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Cultura e scienza / Intervista

Alla riscoperta della geografia moderna nell’era di Google Earth

Nel 2017 la Società Geografica Italiana compie 150 anni. Nata nell’Ottocento per favorire l’esplorazione del mondo, oggi studia le connessioni ambientali, politiche e sociali della disciplina, offrendo strumenti per interpretare la complessità

Tratto da Altreconomia 193 — Maggio 2017
Una delle sale del Palazzetto Mattei in Villa Celimontana, a Roma: dal 1924 è la sede della Società Geografica Italiana, fondata a Firenze nel 1867

Atteso e sospirato, l’ammodernamento del Geoportale Nazionale -“biblioteca online” attraverso cui è possibile ottenere ogni tipo d’informazione territoriale e ambientale sul Belpaese, pcn.minambiente.it– è coinciso quest’anno con una data altrettanto storica: il 150° anniversario dalla fondazione della Società Geografica Italiana. Nata a Firenze nel 1867 con l’obiettivo di promuovere la cultura e le conoscenze geografiche, il sodalizio di ricerca raccolto attorno al Conte Giacomo Doria, primo presidente, si è via via evoluto sino a doversi confrontare con la più grande sfida odierna: Google Earth. L’occhio tecnologico che sostiene di poter cartografare l’intero pianeta, con la promessa (o la minaccia) di non lasciare più “buchi neri” sulla Terra. Operazione che, a suo modo, viene ora rilanciata dal Geoportale Nazionale grazie ai nuovi progetti di mappatura “partecipata” (secondo i principi dalla Direttiva europea “Inspire”). Inevitabili le conseguenze sul lavoro di specialisti ambientali e ricercatori geografici. Per ritrovare la bussola, Altreconomia si è confrontata col professor Filippo Bencardino, attuale presidente della Società Geografica Italiana (SGI).

Come si pone la SGI di fronte al rilancio del Geoportale Nazionale e qual è il suo contributo pubblico oggi?
FB Il nuovo Geoportale Nazionale è uno strumento utile alla difesa dell’ambiente, grazie anche alla possibilità per i cittadini di effettuare geolocalizzazioni e segnalazioni mediante computer o smartphone, ma nel nostro Paese la sensibilità verso le tematiche territoriali resta ancora troppo debole. In particolare per le politiche formative dei giovani, alla cui educazione contribuiamo soprattutto col progetto “La Nuova Geografia – Erasmus +”. In altri Stati europei ed extra-europei, gli studi geografici sono invece considerati strategici anche in relazione ai fini di difesa degli interessi nazionali. La SGI opera sotto l’egida del ministero dei Beni culturali e del turismo, come istituto culturale di rilievo nazionale e come ente di ricerca. Dal 2007 siamo a tutti gli effetti una Onlus con finalità internazionalistiche, riconosciuti dal ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, oltre che un’associazione ambientalista e un istituto accreditato presso il ministero dell’ Istruzione per la formazione e l’aggiornamento del personale docente.

Che cos’è cambiato nell’attività della SGI rispetto alle origini?
FB La Società Geografica Italiana è da sempre un punto di riferimento per la ricerca e la “dissezione” delle conoscenze: promuove la geografia nella sua applicazione alle tematiche ambientali, politiche e sociali. Nel corso degli anni ha però aggiornato i suoi interessi scientifici e culturali, affrontando le problematiche emergenti a supporto del Paese, così come delle istituzioni. Dopo la fondazione a Firenze nel 1867, si è trasferita nel 1872 a Roma e dal 1924 ha sede presso il cinquecentesco Palazzetto Mattei in Villa Celimontana, a due passi dal Colosseo. Sin dalla nascita la SGI ha organizzato e patrocinato spedizioni e viaggi di scoperta in Asia Centrale, Africa, Sud America e Regioni polari. L’attività d’esplorazione, spesso connessa alla politica coloniale italiana, venne abbandonata dopo la Seconda guerra mondiale, ponendo la Società al servizio dei ministeri degli Esteri e dell’Istruzione. Oggi, come Onlus, collaboriamo con organizzazioni internazionali di settori affini, fra cui il Centro internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali (ICCROM), la sezione dell’Unesco per lo Sviluppo sostenibile, l’Unicef, la Direzione generale per lo Sviluppo dell’Onu. Oltre a iniziative editoriali, organizziamo mostre, convegni, seminari ed escursioni scientifico-culturali. Dal 2008, ogni anno, curiamo infine l’organizzazione a Roma del “Festival della letteratura di viaggio”, in calendario dal 21 al 24 settembre prossimo.

Quali sono le modalità e gli strumenti che la SGI utilizza per avvicinare alla propria attività e formare nuove generazioni di ricercatori?
FB Nel 2016 abbiamo innovato gli strumenti di comunicazione per promuovere le tante attività da noi organizzate. Innanzitutto è stato aggiornato il sito ufficiale (www.societageografica.it), quindi è avvenuto il debutto sui principali social network. Da quest’anno sono state aperte anche le “porte” alla società, proprio per richiamare tutti all’importanza del sapere geografico e ai seminari di formazione: la prima visita pubblica, a febbraio, ha coinvolto oltre 150 persone, e ogni mese è possibile prenotarsi per visitare la splendida sede di Villa Celimontana: sono in esposizione carte geografiche e materiali d’archivio, ma anche libri antichi e fotografie storiche. Disponiamo di un patrimonio di circa 400mila volumi e oltre 2mila periodici: la raccolta documentaria specializzata più importante d’Italia e una delle più cospicue in Europa. Solo nel Fondo Antico abbiamo centinaia di atlanti che vanno dal ‘400 all’Ottocento, mentre la Cartoteca conta più di 200mila carte geografiche, fra cui rarità cinesi e giapponesi del XVIII secolo. Nell’archivio fotografico, complementare a quello storico, sono presenti invece 400mila fototipi che documentano luoghi, genti e paesaggi di quasi tutte le regioni della Terra, molti per mano dei nostri grandi esploratori.

Quest’anno la SGI celebra 150 anni dalla sua fondazione. Quali sono i principali appuntamenti da segnare in calendario?
FB La ricorrenza del 150° è un’occasione per fare il punto sull’importanza della SGI nel tessuto scientifico e culturale italiano e internazionale, nonché sul ruolo che oggi le Società possono avere nel mondo globalizzato. Le iniziative in programma sono numerose: segnalo le mostre che saranno allestite a Firenze (il 9 maggio presso l’Archivio Storico) e a Roma (il 16 maggio a Palazzetto Mattei), dove un percorso fotografico, cartografico e multimediale permetterà di seguire per un mese l’evoluzione degli interessi scientifici della Società. Il 16 maggio è previsto anche il Convegno internazionale “La rete delle Società Geografiche per le nuove esplorazioni del mondo”: è un’occasione di confronto fra i diversi centri di ricerca e fra studiosi internazionali, oltre che stimolo per una maggiore integrazione, alla presenza del Presidente della Repubblica. La crescita di complessità del sapere, insieme alla sua frammentazione, impone oggi alle Società Geografiche un approccio multidisciplinare, così come un coordinamento delle loro attività per favorire la comprensione dei problemi del mondo attuale.

Il contributo storico di esploratori come Giacomo Bove, Ermanno Stradelli od Orazio Antinori, al pari di tutti i ricercatori al servizio della SGI, è stato enorme, ma l’Italia fatica ancora a riconoscerne il valore. Quali sono le ragioni di queste mancanze istituzionali e come si opererà in futuro per il rilancio di quel che un tempo era conosciuta come geografia commerciale?
FB La SGI ha svolto un ruolo rilevante nell’esplorazione del mondo nella seconda metà dell’800 e nella prima metà del ‘900. Oggi gli interessi di ricerca principali sono rivolti alle problematiche ambientali (sensibilizzando fra l’altro attraverso concorsi fotografici annuali come il nostro “Obiettivo Terra”), allo sviluppo sostenibile e al turismo, nel quale siamo impegnati anche col progetto “Future of our Past” per migliorare la capacità d’attrazione del Bacino Mediterraneo.
Ci occupiamo di politiche territoriali e geopolitica, con analisi o proposte utili a un più razionale utilizzo del territorio, ad esempio lo studio per il riordino delle province. Promuoviamo un più equilibrato rapporto tra uomo e ambiente, grazie al nostro “Centro per la biodiversità degli ambienti montani” in Etiopia, o al progetto “Havana Ecopolis” per il recupero ambientale della capitale cubana. La conoscenza del territorio e delle sue specificità resta infatti essenziale per favorire una maggiore attenzione verso il nostro Paese, anche attraverso una corretta politica di marketing volta a rafforzare l’attrazione e la competizione dell’Italia. Ne otterremo così un incremento sia del turismo, che delle nostre esportazioni.

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