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Autostrade dalle uova d’oro – Ae 35

Numero 35, gennaio 2003Traffico cresciuto del 40 per cento. Le autostrade in Italia rendono più di ogni altra cosa. E oggi sono in mano, come gli Autogrill, ai Benetton. Che pensano di farne centri commerciali e, forse, cinemaTra un casello…

Tratto da Altreconomia 35 — Gennaio 2003

Numero 35, gennaio 2003

Traffico cresciuto del 40 per cento. Le autostrade in Italia rendono più di ogni altra cosa. E oggi sono in mano, come gli Autogrill, ai Benetton. Che pensano di farne centri commerciali e, forse, cinema

Tra un casello e l'altro i paesaggi da osservare sono due. Uno sembra più monotono: è quello che sta sotto le ruote, una ragnatela di 6.500 chilometri di asfalto sui quali, oltre alla vostra automobile, corrono in media 50 mila altri veicoli, 24 ore su 24, ogni giorno. Insieme ad affari per miliardi di euro. Ma l'universo delle autostrade italiane non è rettilineo. Piuttosto, è ricco di incroci: tra interessi nazionali e privati, servizio pubblico e mercato.

Un caleidoscopio cui il grigio della strada non rende merito. L'incrocio che si profila all'orizzonte è complesso e pieno di svincoli. Da una parte c'è un traffico che in dieci anni è cresciuto quasi del 40% (in un Paese dove la popolazione non aumenta, se mai invecchia). Ormai si parla di 73 miliardi di chilometri percorsi ogni anno, su e giù per lo Stivale, da automobili e mezzi pesanti (sempre più preferiti ai treni per il trasporto delle merci). Dall'altra c'è la politica, che promette nuove autostrade, dopo un digiuno durato un quarto di secolo, per venire incontro proprio a quel traffico. Col problema non indifferente di trovare risorse per costruirle, le autostrade, che nella migliore delle ipotesi costano 10 milioni di euro a chilometro (ma se si parla di tunnel, tracciati arditi e strutture varie quel valore lo si moltiplica anche per quattro). Poi ci sono i privati -e un nome su tutti, la famiglia Benetton-, e una nuova idea di sistema autostradale che da servizio vuole sempre più diventare luogo di consumo.

A guardarlo bene, quindi, questo paesaggio non è così monotono. Prima caratteristica: oggi il sistema è quasi del tutto affidato a società private (anche se alcune con ampie partecipazioni statali o di enti locali), che hanno in concessione la gestione delle arterie stradali.

In cambio pagano allo Stato un canone annuo: corrisponde all'1% del pedaggio che riscuotono. Quasi 5.600 chilometri (sui 6.500 totali) dipendono da 25 società diverse. Il resto lo gestisce direttamente (senza far pagare al casello) lo Stato attraverso l'Anas, Ente nazionale per le strade: è il caso ad esempio della Salerno-Reggio Calabria, o del Grande raccordo anulare che gira attorno a Roma.

I privati concessionari delle autostrade si raggruppano in Aiscat (Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori, che aderisce a Confindustria). Molte società, ma un leader indiscusso: la Società Autostrade spa, fino al 1999 (anno della privatizzazione) di proprietà dello Stato (anzi, dell'ormai defunto Iri) prima del passaggio alla cordata di privati (capeggiati saldamente dalla famiglia Benetton) che oggi col 30% delle azioni controlla la società dalle uova d'oro.

Autostrade ha sotto la sua responsabilità oltre 2.800 chilometri, ma ne gestisce altri 271 attraverso il controllo di sei (su venticinque) società concessionarie (tra queste, la società del traforo del Monte Bianco). Quindi quasi la metà dell'intera rete italiana. Autostrade spa è un colosso che vale sul mercato finanziario 11 miliardi di euro e ne fattura 2, registrando il miglior rapporto ricavi-utili tra tutte le società italiane. Che tradotto vuol dire che nel 2001 era più conveniente investire in autostrade che in petrolio, o in energia. Tanto conveniente da convincere i Benetton a imbarcarsi nel tentativo di comprare il restante 70% della società, attraverso un'Offerta pubblica di acquisto (Opa) di azioni per un valore di 9 miliardi di euro, una delle maggiori operazioni finanziarie della storia italiana. Per quegli utili record, certo, ma anche per mettersi al riparo da una possibile “scalata” di concorrenti alla guida della società (evento tutt'altro che remoto, visti gli interessi di una decina di imprenditori della provincia di Brescia e dei vertici dell'autostrada Brescia-Padova).

La seconda caratteristica è che quello delle autostrade è un mondo che proprio in questi mesi si rimette in movimento. Quantitativamente: il governo è intenzionato a potenziare la rete con la costruzione di nuove autostrade e ampliamenti per almeno 700 chilometri (che corrisponde a un più 11% rispetto all'esistente). Un provvedimento del 1975, annullato nel 2000, impediva la nascita di nuovi tratti autostradali, ammettendo solo migliorie (come la costruzione di terze corsie), o completamenti di progetti già approvati. La novità porterà a grossi investimenti (solo per i 32 chilometri del passante di Mestre è prevista una spesa di 750 milioni di euro) e il problema immediato di trovare i fondi necessari. Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha stanziato i primi finanziamenti, altri soldi verranno da cartolarizzazioni (la vendita degli immobili di proprietà dello Stato) e condoni. Ma la novità sta nel partenariato con i privati, attraverso il ricorso ai capitali e all'iniziativa del settore privato anche nella costruzione delle infrastrutture. Un meccanismo che si chiama project financing e che punta tutto sui futuri guadagni dei progetti finanziati.

L'evoluzione del sistema autostrada è però anche qualitativa. Alle decine di migliaia di veicoli tra auto e camion che le percorrono in lungo e in largo, le autostrade promettono di offrire più servizi, più comodità e, soprattutto, più possibilità di spendere, con stazioni di servizio che somiglieranno sempre più a centri commerciali on the road. I pedaggi infatti (nel 2001 le concessionarie hanno incassato in tutto 3 miliardi di euro) in futuro non saranno il cuore economico delle autostrade. Il futuro sono aree di servizio ampie fino a sei ettari, con strutture da 3 mila metri quadri coperti dentro ai quali troveremo, oltre ai consueti ristoranti, supermercati veri e propri, sale giochi, edicole, farmacie. E più avanti forse anche i cinema. Ed ecco che rispunta il nome Benetton. La famiglia, più conosciuta per i maglioni e le foto di Oliviero Toscani che per gli interessi stradali, è anche a capo di Autogrill, società che ha in concessione ben il 72% delle aree di sosta della rete autostradale. Una multinazionale della ristorazione su strada con tre miliardi di euro di fatturato e 41 mila dipendenti, in 15 Paesi nel mondo. Non si fatica molto a scorgere un conflitto di interessi, visto che è proprio la società Autostrade a rilasciare le concessioni in un mercato in cui Autogrill è quasi monopolista. Per questo motivo l'Antitrust, a metà dicembre, ha multato per 16 milioni di euro i Benetton, rei di non aver “agevolato” la regolare concorrenza nel settore.

Chissà se avrà effetto: a conti fatti quella multa corrisponde allo 0,3% del fatturato di Edizione Holding, la società attraverso la quale i Benetton controllano Autostrade e Autogrill.!!pagebreak!!

50 mila veicoli e 415 stazioni di servizio
La rete autostradale italiana si estende per poco meno di 6.500 chilometri. La maggior parte delle arterie, come si desume nella cartina, è concentrata nel Nord del Paese. La principale autostrada è la A1 Milano Napoli, lunga 803 chilometri, 432 dei quali a tre corsie. Al secondo posto la Bologna-Bari-Taranto (A14), che si dirama per 781 chilometri.

La Società Autostrade (che fa capo a Benetton) ha in concessione 2.854 chilometri, cui ne vanno aggiunti altri 271 gestiti da società controllate. Il resto è diviso tra le altre 23 società concessionarie e l'Anas (ente nazionale delle strade), che controlla direttamente quasi 900 chilometri. Sulle autostrade Anas non si paga il pedaggio, sulle altre l'Aiscat (l'associazione di categoria che raggruppa le concessionarie autostradali) conta 458 caselli. Dei 50 mila veicoli teorici medi giornalieri, 11 mila sono mezzi pesanti. Camion e auto articolati percorrono in un anno qualcosa come 17 miliardi di chilometri lungo la rete autostradale. A disposizione hanno 415 stazioni di servizio.

Ma i nuovi progetti sono solo sulla carta
Tutto sta a trovare i soldi. Di chilometri in asfalto, tra nuove autostrade e prolungamenti vari, ne sono in programma 700. Per ora di certo si parla dei 32 chilometri del passante di Mestre, che collegherà l'autostrada A4 con la A27.

I cantieri dovrebbero aprire nel 2004 per chiudersi dopo quattro anni e 750 milioni di euro di spese.

L'anno decisivo dovrebbe essere proprio il 2003: nei prossimi mesi si capirà quali sono i progetti da realizzare e con quali finanziamenti. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) ha individuato una serie di infrastrutture autostradali “di preminente interesse nazionale”, per le quali prevede un costo di oltre 22 miliardi di euro. La disponibilità per ora è solo di poco più di 3 miliardi.

Il progetto più ampio rimangono i 200 chilometri della nuova arteria Civitavecchia-Livorno, poi ci sono la Pedemontana Lombarda, 82 chilometri tra Milano e il Valico del Gaggiolo, i 75 chilometri che completeranno la Siracusa-Gela e gli altrettanti che collegheranno Asti e Cuneo (controllati direttamente dall'Anas).

Tra farmacie e sale giochi: passeremo il nostro tempo in autostrada
Senza mezzi termini, la Società Autostrade precisa: “Incrementeremo la permanenza media dei visitatori nelle aree di servizio e la spesa pro capite, attraverso l'offerta di una più ampia e competitiva gamma di prodotti capaci di soddisfare le aspettative di tutti i segmenti di clientela”.

Linguaggio da marketing, ma le parole chiave sono “travel retail”, la logica del “commercio in viaggio”. Una logica ad hoc per l'universo autostradale, sempre più capace di “catturare” il cliente con la possibilità di fare acquisti e di divertirsi. Dove? Nei “Terminal shopping mall”, gallerie commerciali a pochi metri dalla carreggiata. Strutture enormi, servizi di ogni tipo (dalle farmacie alle sale giochi): fare il pieno sarà solo l'ultima delle spese cui dedicarsi.

Per vedere tutto questo dovremo aspettare almeno il 2004. Entro dicembre 2003, infatti, scadrà l'85% delle concessioni per le società di ristorazione che operano sul tracciato della Società Autostrade. Il rinnovo degli affidamenti sarà l'occasione per rivoluzionare l'intera politica delle aree di sosta, a partire dal loro ampliamento. Se ne ipotizzano di tre tipi: grandi (fino a 6 ettari di superficie, e 3 mila metri quadri coperti), medie (anche 5 ettari per 2.500 mq di strutture) e piccole. E all'interno offerte commerciali specifiche, che terranno conto sia territorio di riferimento che della tipologia di clienti (siano camionisti o normali viaggiatori).

E se le autostrade diventassero veri e propri luoghi di villeggiatura, invece che il mezzo per raggiungerli?!!pagebreak!!

L'impero Benetton
Solo maglioni? Non scherziamo
La vera passione dei Benetton sono le scatole cinesi. Solo questo spiega come i quattro fratelli siano riusciti, dal loro quartier generale di Villa Minnelli a Ponzano Veneto, a crearsi un impero da 5 miliardi di euro di fatturato e 50 mila dipendenti in giro per il mondo. Scatole cinesi vuol dire partire da un capitale relativamente piccolo (651 milioni di euro) e, a forza di comprare azioni, controllare un gigante come Autostrade, che di milioni ne vale 11 mila e oltre. Una specie di domino: il cuore si chiama Edizione Holding, che i Benetton controllano attraverso Ragione s.a.p.a. (società in accomandita per azioni) intestata a Gilberto, il secondogenito e mente dell'azienda. Edizione ha il 60% di Schemaventotto, che con il 30% è il socio di maggioranza di Autostrade spa. E il gioco è fatto.

Ma le autostrade sono solo una parte degli interessi della famiglia trevigiana. Maglioni e abbigliamento, certo, ma anche ristorazione, telecomunicazioni, aeroporti, stazioni ferroviarie, immobiliari e agricoltura, banche di investimenti, società sportive. Edizione controlla Autogrill, che ha il 100% del colosso della ristorazione americana Hms Host. Ha il 20% di Olimpia spa, attraverso la quale controlla il 28% di Olivetti; possiede il 12% di Grandi Stazioni spa (la società che si occupa della gestione delle stazioni ferroviarie italiane), e il 24% di Sagat, che gestisce l'aeroporto di Torino. In Patagonia i terreni dei Benetton si estendono per 900 mila ettari, ma anche fuori Roma 3 mila ettari sono di proprietà dei quattro fratelli. E che dire degli hotel a Venezia, o delle mire verso la Tirrenia, la compagnia di navigazione pubblica in via di privatizzazione?

Oltre all'amicizia con Marco Tronchetti Provera (oltre all'affare comune di Olimpia, Edizione ha il 5% della Pirelli e Gilberto è vice presidente della Telecom), i Benetton sono in affari anche con la Fininvest, alla quale hanno ceduto una quota (il 10%) della società finanziaria “21 Investimenti”, senza contare l'avventura (finita male) del gestore di telefonia mobile Blu.

Schemaventotto comanda
La definiscono un'Opa “totalitaria”. In effetti, comprarsi il 70% di una società in un colpo solo non è da tutti, specie se già si possiede il 30. L'annuncio ufficiale è arrivato il primo di novembre: Schemaventotto, principale azionista di Autostrade spa, proverà a comprare tutte le altre azioni (attraverso un'offerta pubblica) al prezzo di 9,5 euro l'una. Un'operazione da 9 miliardi di euro, che saranno prestati da Mediobanca e Unicredito. Un'operazione voluta dai Benetton (Edizione, la holding della famiglia, ha il 60% di Schemaventotto) per assicurarsi il controllo di Autostrade e mettersi al riparo dai concorrenti. Sembra infatti che un gruppo di industriali del bresciano e la Confederazione delle concessionarie autostradali del Nord voglia mettere le mani sul principale attore della rete italiana. Della Confederazione fanno parte l'autostrada Brescia-Padova, che guida la cordata, AutoBrennero, Autovie Venete, Autostrade centro padane, l'autostrada Padova-Venezia, la Torino-Piacenza e AutoCisa. Sommate gestiscono circa 1.200 chilometri di rete: insieme agli oltre 3 mila chilometri di Autostrade spa avrebbero quasi un monopolio.

Oltre che dai Benetton, Schemaventotto è composta da altri cinque azionisti: la Fondazione Cassa di risparmio di Torino con circa il 13 %, Autopistas concesionaria española (Acesa) con il 12%, le Generali con poco meno del 7% e altrettanto Unicredito italiano, e infine i portoghesi di Brisa (autostrade portoghesi) con lo 0,5%.

!!pagebreak!!

Note:
Opa: Si “lancia” un'Opa quando si vuole recuperare in un sol colpo un gran numero di azioni di una certa società, acquistandole da soggetti differenti. È obbligatoria se rivolta a più di 200 persone o per un ammontare superiore ai 40 mila euro. Sul corretto svolgimento di un'Opa vigila la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa). su

Project Financing: Non più prestare soldi (e chiedere interessi), ma investire in progetti in base al valore che avranno una volta terminati. È il nuovo rapporto tra politica e privati, ai quali il governo chiede finanziamenti (di cui è a corto) in cambio dell'ingresso nel profittevole mondo delle opere pubbliche. su

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