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Altre Economie

Alla scoperta dell’Africa

I batik delle donne di Weya hanno resistito anche all’isolamento. L’olio di argan protegge il viso dal tempo e il territorio dal deserto

Tratto da Altreconomia 134 — Gennaio 2012

Il villaggio di Weya si trova 170 chilometri a Sudest di Harare, capitale dello Zimbabwe. Qui la popolazione è dedita soprattutto all’agricoltura, sebbene i terreni non siano particolarmente fertili né facili da coltivare: dalla terra si ricava un po’ di mais e poco altro per soddisfare le esigenze familiari, ma spesso non basta. Tanti uomini sono partiti a cercare fortuna nella capitale. Nel villaggio sono rimaste le donne, che per sostenere la famiglia hanno bisogno di integrare il reddito vendendo i propri manufatti. Si sono organizzate e producono batik di notevole qualità artistica: il commercio equo e solidale sembra la via migliore per garantire a queste donne uno sbocco sul mercato e un introito fisso. Ma anche per il fair trade è difficile accedere a questa “Terra di nessuno”, come dice il nome stesso della montagna ai cui piedi sorge il villaggio, che in lingua Shona è chiamata “Rukore”.
Vie di trasporto impraticabili, assenza di strutture organizzate per l’esportazione di prodotti, mancanza di mezzi di comunicazione che permettano di comunicare a distanza. Sono solo alcuni dei tanti ostacoli che, nello Zimbabwe come in tanti altri Paesi africani, rendono difficile e a volte impossibile la collaborazione fra i produttori locali e le organizzazioni europee di commercio equo e solidale. La cooperativa Liberomondo (www.liberomondo.org) di Bra (Cn) conosce bene il problema, tanto che alcuni anni fa si è vista costretta a interrompere l’importazione dei prodotti dallo Zimbabwe. Per un lungo periodo infatti i viaggi in loco sono stati impossibili a causa della situazione politica e  delle concrete difficoltà a muoversi nelle zone rurali. Anche effettuare gli ordini a distanza era risultato di fatto improponibile. A Weya, però, il laboratorio di batik delle donne è rimasto attivo, ed è da qui che Liberomondo ha deciso di ripartire nel suo progetto di investimento sull’Africa. Una fitta serie di visite al villaggio ha permesso di riavviare la collaborazione e ordinare i manufatti che in queste settimane arriveranno nelle botteghe del mondo. Le donne realizzano i batik all’interno del centro di formazione professionale fondato 25 anni fa da Ilse Nov, insegnante d’arte e scrittrice tedesca: sulla stoffa raccontano scene di vita quotidiana.
Un progetto innovativo, che oggi coinvolge 75 donne e 5 uomini, e che permette loro, attraverso questa forma d’arte, di esprimersi liberamente, comunicare con persone lontane (in ogni batik una taschina racchiude un biglietto scritto dall’autrice per spiegare la propria opera avvalendosi delle lezioni di inglese che il centro stesso offre) e avere un reale mezzo di sostentamento: i prodotti vengono pagati in contanti, direttamente da Liberomondo e al momento stesso dell’ordine. La maggior parte della somma è consegnata direttamente all’artista, mentre una quota è destinata alla collettività per coprire le spese comuni del progetto. Accanto ai batik di Weya, Liberomondo ha ripreso anche l’importazione dallo Zimbabwe delle statue di Tengenenge, una comunità di trecento famiglie provenienti da vari Paesi dell’Africa australe che ha costruito la propria identità sui valori dell’arte, la multiculturalità e la vita comunitaria, un progetto innovativo di cui Ae aveva scritto diversi anni fa (sul numero 67).

Risalendo il Continente africano verso Nord si approda in Marocco.
Un contesto profondamente diverso, non per questo privo di problemi. La minaccia della desertificazione mette a rischio oltre l’87% del territorio e milioni di abitanti. In queste aree una pianta come l’Argania Spinosa risulta essere particolarmente preziosa, ma negli ultimi 40 anni circa un terzo delle foreste è sparito. La pianta, più nota come argan, ha infatti radici profonde che proteggono il suolo dall’erosione causata da vento e piogge e ha la rara caratteristica di attingere l’acqua fino a 100 piedi di profondità, rendendo il suolo fertile e generando benefici anche per le piante che la circondano. Per questo l’Unesco l’ha inserita fra le “riserve della Biosfera”, oltre 500 aree da proteggere in un centinaio di Paesi nel mondo. La custodia di questa risorsa preziosa è affidata da secoli alle donne berbere, che conoscono le proprietà cosmetiche e “anti età” dell’olio di argan e ne tramandano l’uso, per la cura del corpo e dei capelli. Oggi centinaia di donne hanno scelto di mantenere viva questa tradizione per emanciparsi attraverso il lavoro e partecipare attivamente a un’iniziativa di salvaguardia della propria terra. Ctm altromercato (www.altromercato.it) ha scelto di sostenere questo progetto e ha creato appositamente una linea di prodotti a base di olio di argan collaborando con Gie Targanine, un’organizzazione che ha sede a Marrakesh e che oggi riunisce 400 donne organizzate in 9 cooperative. L’obiettivo è fornire sostegno tecnico e uno sbocco sul mercato alle cooperative associate, investendo in infrastrutture e macchinari e offrendo corsi di formazione nella coltivazione dell’argan e nella lavorazione dell’olio. Accanto ai servizi che offrono lavoro e reddito, Gie Targanine si dedica alla realizzazione di progetti sociali collaborando con l’associazione Ibn Abaytar, con sede a Rabat, che offre a 1.800 donne delle aree rurali programmi di contrasto all’analfabetismo, educazione sanitaria, civica e ambientale. Con l’olio di argan, cosmetico acquistato da Targanine e certificato biologico da Ecocert, Altromercato realizza diversi prodotti all’interno della linea Bio Natyr, oggi disponibili nelle botteghe del mondo: l’olio di profumo, l’olio puro per viso corpo e capelli, la crema corpo, il bagno doccia, il gel olio per massaggi. —

Fair jammin’
Le spezie del Madagascar sposano la frutta di stagione del salernitano. Nascono così le nuove marmellate di Liberomondo, da gennaio disponibili in bottega in quattro varianti: confettura susine, mele e cannella; marmellata di limoni e vaniglia; marmellata di arance con cannella; confettura di mela annurca e zenzero. La lavorazione delle spezie equosolidali insieme con la frutta a km zero è realizzata a Eboli (Sa) dalla cooperativa sociale Stalker che si occupa di inserimento lavorativo di persone con disagio mentale e psichico. Un progetto innovativo -attualmente è l’unica cooperativa di inserimento lavorativo della provincia- nato nel 2006 a seguito di un lungo percorso, che prevede la gestione integrata del Piano di zona d’ambito S5 con l’Unità operativa di salute mentale B dell’Asl di Salerno e organizzazione del terzo settore. Oggi 10 persone lavorano presso la cooperativa e producono marmellate grazie a questo progetto che, oltre alla cooperativa Liberomondo, coinvolge la cooperativa Ravinala e il Consorzio “Oscar Romero” di Reggio Emilia.

Botteghe chiare
Ha aperto i battenti a Rimini, nella centrale via IV Novembre 31, la nuova bottega della cooperativa Pacha Mama, in partnership con Altromercato. È il sesto punto vendita della cooperativa.
A Riccione (Rn) -tra gli altri- ci sono  la bottega arredata in cartone e alluminio riciclato e lo spazio equosolidale aperto presso il Parco Arboreto Cicchetti (leggi Ae 129). Info: www.pachamama-rimini.org

A Magenta (Mi) la bottega della cooperativa Altrospazio si è spostata in via Milano 50: spazio più ampio con prodotti di economia carceraria, eccellenze locali a km 0 della Cascina Bullona di Pontevecchio di Magenta , bomboniere solidali della cooperativa sociale “Il Fiore”, detergenza alla spina. Altre 5 botteghe sono in provincia di Milano e a Vigevano (Pv). Info su www.altrospazio.it

La “Bottega dei Popoli” riapre a Rovato (Bs), nel cuore della Franciacorta: la nuova sede, con spazi triplicati e una ottima posizione (170 m2 in via Castello 19) sono stati inaugurati con successo con una tre giorni di eventi, musica e buffet equosolidali. Le 5 botteghe della bresciana Cooperativa Solidarietà si trovano su www.coopsolidarieta.org
 

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