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“Resisteremo come mio padre Chico”. Intervista ad Angela Mendes

Intervista ad Angela Mendes, leader dell’Alleanza dei popoli delle foreste e figlia dell’attivista assassinato: “L’emergenza sanitaria sta mostrando con maggiore chiarezza come i popoli della foresta amazzonica siano sempre più tagliati fuori dalle politiche governative”

Tratto da Altreconomia 230 — Ottobre 2020
Angela Mendes, leader dell’Alleanza dei popoli delle foreste. Suo padre Chico, sindacalista e ambientalista, è stato assassinato per la sua lotta in difesa della foresta amazzonica e delle tribù che la abitano il 22 dicembre 1988

In Amazzonia, la combinazione tra “la stagione del fuoco” -il periodo, da luglio a ottobre, in cui chi disbosca illegalmente approfitta delle scarse piogge per appiccare incendi dolosi nella foresta- e la pandemia di Covid-19, rappresenta una minaccia senza precedenti per le popolazioni locali. I danni polmonari provocati dal fumo degli incendi, che arriva a oscurare il cielo fino alla costa Atlantica e nel 2019 ha colpito 4,5 milioni di persone provocando migliaia di ospedalizzazioni, sommati alle patologie tipiche del virus stanno portando le strutture sanitarie brasiliane al collasso. Nelle zone più remote della foresta, le amache sono state trasformate in barelle, i centri comunitari in ambulatori di primo soccorso, le barche in ambulanze che raccolgono contagiati spesso già compromessi nella lunga attesa. Per aiutare le popolazioni più in difficoltà, la “Alleanza dei popoli delle foreste” ha lanciato una campagna pubblica. Ce ne parla Angela Mendes, leader dell’Alleanza e figlia di Chico, il martire più celebre della lotta per la difesa della foresta amazzonica e delle sue genti.

Angela, come si sta affrontando la pandemia in Amazzonia?
AM L’emergenza sanitaria sta mostrando con maggiore chiarezza come i popoli della foresta amazzonica siano sempre più tagliati fuori dalle politiche governative. Gli estrattivisti che vivono all’interno delle riserve hanno meno visibilità mediatica ma si trovano nelle stesse condizioni degli indigeni, lontani giorni di viaggio dagli ospedali attrezzati per fronteggiare la pandemia. Non solo vengono abbandonati a sé stessi, ma il governo Bolsonaro sta anche minando la loro economia: da mesi lo Stato non corrisponde i sussidi e gli incentivi previsti per le produzioni estrattiviste (noce brasiliana, gomma naturale, frutta, erbe medicinali, oli essenziali e così via, ndr). In questo modo vuole indebolire le comunità che vivono nelle riserve e costringerle ad abbandonare i propri territori, favorendone l’invasione e l’appropriazione da parte di commercianti di legname, allevatori di bestiame e coltivatori di soia.

4,5 milioni, le persone colpite nel 2019 dal fumo degli incendi dolosi appiccati nella foresta amazzonica brasiliana

Al momento quali sono i progetti del governo Bolsonaro più pericolosi per l’Amazzonia?
AM Il Parlamento federale lavora al progetto di legge (PL) 2633/2020 per la regolarizzazione fondiaria delle terre occupate illegalmente. In Brasile è meglio noto come il progetto delle “grillagem”, le frodi fondiarie: si vorrebbe consentire a chi ha occupato un terreno in modo abusivo di registrarne il titolo di proprietà con una semplice autodichiarazione al catasto locale.
A livello di singoli Stati, in Acre con il PL 6024/2019 il governo sta cercando di ridurre l’estensione della Resex Chico Mendes e declassare il Parco nazionale della Serra do Divisor ad “area di protezione ambientale”, una categoria che consente addirittura l’estrazione e la commercializzazione di sabbia e terra. Nello Stato del Parà, il PL 313/2020 propone di autorizzare l’allevamento di bovini su ampia scala all’interno della più grande riserva estrattivista del Brasile, la Resex Verde para Sempre.

Bolsonaro continua però a sostenere di essere il primo difensore dell’Amazzonia e a vantare i presunti successi del nuovo Consiglio amazzonico e dell’operazione militare “Verde Brasile” affidati al generale Hamilton Mourao, il vice-presidente.
AM Il Consiglio amazzonico è un organo che rappresenta soltanto il governo federale. Al suo interno non ci sono né i governatori dei singoli Stati brasiliani, né tanto meno la società civile. Nonostante le grandi risorse pubbliche investite, le due operazioni “Verde Brasile” non hanno avuto alcuna efficacia. Le persone arrestate per reati ambientali sono fuori di galera il giorno successivo, libere di ricominciare a compiere gli stessi crimini. Nel frattempo, il governo Bolsonaro continua a indebolire organismi pubblici come Funai (la Fondazione nazionale degli indigeni, esautorata dalle sue principali responsabilità: la demarcazione delle riserve e il potere di bloccare le grandi opere -impianti idroelettrici, autostrade e così via- che mettono a rischio le popolazioni native, ndr), Ibama e le altre agenzie di contrasto alla deforestazione illegale, in modo da facilitare la vita dei criminali che vogliono depredare l’Amazzonia. Le multe e gli altri provvedimenti contro i crimini ambientali sono i più bassi degli ultimi 24 anni.

Come pensate di contrastare questa pericolosa deriva?
AM Stiamo rilanciando nuove forme di empates, la tecnica non-violenta utilizzata negli anni Settanta e Ottanta da mio padre e dai suoi compagni di lotta, che si riunivano nei luoghi fisici del disboscamento per dialogare con i lavoratori mandati ad abbattere la foresta con le motoseghe e convincerli a ritirarsi. Sono passati 50 anni e oggi abbiamo a disposizione altre forme di fare empates, che utilizzino gli strumenti tecnologici moderni per esercitare pressione sulle istituzioni nazionali e internazionali. In occasione dei 30 anni della Resex CM, con una manifestazione di protesta alla Camera dei deputati federali a Brasilia, abbiamo chiesto di bloccare i progetti di legge che minacciano le riserve indigene ed estrattiviste. Al Parlamento europeo, lavoriamo invece per boicottare il nuovo accordo commerciale con il Brasile e gli altri Paesi del Mercosur, che avrà un impatto cruciale sul futuro delle foreste brasiliane.

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