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Alfano non la pianta

A Biella per aumentare la capienza del carcere sarà sacrificata la serra dove i detenuti producono piante da vivaio. Il cemento in deroga del “Piano carceri” Con il “Piano carceri”, il ministero della Giustizia chiude le porte all’inserimento lavorativo dei…

Tratto da Altreconomia 114 — Marzo 2010

A Biella per aumentare la capienza del carcere sarà sacrificata la serra dove i detenuti producono piante da vivaio. Il cemento in deroga del “Piano carceri”

Con il “Piano carceri”, il ministero della Giustizia chiude le porte all’inserimento lavorativo dei detenuti. A Biella, la nuova ala potrà ospitare 200 persone in più (per un costo stimato di 10 milioni di euro, secondo il piano di edilizia penitenziaria presentato dal commissario Franco Ionta) ma il calcestruzzo “calerà” proprio sulla serra dove i detenuti lavorano moltiplicando piante da vivaio. Un rischio che era messo in conto: Ionta -direttore del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)- lo aveva preannunciato, lo scorso anno, presentando alla stampa il piano dei nuovi padiglioni, 46, da inserire all’interno delle carceri esistenti: toccherà sacrificare il verde e gli spazi ricreativi, aveva spiegato. Fino a gennaio 2010, però, il “Piano carceri” è rimasto fermo ai box. Il nuovo anno è stato inaugurato all’insegna dell’emergenza (vedi box), e la Finanziaria 2010 ha regalato al Guardasigilli Alfano 500 milioni di euro per le carceri, presi dal Fondo infrastrutture. Obiettivo dichiarato la creazione di altri 21.709 posti negli istituti penitenziari in nuovi padiglioni e 8 nuove carceri. “A Biella i lavori sarebbero dovuti partire a fine gennaio 2010, ma per ora hanno fatto solo i carotaggi”. Alfredo Sunder è un agronomo, e da vent’anni lavora con i detenuti biellesi, coordinando i progetti di vivaistica e l’orto biologico: “I tecnici che hanno effettuato i sopralluoghi hanno fatto uno schizzo del nuovo padiglione. Sarà proprio sopra la nostra serra”. Un impianto professionale: 8 metri per 30 in vetro-ferro, con bancali mobili, una barra mobile per l’irrigazione e un telo coibente per risparmiare sul riscaldamento. “Abbiamo ricevuto un finanziamento di 90 milioni. Un’impresa ha montato la struttura portante, poi hanno fatto tutto i detenuti: i pavimenti, i bancali, l’impianto elettrico”. Quando venne costruita, alla fine degli anni Novanta, i corsi di orticoltura e vivaistica andavano avanti già da una decina di anni. “Dal 1998 avevamo iniziato a moltiplicare piante nei ‘tunnel freddi’ -racconta Sunder-, e Comuni e vivaisti le ritiravano”. Una scommessa vinta, sostenuta tra gli altri dalla Fondazione Cassa di risparmio di Biella, dall’associazione “Ricominciare” e della cooperativa agricola Aurora: “I detenuti scendevano regolarmente. Partecipavano ai corsi anche 20 o 25 per volta, passando ogni giorno 5 ore all’aperto. Abbiamo iniziato a produrre piante tappezzanti, per aiuole e crisantemi, che i Comuni acquistavano per i cimiteri -spiega ancora Sunder-. Le fatture erano intestate alla cooperativa Aurora, che scalava l’Iva. Il resto veniva ripartito tra i detenuti”. In inverno l’attività è ferma, ma ripartirà a inizio marzo: “Utilizzerò la serra, ma solo in parte e per far lezione”. Sunder è deluso: a ottobre 2009 ha scritto una lettera alla direzione del carcere, chiedendo di poter spostare la serra all’interno dei terreni della cooperativa Aurora, che si occupa proprio dell’inserimento lavorativo di ex detenuti (vedi Ae 112). Il legame è forte: “Dal ‘90, almeno un centinaio di ex detenuti o persone in regime di semi-libertà sono stati assunti in cooperativa” spiega l’agronomo. La risposta negativa non è arrivata attraverso canali ufficiali, ma tramite un educatore del carcere: “La direzione dice che si attiverà, ma per me è difficile vedere un progetto così andare in malora”. Sunder è amareggiato, anche se con le difficoltà convive da anni: “Fino al 2002, l’amministrazione penitenziaria credeva nel progetto; ma poi è iniziata una girandola di direttori. Intanto, è ‘crollato’ il numero delle guardie carcerarie”. Senza agenti, i detenuti non possono scendere in giardino. E le piante han bisogno di cure continue.   

Carceri, avanti piano
Lo “stato di emergenza” nelle carceri italiane durerà fino al 31 dicembre 2010. Un decreto emanato il 13 gennaio dal presidente del Consiglio, su proposta del Guardasigilli Angelino Alfano, “considerata la situazione di grave criticità conseguente al sovrappopolamento del sistema carcerario nazionale”. Nel testo, il premier non spende parola sul problema dei suicidi in carcere (72 nel 2009 secondo, un record secondo l’associazione Antigone), ma ravvisa “la necessità di procedere, in termini di somma urgenza all’immediato invio di interventi volti alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie e l’aumento della capienza di quelle esistenti”.
Un “Piano carceri” che in sostanza è solo una colata di cemento (vedi Ae 108). Un emendamento al decreto legge 195/2009, consente poi al commissario straordinario per l’emergenza, lo stesso direttore del Dap Franco Ionta, di operare in deroga ai regolamenti urbanistici: “Il provvedimento di localizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere e costituisce decreto di occupazione d’urgenza delle aree individuate”. Intanto il Gurdasigilli informa Camera e Senato che ha avanzato in sede europea un’altra idea per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, “determinato anche dalla massiccia presenza di detenuti stranieri”: secondo Alfano, l’Ue dovrebbe stanziare fondi per trasferire i detenuti nei loro Paesi d’origine.           
 

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