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Aviaria – Ae 67

Una vera epidemia di influenza aviaria e il timore di una possibile pandemia. Lo scenario è tutt’altro che semplice e la situazione è in continuo divenire. Il virus aviario H5N1 circola dal 1997 e da allora si è trasformato incessantemente…

Tratto da Altreconomia 67 — Dicembre 2005

Una vera epidemia di influenza aviaria e il timore di una possibile pandemia. Lo scenario è tutt’altro che semplice e la situazione è in continuo divenire.
Il virus aviario H5N1 circola dal 1997 e da allora si è trasformato incessantemente diventando capace di infettare diverse specie aviarie e, in circostanze particolari, anche l’uomo. I casi umani segnalati in Asia -dove il fenomeno ha avuto origine

in persone a stretto contatto con animali infetti- sono rimasti per ora circoscritti. L’attuale H5N1 non è quindi in grado di trasmettersi efficacemente tra le persone e  provocare una pandemia. Ma non si può escludere che questo avvenga e non siamo in grado di prevedere né quando né come.

L’intervento cruciale per difenderci da un simile evento, è impedire il passaggio del virus dagli animali all’uomo nelle situazioni di maggior  rischio: gli allevamenti avicoli. Le misure di prevenzione sono facilmente attuabili dove, come da noi, esistono servizi sanitari efficienti e diffusi. Il problema è invece tuttora insoluto in Asia, dove il rischio è amplificato dalle condizioni e dalle abitudini di vita, ma anche dall’inadeguatezza dei controlli e dell’assistenza sanitaria e dall’assenza di tutele economiche e sociali, come il risarcimento per l’eliminazione dei capi infetti.

La vaccinazione antinfluenzale delle persone a stretto contatto con animali (come allevatori, macellatori, veterinari) è senz’altro utile. Serve ad impedire il riassortimento tra il virus H5N1 e quello umano, che potrebbe dar luogo al temuto virus pandemico. Non avrebbe invece alcun effetto in tal senso, vaccinare la popolazione che non è esposta al contatto ravvicinato con animali infetti. L’incentivazione all’uso del vaccino stagionale, è stata motivata con la necessità di favorire l’attitudine delle persone a vaccinarsi, preparare i servizi a un incremento di attività e permettere all’industria un aumento graduale di produzione, in vista di un’eventuale futura pandemia.

I problemi sollevati sono reali, ma la soluzione non appare condivisibile. Andrebbero piuttosto pianificate con cura le attività per lo stato di emergenza e stabiliti accordi chiari e trasparenti con l’industria.

Il vaccino contro la pandemia non esiste ancora. Per allestirlo si dovrà prima individuare il virus in causa, che ancora non conosciamo. Quanto agli antivirali, non sembra che i prodotti attualmente disponibili rappresentino uno strumento sicuro ed efficace in caso di pandemia. Per il Tamiflu -l’antivirale di cui tutti i governi del mondo stanno facendo o tentando di fare scorte- si sono già riscontrati fenomeni di resistenza in pazienti infettati dall’H5N1 in Vietnam, e una perdita di efficacia è un fenomeno atteso nel caso di utilizzo su larga scala.

Senza contare che la sicurezza di questo farmaco è ora al vaglio delle Agenzie di controllo degli Usa (Fda) ed europea (Emea) per la segnalazione di sintomi molto gravi dopo la somministrazione.

Appare perciò semplicistica e sproporzionata l’enfasi posta finora sulla vaccinazione e sugli antivirali. Per contenere un’eventuale pandemia, sarebbe caso mai necessario mettere in atto un piano di emergenza internazionale che garantisca l’isolamento delle persone infettate e un’assistenza sanitaria straordinaria.

La conseguenza di tante informazioni distorte, è stata la corsa ad accaparrarsi gli antivirali e una domanda esorbitante di vaccino contro l’influenza stagionale.

Un affare colossale per l’industria del farmaco.

 

Luisella Grandori

Medico pediatra, milanese di nascita ma modenese d’adozione, fa parte del direttivo dell’Associazone culturale pediatri (Acp) per la quale svolge il ruolo di esperto sul tema vaccinazioni. Negli ultimi anni infatti si dedica quasi esclusivamente alla prevenzione delle malattie infettive. Insegna tra l’altro nella Scuola di specializzazione in Pediatria dell’Università di Modena.

È coordinatrice di
www.nograziepagoio.it,

gruppo informale di medici, pediatri, ginecologi, epidemiologi, farmacisti, direttori di distretto, ricercatori, psicologi, infermieri, ostetriche… che vogliono patti chiari con l’industria farmaceutica.

A costo di pagare loro.

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