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Attentato di Macerata: “quasi” terrorismo?

Un libro ricostruisce le reazioni mediatiche alla violenza di Luca Traini nel febbraio 2018. A imporsi fu la visione del suprematismo bianco. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci

Tratto da Altreconomia 237 — Maggio 2021
La manifestazione antifascista organizzata a Macerata dopo l'attentato di Luca Traini © Csa Sisma

Impossibile dimenticare la giornata del 3 febbraio 2018. Luca Traini, ventottenne simpatizzante dell’estrema destra e candidato locale della Lega, spara dalla sua auto a un gruppo di persone di pelle nera nel centro di Macerata. Restano feriti Wilson Kofi, Omar Fadera, Jennifer Odion, Gideon Azeke, Mahmadou Toure, Festus Omagbon. Impossibile dimenticare anche la bolla mediatica e il dibattito politico dei giorni successivi, concentrati sugli effetti dell’immigrazione, sull’esasperazione della cittadinanza e sul precedente omicidio di Pamela Mastropietro, diciannovenne uccisa da un cittadino nigeriano, Innocent Oseghale.

Un gruppo di studiosi, coordinati da Marcello Maneri e Fabio Quassoli, ha studiato il caso attraverso media e social media, arrivando a conclusioni anch’esse da tenere a mente. La prima “lezione” è contenuta nel titolo del volume collettivo frutto della ricerca: “Un attentato ‘quasi terroristico’” (Carocci). Quasi perché il tentativo fatto a caldo con due tweet da Roberto Saviano di caratterizzare “i fatti per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista”, fu neutralizzato dall’azione congiunta di quotidiani, tv e leader politici di tutti o quasi tutti gli schieramenti.

A prevalere fu il consolidato nesso immigrazione-sicurezza con uno spettacolare spostamento dell’asse cognitivo. Impressiona, sotto questo profilo, l’analisi del discorso sviluppato dai due maggiori quotidiani del Paese e dai telegiornali più seguiti: “La struttura razzista e razzializzante delle rappresentazioni […] è ampiamente trasversale”, osservano i ricercatori che hanno curato questa parte del rapporto (Annalisa Prisina e Andrea Pogliano). Seconda “lezione”: l’attentato di Macerata ha messo a nudo la chiave di lettura prevalente, ovvero la dinamica noi/loro, imperniata sulla linea del colore e con chiare venature razziste e colonialiste. Non si esagera a definire l’episodio, per il comportamento tenuto da media e classe politica, come un esempio di suprematismo bianco. Ne è una riprova, tra molte altre cose, il trattamento riservato alle vittime dell’attentato, rimaste per quattro giorni in ospedale senza che un’autorità locale o nazionale le visitasse, quasi mai nominate per nome e delle quali ci si premura di riportare lo status anagrafico-normativo come “immigrati regolari”, in una paradossale “giustificazione” del loro ruolo nella vicenda.

2: i cittadini senegalesi -Samb Modou e Diop Mor- uccisi il 13 dicembre 2011 a Firenze dal militante di estrema destra Gianluca Casseri, morto suicida. Furono feriti gravemente Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbengue Cheikh

Terza “lezione”: lo sviluppo mediatico descritto dimostra sia la debolezza del movimento antirazzista, incapace di far crescere nel Paese una lettura “à la Saviano”, sia la perdurante prevalenza del punto di vista dei media mainstream e dei leader politici, nonostante il ruolo assunto negli ultimi anni dai social media.

La nozione di terrorismo, fanno notare i curatori del libro, ha un “elevato potere performativo”: genera cioè coesione nella comunità, stimola rituali di riparazione collettiva, spinge a ribadire la sacralità dei valori posti a fondamento della convivenza. Nel caso di Macerata è mancata tale definizione e l’atto di Traini non è stato considerato un attentato alla nostra Costituzione -che è antirazzista e antifascista- perché in Italia continua a dominare il “paradigma della bianchezza”; le vittime nere non sono considerate parte del “noi” e quindi la scena è occupata dall’attentatore, oggetto di ogni attenzione e semmai definito un “deviante”, un “folle”, al punto che quando viene intervistato si omette ogni approfondimento sulle sue idee e sulla sua formazione politica. Sangue e suolo: di questa ideologia è ancora pervasa la nostra scena pubblica.

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”

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