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Ambiente

Africa: terreni fertili per le automobili

Rapporto di Friends of the Earth sul business degli agro combustibili nel continente africano




Non si mangia, né si dà agli animali. In Mozambico però la jatropha ricopre circa 183mila ettari, ovvero la bellezza del 5% del terreno coltivabile. Il motivo è semplice. Questo arbusto dal nome sconosciuto ha una particolarità: dai sui semi si ricava un olio che viene utilizzato direttamente come carburante per i motori diesel. Ma il Mozambico non è solo. Secondo una recente ricerca condotta dall’organizzazione ambientalista Friends of the Earth (vedi box), un terzo dei terreni venduti e acquistati in Africa dal 2008 a oggi (qualcosa come 5 milioni di ettari) è stato destinato alla coltivazione di piante impiegate nella produzione di agro-combustibili (oltre alla jatropha, ci sono altre piante utilizzate a questo scopo: la canna da zucchero, le palme, il grano e il mais). In particolare le nazioni coinvolte sono 12: fra queste Congo, Etiopia, Nigeria e Tanzania.

Due sono le “strade” per le quali avviene tipicamente questa “conversione”. In un primo caso, compagnie energetiche multinazionali, promettendo un forte sviluppo economico locale oltre a posti di lavoro, comprano il terreno da coltivare e pagano contadini della zona per lavorarla. Si tratta prevalentemente di società europee, come la Sun Biofuel inglese o la Eni italiana. Altre provengono invece dalla Cina e dal Canada. Altrimenti le compagnie straniere stipulano dei contratti con i contadini africani per cui questi ultimi ricevono i primi semi e poche indicazioni sul come coltivarli; in cambio potranno rivendere l’olio alle compagnie stesse. Proprio in Mozambico molte coltivazioni di jatropha sono nate così.

Altre volte ancora i contadini si trovano costretti dal proprio governo a coltivare piante per agro-carburanti.

I problemi che sorgono a causa di queste coltivazioni, tuttavia, sono numerosi. Secondo quanto documentato da Foe, in primo luogo gli agro-combustibili si sostituiscono alla produzione di alimenti base; e tutti i prodotti, poi, sono destinati all’esportazione, con pochi guadagni per la popolazione locale. Da un punto di vista ambientale determina gravi conseguenze: la deforestazione e la distruzione della biodiversità, l’impoverimento del suolo e l’inquinamento dell’acqua a causa dei pesticidi. Inoltre, questi agro-carburanti produrrebbero in alcuni casi anche più gas serra dei combustibili fossili. È risultato inoltre che molti contadini non sono riusciti ad arrivare ai primi compensi, poiché i tempi per un primo vero e proprio raccolto sono risultati più lunghi di quanto fosse stato detto loro. Inoltre, i lavoratori ricevono lo stipendio minimo e lavorano 45 ore a settimana, più di quanto concesso dalla legge.

Friends of the Earth sta cercando di combattere questo fenomeno. L’organizzazione conclude infatti il rapporto con una serie di raccomandazioni. Fra queste, si chiede che la domanda di agrocarburanti da parte delle compagnie europee diminuisca, mentre gli Stati africani dovrebbe seguire una politica economica che pensi prima di tutto al sostentamento della popolazione, tenendo sempre presente l’impatto ambientale.

 

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