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Diritti / Attualità

Diritto d’asilo, Salvini chiede una stretta alla “protezione umanitaria”

Una circolare del ministero dell’Interno invita le commissioni territoriali a operare nel “più assoluto rigore e scrupolosità” al fine di ridurre la concessione di questi permessi. La replica degli avvocati: se applicato, questo provvedimento porterà ulteriore irregolarità e sfruttamento

Lo aveva annunciato lo scorso 21 giugno e ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini è passato dalle parole ai fatti. Con una circolare emessa il 4 luglio avente per oggetto “Il riconoscimento della protezione internazionale e la tutela umanitaria” il titolare del Viminale chiede alle commissioni territoriali per il riconoscimento del diritto di asilo un giro di vite sulla concessione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari. Una forma di protezione che viene concessa ai migranti che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità, ad esempio a causa di una malattia fisica o mentale, per le violenze e le torture subite in Libia, alle neo-mamme. In alcuni casi viene anche concesso ai richiedenti asilo che hanno un buon percorso di inserimento lavorativo e sociale.

Nel 2017 sono stati concessi 20.166 permessi di soggiorno per motivi umanitari (pari al 25% del totale delle domande presentate) a fronte del 18.979 del 2016 (il 21% del totale) censiti dal ministero dell’Interno. Nei primi cinque mesi del 2018, invece i permessi di soggiorno per motivi umanitari sono stati 11.306, pari a circa il 28% del totale dei casi esaminati. Il ministero dell’Interno invita quindi le commissioni territoriali a operare nel “più assoluto rigore e scrupolosità” al fine di garantire una funzione che si presenta “essenziale nel più ampio contesto di gestione del fenomeno migratorio, a salvaguardia degli interessi primari della collettività oltre che dei diritti dei richiedenti”.

“Il fatto che il ministro dell’Interno scriva al presidente della Commissione nazionale per il diritto d’asilo e ai presidenti delle commissioni è molto grave. Sebbene le commissioni non siano autorità indipendenti, non sono subordinate al ministero dell’Interno, che non ha nessuna competenza per entrare nel merito della protezione internazionale e non può dire a chi spetta il diritto d’asilo e a chi no”, spiega Livio Neri, avvocato del foro di Milano. Un parere condiviso da Guido Savio, avvocato del foro di Torino, secondo cui questa circolare rappresenta “un tentativo di condizionare l’indipendenza e l’autonomia delle commissioni territoriali”. Già oggi, infatti, le commissioni territoriali per la valutazione del diritto d’asilo sono formate da due membri che fanno riferimento al Viminale (un viceprefetto nel ruolo di presidente della commissione e un esponente della Polizia di stato) assieme a un rappresentante dell’ente territoriale e uno dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. “In caso di parità nella votazione il voto del presidente vale doppio -spiega Savio-. Già oggi le commissioni sono sbilanciate nelle loro valutazioni, con questa circolare che orienta ulteriormente la valutazione, la loro indipendenza diminuisce ulteriormente”.

La circolare del ministro dell’Interno, inoltre, stigmatizza come l’uso della protezione umanitaria abbia “di fatto, legittimato la presenza sul territorio nazionale di richiedenti asilo non aventi i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale il cui numero, nel tempo, si è sempre più ampliato, anche per effetto di una copiosa giurisprudenza che ha orientato l’attività valutativa delle Commissioni”. Persone che, nella lettura data dalla circolare “permangono sul territorio con difficoltà di inserimento e con consequenziali  problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza”.

“Semmai è vero il contrario -risponde ancora l’avvocato Savio-. Chi non ha un permesso di soggiorno può essere un pericolo per l’ordine pubblico. Inoltre, chi è irregolare non ha alcun modo per accedere al mercato del lavoro legale. Se ci sarà una stretta sulla concessione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari ci saranno migliaia di persone alla mercé di sfruttatori sia nell’ambito del lavoro nero, sia per quanto riguarda le economie criminali”.

L’istituto della protezione umanitaria (introdotto nel 1998 dalla legge “Turco-Napolitano” e successivamente confluito nel Testo Unico Immigrazione, articolo 5 comma 6) è stato previsto dal legislatore con l’obiettivo di dare tutela a quelle situazioni “che non trovano compiuta corrispondenza in quelle astratte previste dal Testo Unico dell’Immigrazione”, come si legge in una scheda curata da Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione). “La tutela umanitaria è stata introdotta come norma ‘aperta’ che dà ampia flssibilità nella sua applicazione. Il testo unico esclude che ci possa essere un elenco fisso di motivi, proprio perché questo dispositivo vuole tutelare i diritti fondamentali previsti dalla nostra Costituzione oppure derivanti da obblighi internazionali che l’Italia si è assunta”, l’avvocato Nazzarena Zorzella, avvocato del foro di Bologna.

Un ulteriore preoccupazione viene poi dal fatto che la circolare ministeriale si ponga come primo obiettivo “la riduzione dei tempi per l’esame delle istanze”. Riducendo così il tempo che la commissione impiega per la valutazione del singolo caso di richiesta di protezione internazionale. “Già oggi l’indicazione data alle commissioni è quella di esaurire l’audizione del richiedente e la decisione entro un’ora, un tempo assolutamente inadeguato per ascoltare ed esplorare le ragioni per cui una persona chiede protezione internazionale”, aggiunge Zorzella. “Questo significa anche che le commissioni avranno ancora meno tempo per analizzare le fonti di informazione sui Paesi di origine -spiega ancora Zorzella- che possono essere report di agenzie umanitarie e organismi internazionali, organizzazioni non governative, studi universitari oppure reportage giornalistici. In queste condizioni, la valutazione sarà fatta in maniera stereotipata”.

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