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Arcoiris, la tv che non c’era – Ae 77

La televisione indipendente via Internet più famosa del momento costa 400 mila euro l’anno. Pagati da Logos, società di traduzioni on line: 80 dipendenti e 3 mila collaboratori in giro per il mondo. Pregi e difetti della web tv A…

Tratto da Altreconomia 77 — Novembre 2006

La televisione indipendente via Internet più famosa del momento costa 400 mila euro l’anno. Pagati da Logos, società di traduzioni on line: 80 dipendenti e 3 mila collaboratori in giro per il mondo. Pregi e difetti della web tv


A che serve una web tv? È la domanda più banale, ma anche la più difficile che si possa fare a chi si occupa di comunicazione. Rodrigo Vergara, che una web tv -Arcoiris- l’ha fondata tre anni fa, risponde che serve a offrire “uno strumento d’azione alla società civile”. E aggiunge che una tv così, che viaggia su Internet (e sul satellite), che non ha palinsesto né pubblicità e al momento nemmeno una vera redazione, è una forma di autodifesa rispetto a un sistema televisivo “che ormai è contro lepersone, contro la loro intelligenza”. Diciamo subito che Arcoiris ha ben poco a che vedere con Rai, Mediaset o con le innumerevoli emittenti locali sparse per l’Italia. Somiglia semmai a You Tube, il femoneno Internet del momento: un magazzino on line di materiali video così frequentato che i padroni di Google hanno pagato 1,3 miliardi di dollari per acquistarlo. You Tube è nata nel 2005, Arcoiris due anni prima: il progetto, quasi un sogno, era di creare una tv di qualità, alternativa al duopolio Rai-Mediaset e assolutamente indipendente. Il sito di Arcoiris (www.arcoiris.tv) è un grande contenitore di filmati: a fine ottobre 2006 erano oltre 5.400. Chiunque può inviare un video, con la certezza che sarà reso disponibile a tutti, purché non abbia contenuti razzistici, pornografici e non faccia apologia del fascismo. Arcoiris non ha dipendenti, manca quindi una redazione in grado di produrre programmi originali, c’è però una rete di collaboratori sparsi per l’Italia dotati di telecamere (una cinquantina, soprattutto al Nord) che riforniscono il sito con interviste, riprese integrali di convegni ed eventi pubblici.  “Il nostro obiettivo -spiega Vergara- è dare voce a chi è escluso dai media ufficiali, come avvenne con la Marcia Perugia-Assisi del 2003. Vogliamo offrire uno spazio a chi ha delle idee. Non abbiamo preclusioni politiche, ma è chiaro che i più propositivi sono gruppi e singoli che hanno l’ansia di cambiare il mondo…” Perciò Arcoiris può essere considerata la web tv della sinistra “movimentista”, per quanto non manchino riprese di concerti,  spettacoli teatrali e perfino vecchi film non più coperti da copyright (comprese alcune vecchie pellicole hollywoodiane con sottotitoli in inglese, italiano, francese). Al suo terzo anno di vita Arcoris può essere raccontata attraverso le cifre.

Nel 2005 il sito ha avuto tre milioni 145 mila “visitatori diversi”, con una media di 262 mila al mese. Nel 2006 la media mensile è attorno ai 400 mila.

La mole dei video scaricati è cresciuta sensibilmente: l’anno scorso la “banda usata” è stata 16.224 GB, quest’anno, alla fine di ottobre, siamo già a 33.400 gigabyte, più del doppio. La newsletter quotidiana, con l’indicazione delle novità, è inviata a 50 mila indirizzi e-mail. Rispetto agli utenti delle tv ufficiali, che si misurano in milioni, è ben poca cosa, ma l’espansione di contatti e di materiali è promettente.

Dall’inizio del 2006 la tv è anche sul satellite, con tre ore di programmazione. Il palinsesto è assolutamente autogestito: sono gli utenti a votare tramite un pulsante i video preferiti. Sul satellite (e in streaming sul sito) vengono trasmessi anche i programmi di Telesur, la tv pubblica sudamericana con base a Caracas. Questo legame col Sudamerica è strettamente legato alla figura di Vergara. Rodrigo è cileno e arrivò in Italia nel 1974, a 21 anni, come profugo politico. All’epoca del golpe di Pinochet, nel settembre 1973, apparteneva alla sinistra extraparlamentare: era il presidente degli studenti di agraria nella città di Chillan. Con l’avvento dei militari fu costretto a nascondersi, finché non si trasferì a Santiago e trovò riparo nell’ambasciata italiana. “Scavalcai il muro, che era alto due metri. Ora l’hanno alzato, è circa cinque metri. Non si salta più”. Arrivato in Italia, fu accolto subito in Emilia. Ora vive a Modena. “Ho fatto tutti i lavori: operaio in una porcilaia, camionista, lavapiatti. Ho imparato più che all’università”. La svolta per Rodrigo arrivò una volta acquisita dimestichezza con l’italiano. Cominciò a fare traduzioni in spagnolo, finché nel 1979 nacque Logos, la società di traduzioni di cui è fondatore e titolare. Logos oggi è un gruppo che  fattura trenta milioni, con ottanta dipendenti e oltre tremila collaboratori (traduttori professionali) sparsi per il mondo. Logos deve la sua fortuna al fatto d’avere intuito prima di tutti il ruolo di Internet e il valore del lavoro in rete. Un po’ come è avvenuto per Arcoiris, che non potrebbe esistere senza Internet. E nemmeno senza Logos, che paga pressoché per intero tutti i costi. Arcoiris é un’emanazione della Fondazione Logos, che fa parte dell’omonimo gruppo. La web tv, per quanto sia spartana, costa 400 mila euro l’anno: 100 mila se ne vanno solo per l’occupazione della “banda”, altri 260 mila per il satellite. Sono soldi di Logos, quindi di Rodrigo. “Io oggi sono un capitalista -dice di sé- ma sono anche socialista. Arcoiris per me è una forma d’impegno civile”. La dipendenza da Logos è un limite evidente per Arcoiris. Le risorse economiche sono legate alle disponibilità della casa madre e potrebbero ridursi o anche cessare all’improvviso. La tv oggi avrebbe  bisogno d’investire su se stessa, per creare una redazione e magari una rete di collaboratori professionali, da aggiungere ai volontari. Ci vorrebbero più risorse e un’autonomia economica autentica. Rodrigo e i suoi compagni d’avventura (Arcoiris è una srl con un cda di cinque persone, inclusi lo stesso Rodrigo e il figlio Marcos) puntano sull’antica quanto impervia prospettiva della proprietà diffusa. Vorrebbero trovare diecimila persone disposte a finanziare con 50 euro all’anno la “loro” tv. Fra settembre e ottobre 2006 solo una ventina di persone hanno versato un contributo: d’altronde la “campagna” di adesioni è stata finora fin troppo sobria, quasi clandestina. Per ora Arcoiris va avanti così, coi soldi di Logos, i filmati inviati dai mediattivisti e i suoi 23-24 mila visitatori al giorno. Poi si vedrà.





Quel che si vede

Casi controversi, documentari indipendenti, notizie censurate: sono questi i video preferiti dagli utenti di Arcoiris. Nella graduatora dei filmati più scaricati, svetta il  “caso 11 settembre”, nato per le reticenze dei poteri pubblici e dei maggiori media.

Il video in assoluto più visto su Arcoiris è “11 settembre, quattro anni dopo”, scaricato oltre 360 mila volte. Ai primi posti troviamo anche un video sulla “battaglia di Falluja” in Iraq, preclusa perfino ai giornalisti embedded. Fra i video italiani più scaricati alcune performance di Sabina Guzzanti, censurata dalla Rai, e un’importante intervista del 1989 a Paolo Borsellino. Fra i materiali più recenti, il video sul pestaggio notturno degli attivisti anti Tav a Venaus, e il documentario-denuncia sull’uccisione di Federico Aldrovandi, il diciottenne morto nel settembre 2005 dopo essere stato fermato e pestato a Ferrara da una pattuglia della polizia di Stato.



Liberiamo l’archivio Rai

La battaglia di Arcoris per la libera circolazione dei saperi si muove anche in direzione di “mamma Rai”. Da qualche mese è stato lanciato un appello per rendere disponibili e gratuiti su Internet i materiali d’archivio della televisione di Stato. Si tratta di un patrimonio immenso che secondo i promotori dell’appello dovrebbe essere accessibile ai cittadini

in modo gratuito, sull’esempio di quanto si fa in altri Paesi. L’archivio Rai è in larga parte inutilizzato, salvo i “prodotti” che le Teche Rai e RaiClick decidono via via di mettere sul mercato, ovviamente a pagamento e secondo criteri di selezione che sfuggono a qualsiasi controllo. Ma è giusto che una tv pubblica gestisca così, cioè come farebbe un qualsiasi imprenditore privato, la memoria storica–almeno in campo audiovisivo– di tutto il Paese? Il dibattito è aperto. Le firme raccolte finora sono 28 mila.



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