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Allarme carestia nel Corno d’Africa

L’appello lanciato dalla FAO all’inizio di gennaio parla chiaro: tra Somalia, Kenya, Etiopia e Gibuti le persone sull’orlo di una grave carestia sono oltre 11 milioni.

In Somalia, soprattutto nel sud del paese, vige una situazione di grave siccità tanto che la stagione delle piogge, che va sa ottobre a dicembre, non è arrivata e la maggior parte dei raccolti è andata perduta. Secondo il Programma Alimentare Mondiale (PAM) occorreranno circa 64 000 tonnellate di aiuti umanitari sino a giugno 2006 per evitare che la popolazione della Somalia muoia letteralmente di fame, ma fino ad oggi sono disponibili solo 16 700 tonnellate.

In Kenya il governo ha chiesto aiuti per circa 150 milioni di dollari necessari ad assicurare i viveri a 2,5 milioni di persone per i prossimi 6 mesi, dopo che la prolungata siccità ha portato alla perdita dei raccolti e alla decimazione del bestiame.

In Etiopia si stima che oltre un milione di persone rischiano di soffrire la fame e che saranno necessari più di 40 milioni di dollari per evitare la carestia.

Nel Corno d’Africa le carestie si susseguono periodicamente a causa della mancanza di uno sviluppo economico-sociale e di concrete politiche di gestione delle risorse. Inoltre fenomeni quali povertà, guerre, conflitti etnici, precarie condizioni di salute, mancanza d’istruzione, esplosione demografica contribuiscono e sono sostenuti dall’insicurezza alimentare, in un circolo senza uscita. Almeno fino a quando non saranno intraprese serie politiche di sviluppo.

In Etiopia, ad esempio, gli effetti della siccità avrebbero potuto essere ridotti se si fosse provveduto da tempo a costruire un sistema di irrigazione. Ciò risulta ancora più chiaro se si pensa che l’economia etiope si basa quasi totalmente sull’agricoltura e che solo l’1% delle terre è coltivato con sistemi irrigui. Il governo però non è interessato nell’incentivare le potenzialità agricole del paese e preferisce investire denaro, precisamente il 5% del Pil nazionale, in spese militari.

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