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Ambiente / Attualità

Accesso al cibo in Africa: la ricetta sbagliata di Bill Gates e gli interessi delle aziende

Dal 2003 al 2020 la Fondazione Gates ha erogato 6 miliardi di dollari per lo sviluppo agricolo in Africa e in Asia. I beneficiari non sono stati i contadini ma realtà e istituti di ricerca (o di lobby) schierati a favore dell’agricoltura industriale e degli Ogm. Il report di GRAIN

© Bill Gates a una conferenza del DFID nel 2010 @Wikimedia Commons

Tra il 2003 e il 2020 la Bill&Melinda Gates foundation, voluta e condotta dal fondatore di Microsoft, ha erogato quasi 6 miliardi di dollari sotto forma di grant per finanziare lo sviluppo del settore agricolo in Africa sub-sahariana e Asia meridionale. L’obiettivo -dichiara la fondazione sul suo sito- è supportare “gli agricoltori e i governi […] che sono alla ricerca di una trasformazione agricola sostenibile e inclusiva, che crei opportunità economiche, rispetti i limiti delle risorse naturali e dia a tutti uguale accesso a cibo nutriente ed economico”.

Se nelle dichiarazioni pubbliche si afferma che destinatari di questi fondi sono gli agricoltori e, più in generale, i Paesi africani, un’analisi condotta dall’Ong internazionale GRAIN (che lavora per sostenere i piccoli agricoltori e i movimenti sociali nelle loro lotte per la difesa di sistemi alimentari controllati dalla comunità e basati sulla biodiversità) evidenzia come in realtà i principali beneficiari di queste risorse siano istituti di ricerca e istituzioni che hanno sede negli Stati Uniti e in Europa. Inoltre, sottolinea GRAIN, rilevanti sovvenzioni erogate dalla Fondazione Gates sarebbero finite nelle casse di gruppi che svolgono attività di lobby a favore dell’agricoltura industriale e degli Ogm. “Questo è un male per gli agricoltori africani e un male per il Pianeta. È ora di staccare la spina all’influenza smisurata della Fondazione Gates sull’agricoltura globale”, è la richiesta contenuta nel report “How the Gates Foundation is driving the food system in the wrong direction” (“Come la Fondazione Gates sta portando il sistema alimentare nella direzione sbagliata”) curato dalla Ong.

Il rapporto, pubblicato a giugno 2021, è un aggiornamento di uno studio analogo pubblicato nel 2014. A sette anni di distanza le conclusioni sono le stesse: “In oltre 15 anni la Fondazione Gates ha distribuito 1.130 grant destinati all’agricoltura e alla produzione di cibo, con un valore pari a circa 6 miliardi di dollari, di cui almeno 5 miliardi destinati all’Africa -si legge-. Non c’è stato nessun cambiamento per cercare di raggiungere direttamente realtà in Africa, nessuna ri-focalizzazione rispetto all’approccio centrato sulla tecnologia, nessun tentativo di abbracciare un’agenda politica più inclusiva”.

Vediamo i principali beneficiari. Il primo della lista è il CGIAR (Consortium group on international agricoltural research), consorzio internazionale di 15 centri di ricerca lanciato tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento per promuovere la “Rivoluzione verde” attraverso l’uso di fertilizzanti, fitofarmaci e sementi geneticamente modificate. A partire dal 2003 CGIAR ha ottenuto 1,4 miliardi di dollari. Al secondo posto, con 638 milioni di euro c’è AGRA (Alliance for a green revolution in Africa), una realtà con sede a Nairobi, fondata dalla stessa Fondazione Gates e dalla Fondazione Rockefeller con lo scopo di promuovere (dall’alto verso il basso) un modello di agricoltura basato su fertilizzanti, pesticidi e sementi geneticamente modificate.

Un modello di sviluppo agricolo basato sui principi della “Rivoluzione verde” che, come ricorda Nicoletta Dentico nel suo saggio “Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo”, mirava a trapiantare nei Paesi del Sud del mondo, a partire da Asia e America Latina, “un approccio di sviluppo agricolo imperniato sull’uso di nuove tecnologie di ingegneria genetica, sull’espansione dell’industria agraria e sulla massimizzazione dei raccolti”. Tra i principali finanziatori e promotori di questa politica fin dai suoi inizi c’è la Fondazione Ford, che oggi continua la propria azione in collaborazione con la Fondazione Gates, all’interno di AGRA. Nella visione della Fondazione Gates, la fame in Africa è il risultato della mancata modernizzazione dell’agricoltura e dell’assenza di mercati in grado di funzionare. In questa forma di moderno colonialismo, sono le fondazioni private (tramite AGRA) a identificare il problema, una possibile soluzione e insediano il loro personale nelle posizioni chiave e stabiliscono in tutto e per tutto l’impostazione del lavoro.

Nella classifica stilata da GRAIN al terzo posto si piazzano (con 601 milioni di dollari) un insieme di realtà che comprende Banca Mondiale (70 milioni di dollari), il World food program, la Fao e Un Foundation. Al quarto posto c’è l’AATF (African agricultural technology foundation) un’organizzazione di ricerca apertamente pro-Ogm che ha incassato 170 milioni di dollari sotto forma di grant e finanziamenti. AATF promuove la bio-fortificazione del cibo e la digitalizzazione dell’agricoltura, oltre a svolgere attività di lobby presso i governi per spingerli ad adottare leggi sulla biosicurezza “un prerequisito per la commercializzazione dei prodotti transgenici”, puntualizza Nicoletta Dentico.

“Oltre a focalizzarsi su chi sono i beneficiari delle risorse della Fondazione Gates è importante notare anche chi sono gli esclusi: i contadini africani -si evidenzia nel report di GRAIN-. La Fondazione non garantisce risorse ai sistemi sementieri degli agricoltori, che forniscono l’80-90% di tutti i semi usati in Africa. Inoltre, la Fondazione Gates promuove la bio-fortificazione come una risposta alla malnutrizione, sottraendo risorse e attenzioni da soluzioni più pratiche e culturalmente più appropriate per migliorare la nutrizione aumentando la biodiversità nei campi e l’accesso della gente ad essa”. Secondo le stime di GRAIN, nel corso dell’ultimo decennio la Fondazione Gates avrebbe investito oltre 70 milioni di euro in progetti di bio-fortificazione degli alimenti in progetti come il contestato Golden rice (una varietà geneticamente modificata che avrebbe dovuto sradicare la fame in Africa) e il Water efficient maize for Africa, un mais resistente alla siccità.

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