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Aquarius: parla il fondatore di Sos Méditerranée Italia

Dieci giorni dopo il salvataggio di 629 persone in mare, la nave umanitaria sbarcata a Valencia è ancora affiancata dalle imbarcazioni italiane. Tornerà a salvare naufraghi nonostante l’assedio. “Ci sentiamo come dei criminali innocenti”, spiega Antonio Romano

“La nostra nave Aquarius è a Valencia, per ora. Non è sequestrata però le due imbarcazioni italiane le sono ancora a fianco, quasi a tenerla sotto controllo. Ci sentiamo come dei criminali innocenti”. Antonio Romano, medico, è socio fondatore di Sos Méditerranée Italia, l’organizzazione umanitaria indipendente che opera nel mar Mediterraneo per il salvataggio dei migranti in pericolo di vita. Ha seguito da Palermo i drammatici sviluppi seguiti al salvataggio di 629 naufraghi del 10 giugno scorso, tenendosi in contatto gli altri membri del network in Germania, Francia e Svizzera.

“Gli ultimi dieci giorni sono stati un vortice di contatti tra noi soci fondatori italiani e il direttivo, ma anche con i tedeschi, francesi e gli svizzeri. Abbiamo cercato di capirci qualcosa, come sarebbero cioè evolute le cose”, racconta.

A che cosa avete assistito dal 10 giugno in avanti?
AR Dal momento del salvataggio, i contatti con la Guardia costiera centrale di Roma, che come noto coordina sempre tutti nei loro movimenti di soccorso e indica i porti da raggiungere, hanno conosciuto un’evoluzione disordinata. A parte i ricorrenti ostacoli alle missioni, abbiamo intuito che ci sarebbero stati grandissimi e prolungati disagi per chi era sulla nave.

Il ministro dell’Interno ha messo in dubbio le difficoltà dell’Aquarius, un’imbarcazione di 77 metri che può arrivare ad ospitare fino a 750 persone, 550 in condizioni ordinarie.
AR Come tutte le navi di soccorso, la nostra, che è la più grossa, ha la possibilità di tenere a bordo in termini di rifornimenti e qualità dell’accoglienza per un lasso di tempo di 48 ore. Quindi vedere prolungare i tempi significa vedere esaurire le scorte che servono ad accogliere decentemente le persone a bordo.

Che cosa è successo dopo i contatti italiani con Malta?
AR Dalla Aquarius, con cui eravamo in contatto costante, ci arrivavano continuamente appelli per cercare di spingere perché si risolvesse il problema. Ad un certo punto è arrivata l’indicazione che dopo i contatti con Malta non ci sarebbe stata nessuna soluzione vicina o prossima e che la nave sarebbe dovuta andare “verso Nord”, cioè senza una meta sicura. Un’indicazione che -voglio ricordare- è durata 48 ore. Poi è arrivato l’invito della Spagna e l’affiancamento della nostra nave da parte di una nave della Guardia costiera e una della Marina militare italiana. Quel gesto ci ha dato la sensazione di essere in stato d’assedio. Eravamo controllati e venivamo riforniti per la sola sopravvivenza. Sono fiero che la città di Palermo abbia offerto l’ospitalità a tutti i passeggeri della nave, seguita poi da altre due città italiane, però in quel momento abbiamo capito che erano gesti dimostrativi di solidarietà perché si era in presenza di un ordine superiore (da parte del Viminale) di non sbarcare in Italia.

Dopodiché è giunta la proposta della Spagna.
AR Quando è arrivata la proposta del governo spagnolo per lo sbarco a Valencia ci siamo resi conto che i passeggeri dell’Aquarius e l’equipaggio avrebbero avuto dinanzi a loro tre giorni di navigazione, che al di là della questione umanitaria è uno spreco ingiustificato di risorse. Peraltro già sapevamo che ci sarebbe stato cattivo tempo e che il maestrale ci avrebbe portato a navigare a Oriente della Sardegna per ripararci dal vento e dalle onde, scenario che puntualmente si è verificato. E quindi abbiamo impiegato cinque giorni per arrivare a Valencia.

Chi avete trovato?
AR C’è stata una convergenza di sostenitori non necessariamente legata alle nostre missioni che è stata inimmaginabile. E sottolineo la presenza di 700 giornalisti da tutto il mondo, per un’esposizione mediatica del nostro Paese che è arrivata capillarmente in tantissimi Paesi dell’Europa e non solo. Ed è questo ciò che abbiamo direi “patito”: veder esporre il nostro Paese in maniera così violenta. Negoziare è giusto e indispensabile, per carità, ma minacciare ha un altro significato nel gergo politico. E credo che così sia stato percepito dall’Europa, che ha naturalmente i suoi problemi.

Quale preoccupazione rimane?
AR Che sia stata innescata una discussione che non produrrà altro che una serie di dichiarazioni o prese di posizioni . Sono sicuro che i trattati non verranno modificati in maniera sostanziale e che Grecia, Italia e Spagna continueranno ad essere lasciate sole. Ma quello che temo di più è che i Paesi dell’Unione europea vorranno dimostrare che non hanno timori delle minacce di un Paese fragile come l’Italia, specialmente quando si parlerà di economia. Un boomerang per il nostro Paese.

Sos Méditerranée continuerà a operare nel Mediterraneo?
AR Certamente. La nostra missione, soccorrere le persone in mare, documentare e diffondere, è quella per cui veniamo sostenuti da migliaia di persone. Continueremo a farlo. Non lasciamo il Mediterraneo. Personalmente qui a Palermo ho visto delle dimostrazioni -anche da parte di associazioni riunite- molto numerose e molto frequentate e che si ripetono e ripeteranno. Ci sono programmi di fare delle riunioni settimanali sull’argomento e così via. C’è fermento e preoccupazione. Quello che è fastidioso è che gli aspetti negativi di questa vicenda siano su tutti i giornali del mondo. È possibile che l’Italia debba lasciare sempre un segno negativo?

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