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Diritti / Opinioni

L’antimafia possibile nella Carta di Milano

© Matteo Raimondi on Unsplash

Il documento formulato al termine degli Stati generali della lotta alle mafie compie un anno. Ma il suo contenuto è ancora attuale

Tratto da Altreconomia 209 — Novembre 2018

È stata approvata un anno fa ma ancora in pochi la conoscono. Eppure la Carta di Milano, il documento presentato al termine degli Stati generali della lotta alle mafie promossi dall’ex ministro della giustizia, Andrea Orlando, costituisce un documento molto importante per la predisposizione di politiche preventive e repressive contro le mafie e la corruzione. Frutto di un lavoro durato un anno, articolato in 16 tavoli tematici, coordinati da un comitato scientifico di personalità autorevoli e indipendenti, 224 persone tra esperti, magistrati, avvocati, docenti universitari, rappresentanti di associazioni -tra cui Avviso Pubblico- giornalisti e sindacalisti hanno discusso, ragionato e cercato di formulare proposte concrete e credibili per affrontare una serie di questioni, tra cui i rapporti tra mafia e politica, mafia economia e finanza, mafia e ambiente, mafia e corruzione, mafia e religione, mafia e informazione, agromafie, mafia e minori, mafia formazione e scuola.

La Carta invita a parlare di “mafie al plurale”. Sono soggetti che operano sempre di più come imprese, in grado di agire glocalmente -si pensi alla ‘ndrangheta ormai diffusa in tutto il globo, ma il cui quartier generale risiede sempre in Calabria- che per raggiungere la ricchezza e il potere corrompono con sempre maggiore frequenza ed esercitano la violenza solo come extrema ratio.

A detta dei redattori del documento, lo Stato deve caratterizzarsi come innovatore, intelligente e strategico, deve essere capace di favorire la partecipazione alle decisioni sugli investimenti pubblici più importanti e saper valorizzare al meglio il capitale umano disponibile. L’attenzione non può limitarsi all’Italia, ma deve proiettarsi sullo scenario internazionale perché ormai i mafiosi operano a livello mondiale in modo sistemico ed organizzato. Ecco perché è importante che l’Italia, Paese delle mafie ma anche dell’antimafia, Paese che ha un sistema di leggi e di apparati oggetto di studio a livello internazionale, deve continuare a battersi perché sia costituita una Procura antimafia e antiterrorismo europea.

Migliorare l’apparato investigativo-repressivo è fondamentale ma non basta. Nella Carta di Milano si sottolinea con particolare forza che per sconfiggere mafie e corruzione serve una nuova e diffusa iniziativa culturale e sociale, capace di andare oltre la generica affermazione della “cultura della legalità”. Occorre, invece, diffondere buone pratiche istituzionali e sociali, attivare percorsi formativi, richiamare al senso di responsabilità gli ordini professionali e le associazioni di rappresentanza degli interessi.

224: è il numero di persone tra esperti, magistrati, avvocati, docenti universitari, rappresentanti di associazioni, giornalisti e sindacalisti che hanno lavorato ai tavoli tematici da cui è nata la Carta di Milano

Come si possono sconfiggere le mafie nel XXI secolo? Nella Carta si legge: “Le mafie si battono non costruendo uno stato penale, ma ricostruendo uno stato sociale”. È necessario lavorare sulle relazioni, sulla fiducia, sulla reciproca solidarietà, garantendo i diritti e, al contempo, richiamando all’assolvimento dei propri doveri. Insomma, dobbiamo essere tutti più responsabili e impegnarci per sottrarre consenso sociale ai criminali e ai corrotti.

Un’antimafia 2.0 necessita di una corretta ed aggiornata conoscenza dei fenomeni. Per questo, è scritto nella Carta, serve una stampa libera e responsabile, trasparenza nelle decisioni pubbliche, partecipazione diffusa, una politica credibile e responsabile.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”.

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