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Salute / Inchiesta

Anche il Veneto ha un problema con i medici di base. I dati che smontano il “modello”

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Negli ultimi cinque anni nella Regione si è registrato un calo di 351 medici di medicina generale, ovvero l’11%, che si devono far carico di un elevato numero di pazienti, più di 1.500 cittadini assistibili per professionista. Una situazione “emergenziale” per una categoria già anziana. Tra una scarsa programmazione della formazione e i ritardi nell’apertura delle case di comunità, l’assistenza territoriale diventa sempre meno capillare. La nostra inchiesta

L’assistenza sanitaria territoriale in Veneto si trova in grande difficoltà e sta diventando sempre meno diffusa sul territorio, in una Regione che cinque anni fa è stata tra le più colpite dalla pandemia Covid-19 e che viene spesso definita come una “eccellenza sanitaria”.

Tra il 2019 e il 2024 il numero dei medici di medicina generale (Mmg) è diminuito infatti di 351 unità, passando dai 3.094 professionisti presenti prima della pandemia ai 2.743 del 2024, un calo dell’11% che ha di conseguenza aumentato il rapporto tra cittadini assistibili e medici, cresciuto dai 1.381 pazienti per ogni dottore del 2019 ai 1.550 del 2024, uno dei rapporti più elevati a livello nazionale.

Anche per quanto riguarda i pediatri di libera scelta (Pls) è stata registrata una diminuzione in ogni distretto, passati nello stesso periodo da 549 a 489.

È quello che emerge dai dati forniti ad Altreconomia dalle nove Unità locali socio sanitarie (Ulss) presenti in Veneto tramite un’istanza di accesso civico generalizzato inviata nell’aprile 2025.

“La categoria lavora in una situazione quasi emergenziale, secondo le proiezioni tra pensionamenti e mancati ingressi la carenza di medici ‘di famiglia’ durerà per almeno sette otto anni” spiega Giuseppe Palmisano, segretario regionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). “Stando alle stime elaborate a marzo dalle nostre segreterie provinciali, considerando i ‘medici di base’ e quelli di continuità assistenziale, nella Regione ci sono quasi 1.200 zone carenti, ovvero parti del territorio in cui il personale non è sufficiente rispetto ai bisogni della popolazione. Spesso gli ambulatori di prossimità nelle aree periferiche sono costretti a chiudere, l’assistenza territoriale sta perdendo la sua capillarità”.

I dati forniti dalle Ulss confermano la situazione difficile che sta vivendo l’assistenza territoriale locale. Negli anni presi in considerazione il numero dei medici di medicina generale è diminuito nei nove distretti causando così un aumento del rapporto tra pazienti e medici in tutte le aziende sanitarie. Se nel 2019 questo rapporto superava la soglia di 1.500 assistibili solo nelle Ulss di Verona e Vicenza, nel 2024 sei distretti superavano questa cifra e quelli di Padova e Belluno erano poco al di sotto.

Numeri che sono distanti dalle linee guida dell’Accordo collettivo nazionale che regola la convenzione di lavoro tra i medici di medicina generale e le Aziende sanitarie locali, secondo cui il rapporto ottimale sarebbe di 1.200 assistibili per ogni medico, con un tetto massimo di 1.500. In casi di particolare necessità tuttavia il massimale può essere aumentato fino a 1.800, com’è avvenuto in Veneto, dove nel dicembre 2022 la delibera 1715 della giunta regionale ha approvato la possibilità per ogni medico su decisione volontaria di aumentare il proprio numero di pazienti fino a 1.800.

La diminuzione nei cinque anni presi in esame dei medici di medicina generale ha avuto delle importanti ripercussioni sul carico di lavoro di ogni professionista, poiché un calo dei medici presenti equivale ad un aumento dei pazienti di cui occuparsi.

Nel 2024 in Veneto 1.785 medici di medicina generale, il 65% del totale, superavano la soglia di 1.500 pazienti a testa. Un impegno di cura che grava su una categoria professionale sempre più anziana: 1.411 medici “di base” si sono laureati più di 27 anni fa, che uniti ai 260 che hanno terminato gli studi specialistici tra 21 e 27 anni fa equivale a 1.671 professionisti con più di vent’anni di anzianità lavorativa (il 60% del totale), mentre dall’altro lato sono 347 gli Mmg entrati in servizio da meno di sei anni.

La riduzione del numero di medici può lasciare molti cittadini che avrebbero diritto ad esser assistiti a rimanere senza un dottore. Nelle istanze di accesso agli atti indirizzate alle Ulss venete è stato chiesto anche il numero di cittadini assistibili a cui non risulta assegnato un Mmg, ricevendo però da tutte la stessa risposta: “Tutti gli assistibili hanno un medico, fatti salvi i casi in cui per scelta il medico non sia voluto. Qualora, in una determinata zona, non fosse temporaneamente disponibile un medico, viene garantito il servizio di continuità assistenziale diurno”.

Nonostante sia difficile ottenere numeri certi sui cittadini senza medico, nell’inchiesta di febbraio sulla sanità territoriale in Lombardia uscita su Altreconomia la direzione generale Welfare della Regione ha fornito dei dati: sono oltre 160mila i cittadini assistibili nella Regione a cui non è stato assegnato un Mmg per mancanza di personale. Una condizione che potrebbe riguardare molte persone anche in Veneto, dove, per fare un esempio recente, lo scorso marzo la consigliera regionale Chiara Luisetto ha presentato un’interrogazione evidenziando che nel solo Comune vicentino di Montecchio Maggiore su 24mila residenti più di mille si ritrovano senza “medico di base”.

La carenza di professionisti nell’assistenza territoriale ha molteplici ragioni, tra cui una programmazione che per molti anni ha limitato l’accesso al corso triennale di formazione specifica in medicina generale. Nel concorso per il quadriennio 2018/2021 il bando regionale finanziava 126 posti, per i quali si sono presentati 647 candidati. All’esito della prova, 561 partecipanti hanno preso 60 centesimi, il voto minimo per risultare idonei, mentre il punteggio dell’ultimo ammesso era di 77/100.

Lo scoppio della pandemia ha reso evidente la grave carenza di medici e la necessità di potenziare l’assistenza sanitaria di prossimità, rimasta scoperta in molte aree. Per questo motivo il ministero della Salute ha deciso nell’ottobre del 2021 di abolire il punteggio minimo per superare il concorso di medicina generale. Una decisione tardiva, visto che molti laureati avevano nel frattempo deciso di intraprendere altri corsi di specializzazione.

Stando ai dati del bando veneto per il quadriennio 2024/2027, per i 248 posti a disposizione i candidati ammessi sono stati 270. Hanno terminato la prova però solamente 146 partecipanti, tra i quali 45 hanno ottenuto un punteggio inferiore a 60, insufficiente prima della pandemia. “La pianificazione dell’accesso ai corsi di formazione è stata disastrosa, se prima esisteva una sorta d’imbuto negli ultimi anni invece non ci sono più candidati, oltre al fatto che alcuni specializzandi che vengono ammessi poi abbandonano la formazione”, commenta Giuseppe Palmisano.

Nei prossimi anni è prevista una profonda trasformazione dell’assistenza territoriale grazie all’introduzione delle Case di comunità (Cdc), un luogo di riferimento e di prossimità per la popolazione dove si può accedere all’assistenza di base garantita dai medici di medicina generale o ai servizi ambulatoriali e di diagnostica. In Veneto nel 2022 sono state finanziate grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e ai fondi regionali 95 Case di comunità.

Stando ai dati elaborati dal Sindacato pensionati italiani (Spi) della Cgil, nella Regione finora i progetti conclusi sono stati quattro, i cantieri avviati sono 57 mentre 38 strutture devono ancora essere iniziate, ed emerge che in 23 progetti c’è almeno uno step in ritardo. “Se il Veneto risulta tra le regioni con meno ritardi nella programmazione, sorge spontaneo domandarsi quale sarà il personale che andrà a lavorare all’interno delle Case, non basta costruire le strutture se poi mancano i professionisti necessari per garantire l’assistenza”, osserva Gino Ferraresso, che fa parte del Dipartimento regionale welfare della Spi Cgil. “Inoltre la legge di Bilancio del 2022 ha messo a disposizione del Veneto 241,5 milioni di euro per assumere personale destinato alla sanità territoriale, andrebbe comunque verificato quante risorse siano state effettivamente spese”.

Dal 2025 è stata introdotta in Veneto la riforma che istituisce la figura del medico del ruolo unico di assistenza primaria a cui fa riferimento una singola graduatoria regionale. Quest’ultima comprende i medici di medicina generale, quelli di continuità assistenziale e il previsto impegno di lavoro orario nelle Case di comunità. La Regione in aprile ha stilato l’elenco degli incarichi vacanti dei medici del ruolo unico di assistenza primaria nelle nove Ulss, da cui si calcola un fabbisogno di 2.092 professionisti. “In questo elenco è stato indicato un rapporto ottimale di 1.200 assistibili per ogni medico, e per quanto riguarda i medici d’assistenza primaria nelle Case di comunità è stato stimato un monte orario elevato, tenendo conto che sono ancora pochissimi i medici assunti a tempo indeterminato nelle Case- conclude Palmisano-. Un numero di medici e un carico di lavoro che attualmente non può venir soddisfatto viste le gravi carenze strutturali dell’assistenza territoriale”.

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