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BATTISTI E LA VOGLIA…

BATTISTI E LA VOGLIA DI MANETTE Il “dibattito” su Cesare Battisti e il suo arresto in Francia (con successiva scarcerazione) dopo decenni di tranquilla permanenza all’ombra della “dottrina Mitterrand”, non è per niente entusiasmante. Soprattutto perché sotto la superficie, fatta…

BATTISTI E LA VOGLIA DI MANETTE

Il “dibattito” su Cesare Battisti e il suo arresto in Francia (con successiva scarcerazione) dopo decenni di tranquilla permanenza all’ombra della “dottrina Mitterrand”, non è per niente entusiasmante. Soprattutto perché sotto la superficie, fatta dell’indignazione di alcuni politici e intellettuali italiani verso chi in Francia ha parlato di “guerra civile italiana”, c’è un forte desiderio repressivo, secondo l’antica logica ispirata a “legge e ordine”.

La figura di Battisti è quella che è, i tribunali italiani lo hanno condannato all’ergastolo, e riesce difficile avere simpatia per il suo percorso politico. Ma non sbagliano quei francesi che si soffermano sul tempo trascorso dai fatti e sulla figura odierna del condannato. Battisti è un’altra persona, uno scrittore, perfettamente inserito nella società francese. In Italia – questo sembra evidente – non sono ancora maturi i tempi per una riflessione politico-culturale sugli anni di piombo, ma quando si leggono certi commenti e certi richiami alla necessità di infliggere la pena al “rifugiato”, si avverte un’eco sinistra. Dopo tutto Battisti, e molti altri in condizioni simili alla sua, hanno vissuto a lungo indisturbati, senza che si sentisse un grande bisogno di riportarli nelle patrie galere, dalle quali sono intanto usciti – a vario titolo – i maggiori protagonisti dei nostri anni di piombo.

Anziché inoltrarci in problematiche dispute etico-politiche sulla figura di Battisti, dovremmo forse domandarci il perché di questa foga carceraria, venuta in primo piano negli ultimi due-tre anni. Il “caso Battisti”, in questa luce, appare un sintomo, più che il male.

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