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Afghanistan, incubo prevedibile. I rischi per le attiviste e le responsabilità degli occupanti

Una vista di Kabul © Mohammad Rahmani - Unsplash

“Le organizzazioni democratiche del Paese non sono mai state supportate dalle forze occidentali. E il disastro di questi giorni con la presa di Kabul era prevedibile. Le realtà democratiche, condotte in particolare da donne, sono dei target dei Talebani e devono nascondersi”. Intervista a Gabriella Gagliardo del Coordinamento italiano a sostegno delle donne afghane nato nel 1999. Per leggere i fatti di queste ore e gli ultimi 20 anni

“In Afghanistan le organizzazioni democratiche non sono mai state supportate dalle forze occupanti. L’incubo di questi giorni e la presa di Kabul erano prevedibili. Le realtà democratiche, condotte in particolare da donne ma non solo, sono ora dei target dei Talebani. Devono nascondersi in quello che ormai è diventato un narco-Stato. È terribile”. Gabriella Gagliardo fa parte del Coordinamento italiano a sostegno delle donne afghane (Cisda), nato nel 1999 su iniziativa di una serie di associazioni e realtà italiane impegnate “sui temi dei diritti delle donne, contro i fondamentalismi e le guerre”.
Il Cisda è al fianco da tempo di organizzazioni e associazioni democratiche del Paese come l’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane (RAWA), l’Organizzazione per la formazione e la cura dei bambini (AFCECO) o il Partito afghano della solidarietà (HAMBASTAGI).

È un osservatorio prezioso per leggere gli ultimi vent’anni e i drammatici sviluppi in corso, evitando letture semplicistiche o luoghi comuni inaccettabili. Uno tra tutti: l’immagine dei cittadini afghani che non combatterebbero per la propria libertà.

Gabriella Gagliardo, che cosa sta succedendo nel Paese per quello che riuscite a ricostruire tramite i vostri numerosi contatti?
GG È un incubo. Prima di parlare degli ultimi tragici sviluppi ci tengo però a ricordare che in questi anni la situazione all’interno è sempre stata molto difficile. A parte Kabul e qualche città in cui soprattutto le donne di classe medio-alta riuscivano almeno a studiare e a svolgere delle professioni, anche se sempre con rischi di attentati, negli ultimi mesi anche mirati contro tutte le professioniste, c’erano state delle aperture, delle possibilità di andare a scuola, specialmente in città. Nelle zone dell’interno, nei villaggi, per le fasce più povere della popolazione anche in questi vent’anni progressi se ne erano visti veramente ben pochi. Le scuole aperte erano state velocemente richiuse, gli attentati contro le studentesse, anche le bambine, erano frequentissimi. Era pericolosissimo andare a scuola, il tasso di analfabetismo è ancora comunque altissimo: per le donne tra l’84 e l’87%, e il 66% delle ragazzine tra i 12 e i 15 anni non ha potuto frequentare la scuola. E poi in tutte le province si è sentito molto in questi anni anche il progresso dello sviluppo delle colture di oppio che sono aumentate a dismisura e questo vuol dire anche occupare le terre che sarebbero potute essere produttive per l’agricoltura, per l’alimentazione. Il Paese non aveva autosufficienza alimentare e non ce l’avrà. Tanto meno adesso che è un momento in cui ci sono i raccolti di varie produzioni

Le persone scappano.
GG Certamente. Alcuni nostri compagni che hanno parenti contadini nei villaggi ci dicevano che sono dovuti scappare e abbandonare i raccolti. E questi sono o presi dai Talebani o addirittura distrutti. E quindi la situazione è proprio di emergenza umanitaria anche dal punto di vista della fame. È qualcosa che aleggia e che sta solo cominciando ma che non potrà che peggiorare proprio a causa di questa situazione.

Nelle analisi di questi giorni non si è sottolineato molto l’aspetto dell’oppio. Perché è così importante?
GG L’oppio dappertutto al posto delle colture alimentari sono vent’anni che prolifica sotto gli occhi delle potenze occupanti e non capisco, sinceramente, come venga trascurato questo aspetto. È aumentata anche la raffinazione dell’oppio che prima non era così all’interno, veniva fatta fuori. Oggi invece assistiamo alla raffinazione e alla commercializzazione, a un’economia basata sul malaffare. È un’economia internazionale della malavita, un narco-Stato e ci sono interessi economici legati alle mafie con la complicità delle potenze occupanti. Era impossibile non vedere, le piantagioni di oppio sono alla luce del sole e si mangiavano continuamente le terre dei piccoli proprietari che erano costretti a cedere le loro, indebitarsi e alla fine lasciare che venisse coltivato piuttosto l’oppio e lavorare come dipendenti con contratti arcaici. La tossicodipendenza anche all’interno del Paese è aumentata tantissimo, per dire di un aspetto gravissimo di cui non si parla mai e che invece ha permeato l’economia. Economia che in questi anni è stata basata solo sugli aiuti internazionali. Sono arrivati quantità mostruose di risorse dalla comunità internazionale sotto forma di aiuti anche se in gran parte questi aiuti sono sostegni di tipo militare. Fiumi e fiumi di dollari e il risultato è che il Paese è fondato sulla corruzione. I dati pubblicati dalla Brown University sono noti: solo gli Usa hanno speso oltre 2.000 miliardi di dollari, di cui 1.500 in operazioni belliche, 87 per l’addestramento delle truppe governative, 54 per l’aiuto economico e la ricostruzione, e 10 per la lotta alla droga. Con gli esiti che vediamo.

Un anziano e un bambino per le vie di Kabul, ottobre 2020 © Sohaib Ghyasi – Unsplash

Di fronte a tutto questo le forze occupanti se ne vanno.
GG Un abbandono veloce che lascia il Paese di nuovo nelle mani di questi pazzi fondamentalisti che non sono molto diversi da quelli che erano già al potere. Erano fazioni fondamentaliste anche quelle che fino a ieri si dividevano i seggi in Parlamento, il controllo delle province, i governatorati delle varie zone. Non è che fossero molto migliori dei Talebani, però avevano questa dipendenza totale dai finanziamenti da parte dell’Occidente e quindi hanno cercato di venire a patti su alcune questioni, mostrare un viso meno antidemocratico. La sostanza è che una trasformazione democratica non c’è mai stata, le elezioni sono sempre state una farsa e adesso ci si ritrova, in un attimo, di nuovo, con questa svolta estremamente autoritaria. Ancora una volta gli Usa e i loro alleati sperano di poter condizionare attraverso i soldi il governo che gli garantisca di assicurare i propri interessi. Non c’è spazio per forze democratiche. Uno studio dell’Università del Texas pubblicato il primo giugno scorso sul sito warontherocks.com sostiene che tre quarti del budget del governo afghano provenga da donatori esteri: ogni anno vengono spesi 11 miliardi dallo Stato ma l’Afghanistan ha solo 2,5 miliardi di entrate interne, è quindi totalmente dipendente dagli aiuti. Sulla base di questo il professor Dominic Tierney suggeriva a giugno di ritirare le truppe “visibili” (si sarebbero lasciati circa 1.500 agenti speciali che dipendono dalla Cia, più i contractor privati) e di fare accordi con i talebani, rinunciando alle pregiudiziali che chiedono in cambio diritti umani.

Qual è la questione più grave al momento secondo voi?
GG Quella della sicurezza, senza dubbio. Nei villaggi man mano che entravano i Talebani ci sono stati massacri. Le notizie che ci sono arrivate sono di eccidi, di violenze molto gravi anche se molti villaggi si sono consegnati senza combattere e chiedendo che non ci fossero scontri in nessun modo. Sottomettersi a un signore o all’altro non è che sia poi così diverso. Malgrado questo ci sono stati omicidi mirati e questa è la cosa che fa più paura per quanto riguarda noi rispetto a tutte le attiviste e gli attivisti che in questi anni si sono esposti moltissimo e che adesso sono dovuti tornare molto strettamente in clandestinità.

A chi pensi?
GG A RAWA (l’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane) che c’è da 40 anni e che ha una lunga storia di clandestinità. Le attiviste hanno immediatamente riattivato le loro modalità più rigide di autotutela e sono all’interno del Paese, sparse in diverse province e stanno cercando di mimetizzarsi e di scomparire sotto i loro burqa, dentro le loro famiglie, le case, le loro reti. Come hanno sempre saputo fare. La loro volontà è di rimanere all’interno e come hanno fatto sempre di lottare all’interno a partire dai settori popolari più poveri. È una scelta politica molto chiara: hanno sempre sostenuto che non è possibile alcuna democrazia se si mantiene un tasso di analfabetismo così alto, soprattutto tra le donne. Quindi la prima cosa da fare è alzare il livello culturale e l’alfabetizzazione delle donne. Questa è la loro prima attività che hanno sempre scelto come priorità assoluta e ancora adesso stanno facendo questo lavoro, clandestinamente, nelle case, attraverso le reti familiari.

Alfabetizzazione e crescita politica.
GG Esatto. Attraverso l’alfabetizzazione c’è sempre il lavoro di consapevolizzazione, di crescita politica e di fare in modo che le persone coinvolte prendano le loro piccole responsabilità e comincino ad autodeterminarsi. Un lavoro che è sempre stato per loro legato alla lotta contro la violenza domestica o comunque la possibilità di scegliere che cosa fare della propria vita, contro i matrimoni forzati, contro ogni tipo di violenza specifica che riguarda le donne. La preoccupazione delle attiviste di RAWA in tanti anni è stata quella di formare dei quadri politici e professionali, persone che sono in grado di svolgere attività in tutti i settori della vita sociale. In questa fase in cui sarà quasi sempre molto più difficile ancora svolgere delle attività pubblicamente, dovranno in qualche modo gestirle in modo nascosto, come purtroppo sanno fare molto bene. Ciò è estremamente pesante, una vita di questo tipo è di grande difficoltà. Normalmente poi le nostre donne hanno tutte famiglia con figli.

Sono cresciute in questi anni delle nuove generazioni di grande forza e maturità politica, raccontavi. Che cosa rischiano adesso?
GG Il 65% della popolazione afghana oggi ha meno di 25 anni. Ci sono ragazzi giovanissimi che hanno una formazione davvero raffinata a livello culturale generale, politico, sociale. È difficile che noi in Italia o in Europa riusciamo ad avere giovani con questo livello di competenze, di consapevolezza, di maturità. Questi quadri ora vanno assolutamente tutelati fisicamente, impedendo che vengano catturati e “distrutti” come era successo in passato. Durante l’occupazione sovietica quello che è successo è che ci sono state centinaia di migliaia di quadri politici che sono stati uccisi sia dai sovietici sia dei fondamentalisti e quindi questo è il primo pericolo assolutamente da evitare. Che non si debba sempre ripartire ricostruendo tutto.

Badakhshan, Afghanistan, autunno 2020 © Joel Heard – Unsplash

Questi quadri sono stati riconosciuti dagli occupanti che avrebbero dovuto “liberarli” e che ora lasciano il Paese?
GG Queste persone non hanno trovato alcun appoggio politico dall’Occidente perché durante l’occupazione chi aveva la possibilità di arrivare al potere e gestire l’amministrazione o lo Stato erano quelli legati ai partiti fondamentalisti che avevano il controllo di tutto. Non ci sono stati reali spazi democratici. All’inizio c’è stato un tentativo delle forze democratiche di far direttamente presentare qualche candidato magari come indipendente e poi in questi 20 anni di occupazione non è stato più possibile neanche presentarsi a fare la campagna elettorale perché non c’erano le minime condizioni di sicurezza per farlo. Era proprio una farsa totale: le elezioni sono state veramente una cosa ridicola. Basti ricordare la vicenda di Malali Joya: eletta nella Loya Jirga, assemblea costituente, e costretta a nascondersi dopo il suo primo intervento che le è costato una serie infinita di attentati, rieletta alle prime elezioni parlamentari, e poi espulsa dai suoi colleghi, che nel frattempo si erano approvati una legge che garantisce loro l’impunità dai crimini commessi. Da allora l’unica voce coraggiosa nelle istituzioni è quella della senatrice Belquis Roshan, che è stata anche aggredita fisicamente e cacciata dal Parlamento per i suoi interventi critici nei confronti del “processo di pace”.

Tra le analisi di questi giorni si distinguono quelle per cui gli afghani non starebbero ancora una volta lottando per le proprie libertà. Che cosa ne pensi? 
GG Una lettura demenziale, intrisa di razzismo. Le forze democratiche che ci sono non hanno avuto mai sostegno politico. Del resto come sarebbe stato possibile lasciare che ci fosse spazio per le forze democratiche e poi pensare di poter fare i propri comodi in Afghanistan. Per fare i propri comodi le potenze imperialiste devono per forza utilizzare delle forze fondamentaliste che si vendono e che sono completamente corrotte. Che non fanno assolutamente gli interessi del proprio Paese. E questo è quello che è accaduto in tutti questi anni.
Le forze democratiche che ci sono non hanno avuto sostegno da nessuno e questo era già successo quando è cominciata la resistenza contro i sovietici. Negli anni 70 c’erano ancora tanti partiti democratici in Afghanistan, soprattutto partiti anche di estrema sinistra, diversi partiti maoisti, e si erano organizzati anche alla resistenza armata. Ma le armi e i soldi invece di andare a questi gruppi democratici sono andati ai fondamentalisti che erano dei gruppetti all’epoca assolutamente minoritari, insignificanti. Questi sono diventati improvvisamente gli unici ad avere i mezzi per combattere contro i russi. Così la gente disperata che voleva comunque combattere contro i russi se voleva le armi, se voleva le risorse per farlo, si doveva rivolgere a loro e riempire le loro fila di soldati.

Sono cresciute diverse fazioni di signori della guerra in quell’epoca.
GG Già e alcuni di questi poi sono stati premiati dopo il 2001 con cariche nel governo e sono attualmente delle persone di primo piano. Abdul Rashid Dostum, appena sconfitto dai Talebani, tanto amico del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, ha un curriculum di crimini contro l’umanità che risale a ben prima di 20 anni fa. Ismail Khan è un altro. Ci sono rapporti di Human Rights Watch pubblicati prima del 2001 in cui sono documentate denunce dei crimini contro l’umanità. Tra il 1992 e il 1996, dopo la guerra di resistenza contro i russi, incamerando anche tutte le armi che i russi avevano dovuto abbandonare sul terreno, queste fazioni armate non hanno fatto altro che scannarsi, massacrando la popolazione civile. Kabul è stata distrutta e rasa al suolo in quegli anni lì, non durante l’occupazione sovietica. Ci sono stati eccidi, centinaia di migliaia di persone sono morte. Venivano arruolati a forza i bambini da questi sedicenti rappresentanti di una etnia o dell’altra che pretendevano di poter usare i bambini delle proprie etnie e andavano nelle case dei quartieri dove vivevano prevalentemente e si portavano via i ragazzini per combattere. La popolazione ha veramente vissuto un incubo in quegli anni. Quando sono arrivati i Talebani nel 1996 è stato molto facile per loro prendere il potere perché sembravano proprio dei liberatori rispetto a questi signori.

E dopo le bombe del 2001?
GG I Talebani sembravano sconfitti ma le forze occupanti hanno dato il potere a quei signori che dal 1992 al 1996 avevano combinato tutto quello che ho sintetizzato. Ricordo che una delle richieste fondamentali di RAWA in tutti questi anni, su cui loro hanno raccolto volumi di documentazione, era di un tribunale internazionale per processare i signori della guerra. Questi stessi che adesso sono ancora tra i piedi e che hanno partecipato a questi vent’anni di spartizione di bottini occidentali, di potere, corrottissimi, fingendo di essere filo-occidentali perché tanto non gli importa nulla di nulla. Adesso non è una gran perdita smarrire un governo del genere.

Spiegati meglio.
GG Il problema è che i Talebani ritornano ancora più forti di prima e hanno una serie di vendette da compiere. Devono cercare di piegare nuovamente la popolazione, soprattutto quella femminile, a questo tipo di dominio assolutamente anacronistico. Le persone hanno i nostri stessi desideri di indipendenza e di autonomia, di vivere la loro vita privata e la loro professione, di partecipare a tutti i livelli. Non è affatto vero che sono disposte ad accettare questa dominazione. Per imporla ci vuole una violenza inaudita ed è quello che loro fanno senza nessuno scrupolo. E quindi quello che temiamo è che ci siano delle azioni molto violente, esemplari, per terrorizzare le masse soprattutto di donne giovani che non possono più essere così facilmente vendute fin da bambine in matrimonio. Queste cose anche le bambine non le accettano.

Supportate infatti anche AFCECO, l’Organizzazione per la formazione e la cura dei bambini.
GG Ha aperto 11 orfanotrofi in questi anni. Negli ultimi giorni ci hanno detto che le bambine e i bambini sono tutti al sicuro. Sono stati disseminati in modo che non vengano identificati perché nell’orfanotrofio studiavano moltissimo, c’era l’orchestra, il calcio, il teatro, la musica, la danza. Soprattutto la musica. Loro sono legati alla Scuola di musica di Kabul, anche quella sarà veramente in difficoltà. Penso al loro direttore, mi domando se sia riuscito a nascondersi da qualche parte. Loro hanno sempre avuto problemi anche con il governo che c’era precedentemente perché non ha mai accettato questo tipo di formazione per le generazioni nuove in generale, per le femmine in particolare. Qualche mese fa avevano anche tentato di proibire di nuovo alle bambine sopra i 12 anni di cantare, figurarsi nelle strutture di AFCECO dove cantano, suonano, hanno l’orchestra, fanno spettacoli.
Gli orfanotrofi sono stati attaccati in questi anni con l’accusa di essere luoghi di prostituzione. Le persone che gestivano le strutture sono ragazze giovanissime che sono cresciute nell’orfanotrofio e che hanno preso loro completamente tutte le cariche di direzione della organizzazione: per capirci, da qui è venuta fuori la prima direttrice d’orchestra donna dell’Afghanistan.

Una vista di Mazar-e Sharif, Afghanistan © Marko Beljan – Unsplash

Le persone fuggono e si nascondono. Vale per i civili, per le organizzazioni non riconosciute già in precedenza e per i partiti registrati?
GG Moltissimi civili sono dovuti scappare dalle province, sono ormai settimane che arrivano a migliaia i profughi sfollati a Kabul perché sembrava che la capitale potesse resistere un po’ più a lungo. Ci sono fiumi di persone, alcune sono ospitate nelle famiglie se hanno dei parenti ma poi ci sono dei campi profughi sia a Kabul sia fuori. HAMBASTAGI (il Partito afghano della solidarietà) ha cominciato un’attività di supporto a uno di questi campi di sfollati e aveva chiesto aiuti finanziari. Cerchiamo di aiutarli in tutti i modi: chiedono aiuti perché c’è un problema di fame. Manca tutto.

E non si parla del Covid-19.
GG La situazione è completamente fuori controllo. In Afghanistan sono arrivati alla terza ondata di Covid-19 ma non se ne parla più perché con quello che succede… Il sistema sanitario era completamente devastato già prima di questi attacchi dei Talebani perché negli anni non è stato investito in questo settore e quindi tutti gli aiuti che sono arrivati per costruire ospedali o cliniche molto spesso non sono mai stati attivati, finendo al contrario in bustarelle o corruzioni varie. Manca tutto anche dal punto di vista sanitario, è una situazione veramente difficile e la gente scappa.

Gli attivisti con cui siete in contatto hanno tentato di raggiungere l’aeroporto di Kabul?
GG Già da tempo avevamo invitato una nostra compagna in Italia, aveva già il visto e il biglietto aereo. Ora non sappiamo se riuscirà mai a partire perché è diventato pericolosissimo cercare di raggiungere l’aeroporto di Kabul. Si può essere in qualche modo identificati. Quando arrivano i Talebani la prima cosa che fanno è mettere i posti di blocco dappertutto. Va bene il burqa ma il rischio è veramente altissimo. Non è facile uscire ma la gente scapperà lo stesso, in tutti i modi. Un nostro compagno ci ha raccontato pochi giorni fa che un gruppo di famiglie che è arrivato nel campo profughi di Kabul ha riferito che le persone avevano dovuto attraversare le montagne e che per il freddo notturno nel passaggio erano morti dieci bambini piccoli. Arriveranno dalla rotta balcanica, arriveranno frotte di rifugiati che scappano, disperati. In particolare ci sono gli hazāra, minoranza etnica che rappresenta il 10% della popolazione. Senza bisogno di essere attivisti di niente, di essere coinvolti in nulla, semplicemente per il fatto di essere hazāra c’è questa “tradizione” di essere un target. Sono i primi a essere in pericolo. E non solo loro purtroppo. La cosa molto grave è che non si facciano i corridoi umanitari che sono doverosi in queste situazioni.

Il vostro è un appello alle istituzioni internazionali e italiane?
GG Dovrebbe essere molto più facile ottenere dei visti anche temporanei per l’Europa soprattutto per gli attivisti. Ripeto, gli attivisti con cui lavoriamo noi vogliono stare in Afghanistan, non vogliono essere rifugiati perché poi se tu ottieni lo status di rifugiato non puoi più rientrare. Loro vorrebbero potere stare e venire a fare il loro lavoro politico solo brevemente e rientrare e continuare la loro lotta all’interno. Ci sono una serie di figure,  attivisti di organizzazioni, che chiedono di avere i visti di una certa durata per poter svolgere questo tipo di attività ed è diventato difficilissimo averlo. Noi siamo riusciti per una compagna ma sono mesi che abbiamo chiesto il visto, abbiamo trattato e cercato di rassicurare perché la paura che hanno le istituzioni italiane è che poi questa gente invece scappi. Chiaro che invece chi vuole scappare avrebbe tutto il diritto di farlo. I corridoi umanitari ci vorrebbero per chiunque chieda protezione secondo le convenzioni internazionali che vanno applicate. Non è possibile chiudere le frontiere in questo modo, avendo poi delle responsabilità gravissime per la situazione che si è creata e che non è assolutamente dovuta solo alle dinamiche interne quanto al fatto che intorno al Paese si sono mossi interessi internazionali pesantissimi che hanno fatto e disfatto e che decidono del destino di milioni di persone in questo momento.
È necessario applicare il diritto d’asilo per tutti. Attivare corridoi umanitari in particolare per chi è un target ad alto rischio: come associazione ci stanno arrivando negli ultimi giorni appelli disperati da lavoratrici e attiviste di Ong impegnate con le donne che chiedono di essere evacuate con le loro famiglie. Ed è altrettanto urgente che si dia spazio e ascolto alle forze politiche democratiche che esistono nel Paese e che si continua allegramente a fingere che non esistano. Ci sono anche altre organizzazioni con cui noi lavoriamo e che in questo momento si trovano nella stessa terrificante difficoltà di dovere distruggere i dati, soprattutto le organizzazioni di donne che fanno il lavoro con le donne vittime di violenza, hanno centri legali di aiuto, case protette. Queste donne che vengono sostenute dai nostri progetti sono terrorizzate in questa situazione. La loro sede ultimamente era diventato un luogo di cura del Covid-19 perché erano in larga parte contagiate. Perché come dicevo prima in tutto questo c’è anche l’epidemia: non si trovano le bombole di ossigeno. Abbiamo cercato di rispondere alle loro richieste attraverso Emergency che si è sempre prestata a dare aiuto in tutti i modi anche se loro sono specializzati sulla medicina di guerra e non sarebbe loro compito soccorrere per altre patologie.

Siete molto preoccupate anche per le attiviste e gli attivisti del Partito afghano della solidarietà, HAMBASTAGI.
GG Sì. I due portavoce in questo momento sono nascostissimi. Una di loro, Selay Ghaffar, è nascosta ed è a rischio estremo perché è una persona notissima, chiunque la veda la può riconoscere e denunciare e lei sarebbe uccisa immediatamente. E quello è un partito legale che è riuscito a registrarsi ma che non ha partecipato alle elezioni degli ultimi anni perché non era possibile fare una campagna elettorale senza rischiare la pelle. Contano qualcosa come 30mila attivisti, in gran parte giovani, molte donne. Non so che cosa succederà nelle loro sedi.

Siete colpite dai tempi, non dall’epilogo. Giusto?
GG Tutto questo era prevedibile. L’occupazione non è servita a dare la possibilità al Paese di costruirsi un governo democratico. Sono stati vent’anni di governi fantoccio e gli Stati Uniti e la Nato hanno fatto in modo che avessero le leve del potere personaggi che potevano essere per loro utili e che non erano affatto democratici ed erano terroristi, lo sono. C’erano i terroristi buoni, che erano quelli che collaboravano con loro, e i terroristi cattivi, che erano quelli che non collaboravano con loro. Cambiare ruolo da terrorista buono o cattivo e viceversa è successo tante volte, velocemente. Non è che gli Stati Uniti non lo sappiano, hanno sempre fatto questo tipo di politica. L’Afghanistan in questi anni è cresciuto come narco-Stato e adesso non lo so che cosa si aspettano: gli farebbe anche comodo se i Talebani riuscissero a controllare tutto, almeno avrebbero un interlocutore solo e fingerebbero di non vedere quello che succede all’interno e avrebbero una certa stabilità.

Credi all’immagine di un Paese interamente nelle “mani” dei Talebani?
GG Il mondo dei fondamentalisti è molto frammentato, è fatto di capi militari con i loro seguaci, di eserciti personali che non sono mai stati smantellati. Vent’anni fa, in occasione dell’occupazione, una delle prime cose che era stata chiesta fu di smantellare questi eserciti privati perché bisognava invece avere un esercito nazionale. Quello che è successo è che questi capi militari sono entrati direttamente a far parte del governo e si sono portati dietro in blocco le loro truppe, i loro uomini. Invece di essere pagati da loro erano pagati con i fondi dello Stato, cioè con i fondi che arrivavano dall’estero. Del resto fino a oggi tutto è basato sugli aiuti internazionali: i dipendenti pubblici, di qualunque tipo, dai militari agli insegnanti o agli impiegati, non vi era alcuna possibilità di tenere in piedi lo Stato se non attraverso i finanziamenti dall’estero. E la produzione interna significativa reale è sempre stata solo quella della droga che è però tutto un settore completamente illegale.

Ultima domanda: quali prospettive vedete per i soggetti con cui collaborate?
GG Non lo so, ripeto, siamo veramente preoccupatissimi. Penso che un soggetto come RAWA continuerà a fare il suo lavoro perché è più un lavoro sotterraneo ed è sempre stato così. Discorso diverso per le Ong vicine a quella linea con cui noi abbiamo i progetti alla luce del sole, con le donne e soprattutto contro la violenza, con i centri di aiuto legale o piccole imprese generatrici di reddito per le vedove, o progettualità sanitarie, sostenute prevalentemente da finanziamenti privati (penso anche ai Francescani che ci hanno sempre sostenuto anche a realizzare una piccola clinica). Queste organizzazioni democratiche non sappiamo che cosa possano fare adesso. In questo momento penso che ci sia il fuggi fuggi nel senso che si devono proprio nascondere perché sono sicuramente target, corrono rischi enormi e bisognerà capire in che forma, se e come alcune di queste attività possano riprendere alla luce del sole. Questo proprio non lo so. In questi anni con tutti i finanziamenti che sono arrivati in Afghanistan erano nate più di 100 Ong, un’esplosione. Quasi tutte però erano finte, in realtà servivano solo a bruciare i soldi della cooperazione internazionale di vari Paesi e facevano ben poco. Le nostre erano Ong che invece conducevano un lavoro serissimo.

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