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“Afghanistan senza pace”. L’ebook di Sbilanciamoci!

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Il volume pubblicato a gennaio ripercorre vent’anni di guerra attraverso articoli, inchieste e reportage pubblicati sulla stampa italiana. Vuole dare a chi legge gli strumenti per compiere una lucida analisi e “costruire un bilancio effettivo di ciò che è stato”

L’Institute for Policy Studies, centro di ricerca basato negli Stati Uniti, subito dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 metteva in guardia contro la corsa alla guerra in Afghanistan. Era una delle prime organizzazioni a farlo, promuovendo un appello che raccolse 150 adesioni di attivisti, personalità della politica e dell’economia, esperti. Nomi che descrivevano la compagine sociale schierata contro l’invasione del Paese.

È da qui che muove “Afghanistan senza pace, 2001-2021”, ebook edito a gennaio da Sbilanciamoci!. Il volume mette insieme articoli, documenti, analisi e reportage pubblicati sulla stampa italiana dal 2001 al 2021 quando, dopo il ritiro delle truppe Usa, i Talebani sono tornati al potere con conseguenze drammatiche per la popolazione. La raccolta di testi ha l’obiettivo i fornire a chi legge gli strumenti per un’analisi di ampio respiro sui discorsi, le strategie politiche della “guerra al terrore”, le campagne militari in Afghanistan e i loro esiti. Riportando ricerche e dati, il libro prova a rispondere alle domande sulla natura degli interventi e sul modello di “democrazia di importazione” che la presa di Kabul, avvenuta lo scorso agosto, ha di nuovo posto con forza.

Il bilancio della guerra in Afghanistan è “pesantissimo” anche solo se ci si limita a considerare i costi economici e umani. Come sottolineano Daniela Musina e Delina Goxho nell’introduzione del testo, e come ricostruisce un’indagine realizzata dall’Institute for Policy Studies a partire dal progetto “The cost of war” della Brown University, dall’11 settembre 2001 a oggi gli Stati Uniti hanno speso ottomila miliardi di dollari per finanziare la guerra. Da quella data nel complesso il Paese ha speso 21mila miliardi per finanziare le guerre e il sistema militare. Sono l’equivalente di 12 anni di Prodotto interno lordo italiano e risorse che andavano usate “per la salute, il clima, il lavoro e l’istruzione”, scrivono gli autori Lindsay Koshgarian, Ashik Siddique e Lorah Steichen.

Vent’anni di “guerra al terrore” hanno portato alla militarizzazione della politica creando “una cultura militarista e xenofoba che oggi dilaga nelle politiche interne ed estere degli Usa”. Sono drammatiche le conseguenze sui civili: in vent’anni circa 241mila persone sono state uccise e altre centinaia di migliaia sono morte a causa della fame, delle malattie e della mancanza di servizi essenziali. Solo nell’ultimo decennio, la Missione di assistenza delle Nazioni unite in Afghanistan (Unama) ha registrato almeno 28.866 bambini vittime di guerra.

Il materiale raccolto -che unisce articoli, interviste, reportage– è comparso negli anni in quotidiani, riviste e siti d’informazione. Comprende anche inchieste sul campo realizzate dai giornalisti de il manifesto Giuliano Battiston, Emanuele Giordana e Marina Forti (e collaboratori di Altreconomia). Sono presenti le testimonianze di Gino Strada ed Emergency, presente nel Paese dal 1999.

Il volume propone una suddivisione in tre sezioni. La prima parte documenta le reazioni all’attacco alle “Torri gemelle”, i primi anni di guerra in Afghanistan e la successiva invasione dell’Iraq, incluse le grandi manifestazioni pacifiste del periodo. Nella seconda sezione, sono raccolte le testimonianze dal campo sugli anni dell’occupazione occidentale. È questa una fase in cui la guerra passa da attacchi prevalentemente aerei sulle posizioni dei Talebani a operazioni volte alla “stabilizzazione” del Paese attraverso le missioni Nato. L’ultimo capitolo ricostruisce le principali tappe dagli Accordi di Doha del febbraio 2020 tra gli Stati Uniti e i Talebani, firmati sotto la presidenza di Donald Trump, fino al ritiro degli Usa e la riconquista a di Kabul.

Il lavoro di Sbilanciamoci dedica inoltre attenzione alle voci dell’opposizione pacifista alla guerra e a chi ha provato a tenere aperto uno spazio di confronto politico. Come Afgana, rete informale della società civile italiana nata nel marzo 2007 e formata da Ong, associazioni, sindacati, ricercatori e cittadini. Alla base della sua costituzione c’era la convinzione che il diretto coinvolgimento delle organizzazioni della società civile, rappresentative in quel momento storico del tessuto sociale afghano, fosse essenziale per una ricostruzione condivisa del Paese e per la tutela dei diritti umani.

“I fatti hanno dimostrato che la ragione è dalla parte di chi -fin dall’inizio- ha ritenuto ingiusta e sbagliata la guerra in Afghanistan e la successiva campagna in Iraq. I tempi sembrano essere maturi per un bilancio oggettivo e fattuale di ciò che è stato”, si legge nell’introduzione. “La complessità della vicenda afghana, le trasformazioni di quella società, il contesto internazionale in cui si colloca richiedono un’attenzione particolare alle condizioni concrete. Tanto più oggi, con i Talebani di nuovo al potere e un paese diviso, disorientato, sull’orlo del collasso economico”.

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