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Borsa Italiana, tra monopolio e mercato

A poche settimane dall’annunciata fusione tra le piazze finanziarie del London stock exchange Group e della Deutsche Boerse, i vertici di Borsa Italiana Spa (BIT) hanno auspicato "indipendenza e autonomia" per il mercato italiano. Peccato che almeno fino alla fine del gennaio 2016, come ha certificato una recente istruttoria dell’Antitrust, la società abbia sfruttato la sua “posizione dominante” per "discriminare" i concorrenti. Ecco come e perché

A metà marzo, le piazze finanziarie del “London stock exchange Group” e della “Deutsche Boerse” hanno annunciato una fusione strategica -valutata intorno a 26 miliardi di euro-, candidandosi tra le società leader in Europa per volumi di scambi effettuati nei cosiddetti mercati regolamentati.
 
Si tratta di un’operazione che riguarda da vicino anche il nostro Paese, dal momento che Borsa Italiana Spa -la società nata dalla privatizzazione dei mercati di borsa nel 1998 e da allora attiva nella gestione dei mercati nazionali e dei servizi annessi- è controllata proprio dalla London Stock Exchange Group Holdings Italia Spa (LSEG-I).
 
Intervistato ieri su Il Sole 24 Ore a proposito della fusione che interessa la controllante, l’amministratore delegato di Borsa Italia Spa, Raffaele Jerusalmi, ha espresso un desiderio: “L’importante è che il mercato italiano conservi il suo status di indipendenza e autonomia”, forte del ruolo di “facilitatore” della Borsa che lo rende “efficiente”.
 
Sulla coerenza del ragionamento di Jerusalmi pende però un grande punto interrogativo, legato a un’istruttoria che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato a metà 2015 (e recentemente chiuso senza contestare nel merito alcun abuso). Questa istruttoria riguardava proprio Borsa Italiana, che fino all’inizio del gennaio 2016 avrebbe, secondo l’Autorità, operato nel mercato attraverso “profili anticoncorrenziali”, e non certo di indipendenza o autonomia.

L’istruttoria dell’Antitrust era partita nell’aprile 2015 da un fatto: Borsa Italiana Spa -120,7 milioni di euro di fatturato nel 2014- si occupa dell’organizzazione e gestione delle piattaforme di scambio di strumenti e titoli finanziari, il cosiddetto “mercato a monte”. A “valle” agisce la gemella, controllata anch’essa da LSEG-I, BIt Market Services Spa (BIMS), al servizio degli operatori attivi nella compravendita di titoli e strumenti finanziari attraverso la fornitura di “informativa finanziaria”. Chi assicura l’ossigeno a “valle”, attraverso le informazioni finanziarie, sono proprio le piattaforme di scambio, cioè Borsa Italiana Spa (“nel 2013 circa il 97% delle obbligazioni di emittenti italiani, circa il 77% dei titoli di Stato italiani e circa il 70% dei titoli azionari italiani sono stati scambiati su piattaforme controllate da BIt”, spiega l’Antristrust). Il problema, quindi, è che il “monopolista di fatto” a monte avrebbe messo in pratica -secondo l’ipotesi iniziale dell’Antitrust- una “strategia abusiva con finalità escludente” dei concorrenti del vettore a valle, agevolandolo a danno di altri (come e-Class Spa, autore della segnalazione all’Antitrust).

 
La soluzione raggiunta a fine febbraio parrebbe un compromesso al ribasso. Borsa Italiana Spa, che ha riconosciuto le “criticità concorrenziali”, ha presentato una serie di impegni volti a sanare la sua “posizione dominante”, fonte di “discriminazione” per i concorrenti. Il primo, si legge nel testo presentato all’Autorità, prevede la cessione a “terze parti indipendenti” del ramo d’azienda di BIMS oggetto del procedimento. Il termine temporale è però coperto da un “omissis” per “sussistenti elementi di riservatezza o di segretezza”.

 
(un estratto degli impegni presentati da Borsa Italiana Spa all’Autorità garante della concorrenza e del mercato)
 
Nel frattempo, sempre secondo Borsa Italiana Spa, le due società -a monte e a valle- faranno in modo di operare “in uffici maggiormente separati”, con “loghi, marchi e nomi commerciali separati”, vincolando i dipendenti ad “adeguati accordi di riservatezza”. L’Antitrust così ha preso atto, accettato gli impegni e chiuso il procedimento. "Senza accertare l’infrazione".
 
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