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Ambiente / Attualità

Agro romano: tra i palazzoni e le discariche, i cittadini si mobilitano

Reportage da Fonte Laurentina, estrema periferia meridionale di Roma. Qui, tra i mega edifici costruiti agli inizi degli anni Duemila e gli antichi tesori dimenticati, sono in corso iniziative dal basso contro i livelli crescenti di inquinamento

Tratto da Altreconomia 224 — Marzo 2020
La protesta dei cittadini contro le discariche nella periferia di Roma coinvolge anche i bambini, che hanno disseminato il quartiere di Fonte Laurentina di pupazzi. © Luca Manes

Fonte Laurentina è uno dei nuovi quartieri sorti negli ultimi decenni nell’agro romano, la campagna di Roma. Si trova nell’estrema periferia meridionale della città, oltre il Grande raccordo anulare, in un’area dove un tempo la domenica si facevano le gite fuori porta. Bisognerebbe distinguere tra agro romano “antico” e “moderno”, spiega Maurizio Romano di Casali della Memoria, associazione che svolge attività di inclusione sociale “tra i palazzoni della periferia”. “Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si bonificò l’area dal cappellaccio, uno strato di suolo di origine vulcanica che impediva la coltivazione”. Da quel momento i terreni che appartenevano ai Torlonia furono affittati a mezzadri che alla stessa antica casata della nobiltà romana “giravano” il 50 per cento delle loro entrate.

La famiglia di Romano vive nell’area dal 1932, il bisnonno era uno degli affittuari. I casali dei quali si sta tentando il recupero spuntano in diversi angoli di Fonte Laurentina e della sua “espansione”, la cosiddetta Tor Pagnotta 2 realizzata dal gruppo Caltagirone. Siamo nei primi anni Duemila. La giunta guidata dall’allora sindaco Walter Veltroni rilascia il permesso edilizio per un totale di 1,2 milioni di metri cubi. Sorgono così decine di palazzoni che cambiano per sempre il panorama dell’area, la parte “vecchia” del quartiere era di dimensioni più ridotte e con impatti meno evidenti. Nel 2005 il Consiglio comunale approva altre modifiche al progetto, prevedendo a carico del costruttore la realizzazione di infrastrutture per la mobilità e i servizi pubblici essenziali per gli oltre 22mila residenti. In buona parte arrivate fuori tempo massimo, a cominciare dal ponte sul raccordo ultimato solo nel 2017 e che serve per far passare il filobus che raggiunge la fermata della metropolitana Laurentina. Inaugurato nel 2019, dopo 12 anni di lavori, il filobus costituisce uno dei capitoli del romanzo-inchiesta “Mafia Capitale”, dato il malaffare sorto intorno all’aggiudicazione degli appalti per gli automezzi. “Adesso c’è il vincolo della ‘legge Bondi’, in teoria non possono più costruire, ma non si sa mai”, conclude Romano.

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La discarica di Cava Covalca vista dalla stradina d’accesso nei pressi della via Laurentina. © Luca Manes

Da queste parti la speculazione edilizia fa il paio con i livelli crescenti di inquinamento, che hanno portato in tanti a etichettare questa zona come una piccola terra dei fuochi locale. La cronaca racconta. Il 9 settembre 2019 si è sviluppato un incendio nei terreni che separano Fonte Laurentina da Casal Fattoria e Vallerano, altri quartieri di dimensioni più ridotte costruiti vent’anni fa. Per 40 giorni dal suolo si sono levati fumi nauseabondi prima che si facessero vedere la sindaca di Roma, Virginia Raggi, armata di promesse di bonifiche, e l’immancabile Matteo Salvini, che ha soffiato sul fuoco della polemica politica per dare l’avvio alla sua personale marcia su Roma. Rassicurazioni tante, fatti pochi.

Ma i siti a rischio sono numerosi, per essere precisi 45, come si legge nel nuovo rapporto redatto dal Coordinamento bonifichiamo l’agro romano meridionale. “C’è di tutto: toner, pneumatici, materassi, carcasse di motorini, ma anche fluff e amianto”, racconta Massimiliano Coppola, esponente del Coordinamento, durante una visita dell’area. Il fluff è composto dai residui leggeri di rottamazione dei veicoli, una polvere grigio scuro estremamente volatile che troviamo in un altro punto messo sotto sequestro ma non in sicurezza. “Potevano almeno ricoprirlo con dei teloni e scavare una sorta di trincea attorno per ridurre gli impatti in caso di incendio, invece è rimasto tutto com’era”, si lamenta Massimiliano. Il terreno dove si trova il fluff è stato posto sotto sequestro nel luglio 2019.

“Abbiamo attivato tutte le pratiche amministrative necessarie”, racconta il presidente della IX Circoscrizione, Dario D’Innocenti. “Inoltre il Dipartimento tutela ambientale di Roma Capitale è pronto a dare incarico all’AMA (l’azienda municipalizzata che si occupa dello smaltimento dei rifiuti, ndr) per eseguire la bonifica”, ha aggiunto D’Innocenti. Ma per il momento non è successo ancora nulla, sebbene a poche centinaia di metri dal sito ci sia una scuola elementare. Tuttavia nei pressi c’è addirittura peggio del fluff. “Durante una delle passeggiate che organizziamo periodicamente con i cittadini per mostrare le bellezze dell’area, abbiamo scoperto delle piccole quantità di amianto”, spiega Elena Bonanni del Coordinamento, che ha avuto conferma dei suoi sospetti dopo aver fatto realizzare dei controlli da un centro analisi autorizzato.

“Avendo delle competenze specifiche, abbiamo chiesto alle autorità comunali di poter procedere noi stessi con la messa in sicurezza di quel terreno, vista la vicinanza con il quartiere e in particolare con le scuole elementari, ma nessuno ci ha risposto. Ma il cahiers de doléances non finisce qui, perché di roghi se ne registrano di continuo nei due insediamenti abusivi presenti nell’area e anche nei cantieri edili, per bruciare materiali di scarto. E poi ci sono le discariche legali. La presenza sul territorio di numerose cave abbandonate -da qui provengono i “selci” dei sanpietrini che una volta lastricavano il centro di Roma- è la “scusa” perfetta per poter interrare varie tipologie di spazzatura. Quando a Roma è scoppiata l’ennesima emergenza rifiuti prima della fine del 2019, è iniziato anche un durissimo conflitto tra la sindaca Raggi e il governatore della Regione, Nicola Zingaretti. Dei sette possibili siti, ben quattro sono situati nel territorio della IX Circoscrizione, quella di Fonte Laurentina. Uno, Cava Covalca, si teme possa essere la “nuova Malagrotta”, la mega discarica chiusa nel 2013 dall’ex sindaco Ignazio Marino. Le associazioni e i comitati di quartiere dell’area hanno organizzato incontri informativi con la cittadinanza.

In una fredda serata dello scorso dicembre sono state oltre 300 le persone stipate nella sala parrocchiale della chiesa San Carlo Borromeo di Fonte Laurentina. Tanti temevano e temono ancora lo stallo istituzionale e l’intervento di un commissario chiamato a gestire l’emergenza. Intanto la Co.R.T.A.C srl (gruppo SEIPA) che gestisce Cava Covalca fa richiesta di valutazione di impatto ambientale e punta ad aumentare le superfici utilizzate per la discarica di inerti, passando dagli attuali 48.387 metri quadrati, a oltre 82mila. Che qualche lavoro di ampliamento sia in atto si deduce entrando nella cava. Vi si accede facilmente da una stradina a lato della via Laurentina. Il cancello arrugginito è sempre aperto e dall’alto si “ammira” l’enorme cratere in cui troneggia una collinetta di terra. Oltre a Cava Covalca, gli altri siti nell’area si trovano a Falcognana, Cinque Colline e Selcetta tutte nello spazio di pochi chilometri.

Poi è scoppiata la pace tra Raggi e Zingaretti ed è stata individuata una soluzione alternativa, a Monte Carnevale (Roma Ovest), che al momento di andare in stampa resta ancora in bilico per l’opposizione dei consiglieri del M5s. Gli attivisti ricordano che il possibile pericolo scampato non deve distogliere l’attenzione dalla lotta per in vivere quartiere dove l’aria -così come il suolo- sia meno inquinata. E dalla grande voglia di tutelare un territorio che nasconde tesori del passato, come la una torre dell’anno Mille o una chiesa diruta del 1200, o naturali quali il lago dell’ex cava Nenni, dove prima si produceva bitume e ora si è formato un invaso grazie alla presenza di una falda acquifera sottostante. Un punto dove sono cresciuti vari alberi e la presenza faunistica è sempre più elevata, tanto che in primavera sulle rive dallo specchio d’acqua nidifica il tarabusino, il più piccolo airone europeo.

Poi c’è Rio Pedroso, affluente del Tevere, e stagni che si formano in maniera estemporanea nei pressi del quartiere, in particolare uno in un appezzamento ancora di proprietà dei Torlonia. Un altro dei 45 siti inquinati che ci mostrano Massimiliano e gli altri del Coordinamento: “La terra è smossa, qualcosa è successo, speriamo non sia solo un intervento di facciata per coprire le batterie delle automobili e altri materiali che emergevano dal terreno come ci hanno indicato alcuni cittadini poco tempo fa”. L’augurio è che si proceda con le bonifiche ma la strada da percorrere sembra ancora lunga.

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