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Ambiente

A ciascuno il suo pezzo d’acquedotto

In Alto Adige l’acqua è ancora un “bene comune”. Ad Appiano, dal 1946 una cooperativa gestisce captazione e distribuzione, grazie al lavoro volontario Ad Appiano sulla Strada del Vino, a pochi chilometri da Bolzano, c’è una cooperativa che fa acqua….

Tratto da Altreconomia 104 — Aprile 2009

In Alto Adige l’acqua è ancora un “bene comune”. Ad Appiano, dal 1946 una cooperativa gestisce captazione e distribuzione, grazie al lavoro volontario

Ad Appiano sulla Strada del Vino, a pochi chilometri da Bolzano, c’è una cooperativa che fa acqua. Dai rubinetti di 1200 case nella frazione di San Michele, infatti, esce acqua potabile fornita da una piccola società che garantisce l’approvvigionamento idrico di tutta la frazione. Così, dal 1946, chi ha bisogno di un nuovo allacciamento (o subentra ad uno vecchio) contatta la cooperativa, si associa versando 20 euro di capitale e diventa cliente dell’acquedotto e insieme socio della Cooperativa acqua potabile San Michele Appiano, che ha la concessione dell’acquedotto. “Contattare le cooperativa” vuol dire andare di persona nella segheria di Luis Tadz, 70 anni, presidente dal 1980, e incontrarlo nel piccolo ufficio della ditta che appartiene alla sua famiglia da 3 generazioni. La cooperativa infatti non ha una sede autonoma, né un’impiegata, né degli amministratori retribuiti. Gli 11 componenti del consiglio di amministrazione sono tutti volontari: svolgono le più varie occupazioni professionali (un antennista, un vigile, un contadino, un direttore di banca…) ma hanno un interesse in comune: curare l’acquedotto del paese dedicando a questa attività il tempo di qualche riunione ufficiale ma soprattutto tante attenzioni quotidiane. L’unica persona che si occupa professionalmente della cooperativa è il fontaniere che, part-time, cura la manutenzione ordinaria degli impianti, svolge piccole riparazioni ed effettua la lettura semestrale dei contatori. Tutte le attività di direzione e amministrazione sono svolte dai consiglieri a titolo volontario.
Si regge così una cooperativa che nel 2007 ha fatturato 145.000 euro e ha distribuito oltre 550mila metri cubi di acqua (cioè 550 milioni di litri) ad uso civile, agricolo e industriale. I due principali clienti della cooperativa, infatti, sono il consorzio dei frutticoltori (soprattutto mele) e la cantina sociale di San Michele Appiano (che Slow Food ha eletto migliore cantina d’Italia dell’anno 2000); due clienti importanti che, tra l’altro, sono a loro volta cooperative. Le tariffe sono tra le più basse della zona: 0,25 euro a metro cubo (nello stesso Comune altre frazioni arrivano a pagare fino al doppio, che è comunque il costo medio dell’acqua nella regione). Questo costo però non copre le acque reflue: la cooperativa infatti garantisce il servizio di acquedotto, mentre la fognatura e la depurazione delle acque nere sono in capo direttamente al Comune (per un costo di 0,75 euro al metro cubo). Il Comune è anche proprietario di un moderno impianto di raccolta delle acque: un impianto di captazione che la cooperativa gestisce e che Luis Tadz mostra con orgoglio. È costruito a circa 1000 metri di altitudine, ai piedi di un altopiano disabitato e in mezzo a un bosco. È raggiungibile a piedi con un sentiero abbastanza ampio, ma ripido e isolato, che ancora a marzo è coperto di neve e porta a un piccolo spiazzo con un bel panorama sulla Strada del Vino e su Appiano (416 metri sul livello del mare). Sulla balza si affaccia anche un cunicolo lungo 360 metri scavato nella roccia,  percorso da un lungo canale alimentato da diverse “perforazioni di drenaggio”. Questi, sostanzialmente dei grossi tubi che entrano nella parete rocciosa, raccolgono l’acqua dall’interno della montagna e la convogliano nelle vasche di raccolta dell’acquedotto, captando circa 40 litri al secondo. La qualità dell’acqua è buona sia dal punto di vista batteriologico che minerale. Anche per questo a chi chiede a Tadtz di raccontare la storia della cooperativa lui propone, con l’accento tedesco degli abitanti della zona, di venire a bere un bicchiere d’acqua alla Forcolana “perché così si capisce meglio”. E ci si conosce anche meglio, perché passeggiare per San Michele con Tadz vuol dire fermarsi ad ogni angolo a scambiare due parole o un informazione sull’acquedotto, e la differenza tra rivolgersi a lui o a un risponditore automatico è tangibile.
Le idee per il futuro non mancano.
Il Comune sta pensando di sfruttare il salto dell’acquedotto per produrre energia elettrica; si possono intensificare le visite delle scuole alla Forcolana; ci sono giovani consiglieri che possono crescere
e rappresentare il futuro della cooperativa.
Futuro su cui grava anche qualche incertezza: la cooperativa di San Michele, infatti, è solo una (la più grande) delle 6 cooperative di Appiano che gestiscono segmenti di acquedotto. Una legge provinciale (la numero 6 del 2002) assegna ai Comuni la competenza sull’approvvigionamento idrico con la facoltà di gestirlo direttamente o assegnarlo in concessione (mantenendo comunque il diritto di stabilire unilateralmente le tariffe). Via via che le concessioni già in essere scadono gli acquedotti tornano di diritto ai Comuni che scelgono come gestirli, ed è quello che nei prossimi due anni accadrà anche ad Appiano. Nella decisione avrà il suo peso anche la capacità delle cooperative di garantire alcuni standard minimi che la Provincia autonoma ha stabilito: ad esempio la presenza di un piano per la gestione delle emergenze, la disponibilità di una carta servizi, il bilinguismo in tutte le comunicazioni, la disponibilità di una struttura minima e di personale idoneo (che la norma dice dover essere, per rispondere agli standard, “qualificato e gentile”). È un nodo importante, e probabilmente non tutte le 6 cooperative riusciranno ad affrontarlo. Quella di San Michele Appiano, forte anche di un patrimonio netto costruito negli anni  che oggi vale 414.000 euro (patrimonio che, nelle cooperative, deve essere rinvestito nell’attività) ha forse le carte in regola per affrontare la sfida.

Acque libere a Biella
Il presidente lo chiama “Consorzio delle acque libere”, ma la denominazione istituzionale è Consorzio dell’Acqua Potabile di Mezzana Montaldo. Sono 34 cooperative di cittadini che “da sempre, alcune da più di 100 anni, gestiscono l’acquedotto delle loro frazioni. Hanno portato l’acqua in casa nelle fattorie del biellese quando un rubinetto in cucina era ancora un lusso per pochi”. Quando, nel 1994, la Legge Galli (l. 36/94) ha cominciato a definire disposizioni più impegnative sulla gestione delle acque, alcune piccole cooperative hanno rinunciato all’adeguamento organizzativo cedendo le loro attività all’ente locale. Altre, per garantire gli standard di qualità più alti e una maggiore complessità del servizio, si sono associate: è il caso delle cooperative del biellese  (www.acquedottomontaldo.biella.it; nella foto, la fontana delle scuole di Montaldo). Hanno cominciato a censire le fonti, certificare i servizi con tutte le formalità e i controlli necessari, a definire standard di bollettazione. Si sono impegnate in una contrattazione con l’Ambito territoriale ottimale (il soggetto che afferisce agli enti locali e regola la gestione del servizio idrico) e dal 2008 hanno in concessione, fino al 2023, gli acquedotti: in un momento in cui la questione è al centro di tante turbolenze, 15 anni di proprietà comune dell’acquedotto possono essere una sperimentazione interessante.

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