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A L’Aquila s’incontrano gli storici dell’arte. Per parlare di una ricostruzione civile

Domenica 5 maggio l’appuntamento è nel centro storico distrutto dal sisma del 6 aprile 2009. Il promotore, Tomaso Montanari: “La città è un cantiere ideale per un dibattito scientifico su cosa fare e non fare, per il patrimonio culturale del Paese". E sul numero di maggio di Ae il "caso Siena", dove il Duomo rappresenta il simbolo dell’arte che va al mercato

Oltre 500 tra professori, dottorandi e studenti di storia dell’arte si sono dati appuntamento a L’Aquila, domenica 5 maggio 2013 (laquila5maggio.wordpress.com). L’iniziativa, “Storici dell’arte e ricostruzione civile”, è nata da un’idea di Tomaso Montanari -docente di Storia dell’arte all’Università di Napoli, editorialista del Corriere del Mezzogiorno– e ha visto l’adesione “su basi etiche, materiali e scientifiche, e non corporative, di tutte le associazioni che rappresentano gli storici dell’arte, cosa mai successa finora” racconta il promotore. 

Sono tre, secondo Montanari, gli obiettivi di questa giornata: “Lo storico dell’arte ha l’obbligo di ‘vedere le cose con i suoi occhi’, e ho l’impressione che il 90% di quelli italiani non siano tornati a L’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009. Quand’è successo a me, nel marzo 2011, ho visto qualcosa che non ero pronto ad accettare: un centro monumentale ridotto in quel modo, e totalmente abbandonato”.
Oggi, a cantieri aperti, “abbiamo l’obbligo, come categoria, di partecipare a scelte non facili: L’Aquila è un cantiere ideale per un dibattito scientifico su cosa fare e non fare, per il patrimonio culturale del Paese. Come storici dell’arte, non possiamo lasciare soli gli aquilani a decidere.
Se fossi ministro dei Beni culturali, aprirei domani nel capoluogo abruzzese una terza scuola del restauro (oggi sono solo due, in tutta Italia, ndr), perché questa città diventi un laboratorio, dove formare una generazione di restauratori”. 
Infine, conclude Montanari, “questa visita serve a noi, come comunità scientifica. La storia dell’arte non si occupa della fuga dal reale, ma della mutazione del reale. Oggi, però, la disciplina si è un po’ smarrita: pensiamo di servire a cercare il Leonardo ‘smarrito’ di Matteo Renzi, siamo operatori di marketing, stregua di dog-sitter che potrei definire ricchi-sitter, e questo non va bene. La storia dell’Arte non è un modo di ammazzare il tempo, o di evadere dal tempo. Per questo ci confrontiamo con le New Town, città non città senza monumenti. A L’Aquila, che è oggi un guscio vuoto, andiamo per studiare il rapporto tra l’arte, una città e i suoi cittadini, e non la fuga dalle città per chiudersi nelle mostre. In una città senza cittadini, dove le pietre e il popolo sono separati forse per sempre, il nostro obiettivo è quello di tenerli insieme”. Anche con le provocazioni: “Se fossi ministro -conclude Montanari- sposterei a L’Aquila la sede del ministero dei Beni culturali. Qua vivono bambini di quasi 4 anni che non sanno che cos’è una città, che non sono né potranno diventare cittadini. Se un italiano è diverso da un cittadino degli Stati Uniti d’America, è perché è cresciuto nelle nostre città storiche. Questo spiega a che cosa servono i marmi”.



 

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