanga, oltre al governo congolese e all'esercito dello Zimbabwe, comprende anche numerosi uomini d'affari legati al contrabbando e al traffico di armi. Uno di questi è il proprietario della Duba Associates, una società che si occupa dell'estrazione e della vendita di diamanti, che opera in rapporti stretti con un ucraino, tale Leonid Minim, trafficante clandestino di diamanti e di armi. Il tutto grazie ai servigi finanziari offerti da banche europee.

Un altro soggetto legato contemporaneamente ai minerali e alle armi è un cittadino belga, tale George Forrest, che oltre ad essere presidente della Gécamines, la più grande impresa mineraria del Congo che produce cobalto e rame, possiede al 100% la New Lachaussée, una società belga che produce granate, armi leggere e pezzi da cannone.

La Commissione ha le prove che tre organizzazioni criminali di origine libanese, attive nel commercio di diamanti sulla piazza di Anversa, nel 2001 hanno comprato diamanti dalla repubblica del Congo per un valore di 150 milioni di dollari. Le loro attività comprendono il contrabbando di diamanti, lo smercio di soldi falsi e il riciclaggio di denaro sporco. Del resto il rapporto racconta come le società minerarie congolesi siano gestite nella più assoluta illegalità.

Si va dalla truffa nell'assetto proprietario per nascondere la presenza del governo dello Zimbabwe, alle fatture false per consentire alle élite congolesi di devolvere parte del ricavato sui loro conti personali aperti presso banche estere, alla sottrazione di fondi per acquisti militari a favore dell'esercito dello Zimbabwe. Ogni centesimo che finisce nei rivoli dell'illegalità è un centesimo tolto alle casse dello Stato che, naturalmente, non riesce a garantire neanche i servizi elementari. Perciò non c'è da sorprendersi se il Katanga è una delle provincie del mondo con la più alta mortalità infantile e non per cause violente ma per malaria e dissenteria.

La zona controllata dal Rwanda
La seconda area esaminata dalla Commissione è quella in cui comanda la elite dominata dall'esercito del Rwanda. In questa zona i minerali principali sono ancora una volta i diamanti e il coltan, una materia prima che entra nella composizione di molti prodotti elettronici. Il rapporto informa che il 60-70 per cento di coltan esportato dal Congo è estratto in miniere che si trovano sotto il diretto controllo dell'esercito del Rwanda. Molte miniere sono fatte funzionare con lavoro forzato della gente del posto o di prigionieri deportati dal Rwanda.

Uno dei maggiori acquirenti di coltan è la Eagle Wings Resources, una filiale della multinazionale statunitense Trinitech International Inc. Eagle Wings ha uffici in Rwanda, Burundi e Congo, ed è noto che il responsabile dell'ufficio di Kigali (Rwanda) ha stretti legami con l'esercito. Circa il 25% del coltan acquistato dalla Eagle Wings viene spedito in una fabbrica di raffinazione del Kazakistan, un altro 25% finisce in Cina, mentre un 15% finisce in Germania negli stabilimenti della H.C. Starck, una filiale della Bayer. Starck nega di aver comprato coltan proveniente dall'Africa centrale dopo l'agosto del 2001, ma la Commissione ha documenti che dimostrano il contrario.

Per questo Bayer è finita nella lista nera delle imprese che non rispettano il codice etico delle multinazionali, messo a punto dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).

Nell'ambito dei diamanti l'esercito ruandese non ha un coinvolgimento diretto nella produzione, ma si è assicurato che tutto il commercio passi attraverso suoi uomini di fiducia che fanno dichiarazioni false sul reale traffico dei diamanti affinché le tasse pagate dai commercianti non finiscano nelle casse dello Stato ma nelle tasche dei militari.

Una gran quantità di diamanti è venduta all'estero attraverso circuiti criminali e per fare perdere le tracce, i proventi sono riciclati attraverso l'acquisto, sul mercato di Dubai, di zucchero, sapone, vestiti, medicine da rivendere in Congo.

Incredibile ma vero, su tali prodotti vengono applicati prezzi al ribasso e non per fare un piacere alla gente, ma per l'esatto contrario. Secondo il rapporto, ciò fa parte di un piano premeditato per danneggiare l'economia locale in modo da renderla dipendente dalle importazioni estere, nella certezza che il primo beneficiario sarà il Rwanda.

Come esempio di distruzione dell'attività economica locale si cita la Kisangani Sotexki, una fabbrica di abbigliamento che da quando deve competere con vestiti importati a prezzi stracciati da Dubai, ha ridotto il suo personale da 2 mila a 100 dipendenti.

In questo gioco ci ha rimesso perfino la potente multinazionale Unilever che ha dovuto chiudere il suo impianto per la produzione di olio di palma.

Questo sabotaggio strisciante dell'economia locale associato alle deportazioni di massa, ai furti a danno delle casse pubbliche stanno gettando la popolazione in uno stato di crescente povertà e ancora una volta sono i bambini a fornirci i dati più drammatici.

Nella zona attorno a Kivu la malnutrizione colpisce il 30% dei bambini sotto i cinque anni.!!pagebreak!!

Il ruolo dell'Uganda
La terza elite, quella controllata dall'esercito ugandese, si contraddistingue per il contrabbando e per l'estorsione che non ruota solo attorno al coltan e ai diamanti ma anche al legname e al bestiame. Ad esempio ai macellai è stato imposto di consegnare le pelli di tutti gli animali macellati per portarle a Kampala (capitale dell'Uganda) e venderle alla multinazionale di scarpe Bata. Varie società ugandesi trasportano oltre confine ogni genere di prodotti ottenuti con metodi di rapina. A fare il lavoro sporco spesso sono le milizie locali, ma dopo arriva l'esercito ugandese che al danno aggiunge la beffa. La Fao ha descritto vari casi in cui l'esercito ugandese ha offerto protezione contro furti orchestrati da lui stesso.

L'esercito ugandese sembra particolarmente bravo nel creare un clima di rivalità che spinge i vari gruppi etnici ad armarsi per resistere agli attacchi e a vendicare gli sgarbi. Ad esempio ha addestrato la milizia dell'etnia Hema al saccheggio, il che ha indotto ogni villaggio a dotarsi della propria squadra armata. Il proliferare delle milizie spiega in parte anche il fenomeno dei bambini soldato. Rimasti orfani e abbandonati, dall'infuriare della guerra, si arruolano nelle milizie per avere la possibilità di spadroneggiare e quindi procurarsi da vivere.

Ad esempio i bambini arruolati nell'Esercito patriota del Congo non sono pagati ma ricevono una divisa, un fucile e dei proiettili con i quali possono intimidire e ricattare il loro prossimo. Alla fine la violenza regna sovrana con bambini uccisi, adulti aggrediti, donne violentate, case distrutte e qualsiasi altra struttura demolita. Sullo sfondo lo spettro dell'Aids trasmesso dagli stupri.

No all'embargo, sì al boicottaggio
La Commissione non si è limitata a condurre un'indagine conoscitiva, ma ha anche formulato delle proposte per far cessare questo stato di violenza organizzata. Mentre ha escluso l'ipotesi dell'embargo, che farebbe pagare un prezzo ingiusto ad una popolazione già stremata, il suo suggerimento principale è che bisogna colpire le imprese.

Per questo ha contattato tutti i Paesi che a vario titolo hanno un ruolo nella commercializzazioni dei prodotti provenienti dal Congo, chiedendo che adottino misure punitive nei confronti delle imprese che ricadono sotto la loro giurisdizione. Ma dei 38 Stati interpellati alcuni non hanno risposto affatto, mentre gli altri si sono trincerati dietro i cavilli legali e mille altre scuse.

Cronologia
1994 Più di un milione di profughi ruandesi scampati al genocidio si spostano verso il Congo (allora ancora Zaire).

1996 I ribelli tutsi, avversi al governo di Mobutu, occupano la regione del Kivu, nello Zaire orientale. La guerra è guidata dal Laurent Desiré Kabila, sostenuto dai governi di Rwanda a Uganda.

1997 I ribelli tutsi occupano la capitale Kinshasa. Il Paese viene ribattezzato Repubblica democrfatica del Congo (Rdc) e Kabila ne diventa il presidente.

1999 Rdc, Zimbabwe, Namibia, Angola, Rwanda and Uganda, i sei che “presidiano” il territorio congolese con i propri eserciti, firmano a Lusaka, in Zambia, un accordo per il cessate il fuoco.

2000 Le Nazioni Unite intervengono, inviando oltre 5.500 uomini per monitorare il rispetto degli accordi di pace, ma continuano gli scontri tra la forze di Rwanda e Uganda e tra i ribelli e il governo.

gennaio 2001 Kabila viene assassinato da una guardia del corpo. Il suo posto è preso dal figlio Joseph.

febbraio 2001 I governi di Rwanda, Uganda e i ribelli sottoscrivono il programma dell'Onu per il ritiro delle truppe dai territori controllati in Congo.

aprile-settemebre 2002 Vengono firmati tre diversi accordi di pace tra la Repubblica democratica del Congo e i governi di Uganda e Rwanda oltre che con i ribelli sostenuti dall'Uganda per il ritiro dei soldati.

dicembre 2002 Viene firmato un “accordo globale e inclusivo”, che dovrebbe definire il nuovo volto territoriale e politico del Paese, con un unico governo che raggruppa le diverse forze coinvolte nel conflitto. La presidenza in particolare, resta a Joseph Kabila, assistito da quattro vice-presidenti che rappresentano il governo centrale, i due princiapli gruppi di ribelli e l'opposizione non armata.!!pagebreak!!

Non è per sempre
Ormai la conosciamo, il vero costo dei diamanti. Non si valuta in carati, ma con le armi che il commercio illecito di pietre preziose permette di acquistare. E con i morti e i feriti di guerre troppo spesso dimenticate, come quella nella Repubblica Democratica del Congo. Ma qualcosa si è mosso. Il processo di Kimberley (la lunga trattativa tra rappresentanti del mercato dei diamanti, dei governi e delle ong) si è concluso e il sistema di certificazione sulla provenienza delle pietre sembra ormai al via definitivo. Dal primo gennaio 2003, almeno in teoria, possono essere comprati e venduti solo diamanti il cui commercio sia stato monitorato e riconosciuto slegato al finanziamento di conflitti. I Paesi che non rispetteranno l'accordo potrebbero essere sospesi e le loro esportazioni di diamanti vietate. Un evento significativo per la campagna “Il vero costo dei diamanti”, animata da Amnesty International e sostenuta in Italia dalla ong ManiTese, da Azione Aiuto, da Greenpeace, da Legambiente e dal Wwf (vedi Altreconomia numero 27).

Coltan, non solo cellulari
Il sangue del Congo ce lo portiamo in tasca. Il coltan, uno dei minerali che alimenta il conflitto nel Paese africano, viene utilizzato per costruire apparecchiature elettroniche, tra cui i cellulari. E proprio grazie al boom della telefonia mobile il suo prezzo è andato alle stelle, aumentando del 600% in pochi anni. Il coltan è un minerale metallico formato da colombite e tantalite (da qui il nome) e si presenta come una polvere nera. Leggermente radioattivo, dal coltan di estrae il tantalio, metallo molto duro che sopporta carichi elettrici elevati. Per questo viene usato per la realizzazione di condensatori di piccole dimensioni che trovano impiego nei telefoni cellulari, nei computer e videogiochi ma viene usato anche nel settore aerospaziale e per la produzione di armi nucleari.

L'80% delle riserve di coltan mondiali si trova in Africa e la maggior parte di queste in Congo. Qui le miniere hanno provocato anche ingenti danni ambientali devastando, secondo il Wwf, un parco nazionale e una riserva naturale. Tra le popolazioni animali più colpite quelle di elefanti e gorilla. Nel resto del mondo viene estratto da miniere in Brasile, Canada, Australia.

Un codice etico per le multinazionali. Ma non è vincolante
Diritti umani e dei lavoratori, ambiente, progresso sociale. Ecco i punti attorno a cui ruotano le “Linee guida per le imprese multinazionali” preparate dall'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e pubblicate per la prima volta nel 1976. Il documento non è vincolante a livello legale, ma i 28 Paesi che oggi lo sottoscrivono sono impegnati nel promuoverne il rispetto. Nel 2000 le “Linee guida” sono state rielaborate con cambiamenti significativi nei settori del lavoro e dell'ambiente e con l'aggiunta di nuovi capitoli sulla lotta alla corruzione e la protezione degli interessi dei consumatori.

Tra i capitoli più completi, quello sui rapporti industriali e l'impiego, che prevede tra l'altro il rispetto della libertà di associazione e della contrattazione collettiva e il rispetto di adeguati standard di impiego, in particolare per quanto riguarda la sicurezza sul posto di lavoro e la salute.

Bayer: 70 mila marchi
Nei primi nove mesi Bayer ha venduto i suoi prodotti (medicinali, ma anche prodotti per l'industria chimica, l'agricoltura e la ricerca scientifica) per qualcosa come 22 miliardi di euro. Numerosi i marchi e i prodotti: sopra tutti in quanto a fama rimane l'Aspirina, anche se in testa alle vendite c'è il Cipro, l'antibiotico divenuto famoso per il caso antrace negli Stati Uniti. Altri farmaci conosciuti sono il Lasonil, il Flector o il Glucobay. Gli insetticidi “domestici” non fanno invece più parte del catalogo: Baygon e Autan sono stati infatti venduti alla Johnson Wax (che non modificherà però i marchi).

In Italia le altre società del gruppo sono Bayer Biologicals, Deltapur, Haarman & Reimer, Makroform, Pharbenia e PolymerLatex. I cinque stabilimenti si trovano a Filago, Nera Montoro, Siena, Garbagnate Milanese e Mussolente.

Nei suoi 140 anni di storia Bayer ha accumulato 180 mila brevetti, e circa 70 mila marchi di fabbrica.

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