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I Big Three della consulenza mondiale, sconosciuti e potenti

Stilano rapporti e affiancano le banche: Bain, McKinsey, Boston Consulting Group sono multinazionali che ricoprono ruoli strategici e poco noti in diverse operazioni finanziarie. E le prime due non depositano alcun bilancio in Italia dal 1994

Tratto da Altreconomia 181 — Aprile 2016

A metà marzo di quest’anno, l’agenzia di stampa Ansa ha dato conto di una ricerca commissionata da Utilitalia -“la Federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas”- presentata al fine di sminuire il valore della raccolta dei rifiuti porta a porta.

Chi aveva curato lo studio su commissione era stata una società di consulenza di nome Bain & Company, una delle tre più importanti nel nostro Paese insieme a McKinsey & Company e The Boston Consulting Group (BCG), le cosiddette “Big Three” del settore, nate negli Stati Uniti. Tutte e tre occupano oltre mille addetti. Due di queste, però, non depositano in Italia alcun bilancio fin dal 1994, rendendo di fatto impossibile qualsiasi approfondimento sulla loro natura, sviluppo e operatività. Un paradosso, visto che proprio queste società sono sempre più al centro di importanti dinamiche economiche.  

Quella della gestione dei rifiuti non è l’unica materia trattata da società di questo tipo, ma è frequentemente al centro dei report commissionati da terzi e poi ripresi dalla stampa. Ne è la dimostrazione un altro articolo, questa volta del Sole 24 Ore, risalente al novembre 2013: “Raccolta rifiuti: con la differenziata i costi su del 48%”. Autore della ricerca? Bain & Company. Che queste “ricerche” siano attendibili è un passaggio successivo che conosce purtroppo minor attenzione mediatica (lo sa bene il professor Enzo Favoino, che lavora presso il centro di ricerca della Scuola Agraria del Parco di Monza, autore di una lunga confutazione della tesi “differenziare costa”). 

Rifiuti ma non solo. “Fashion&Finance” -curato da repubblica.it– quando si è occupato del “settore lusso” nel maggio 2015 ha citato ancora Bain & Company (il committente era Fondazione Altagamma). Il Sole 24 Ore, titolando nell’aprile 2015 sulle banche popolari e le “nozze” che avrebbero consentito “un miliardo” di “risparmi”,  ha ripreso un “report” di BCG. Per non dimenticare McKinsey & Company, che spazia dall’occupazione giovanile -con la ricerca “Studio ergo Lavoro. Come facilitare la transizione scuola-lavoro per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile in Italia” del 2014- all’“l’impatto economico potenziale dell’#IoT, l’internet delle cose”. 

L’attività di questi soggetti non si esaurisce nella redazione di report su commissione. Bain & Company e McKinsey & Company, in particolare, hanno ricoperto incarichi strategici in rilevanti operazioni finanziarie. Per quanto riguarda la prima -che a livello mondiale ha chiuso lo scorso anno con 2,2 miliardi di dollari di fatturato ed è uno dei 100 partner del World Economic Forum di Davos- si tratta di un ruolo di cui poco si è scritto durante il cosiddetto commissariamento di Banca popolare dell’Etruria. È sufficiente recuperare il piano industriale stilato in vista del triennio 2009-2011: “Con il nuovo piano industriale, realizzato in collaborazione con Bain & Company Italy Inc -si legge nel documento ancora pubblicato sul sito di Borsa Italiana- Banca Etruria punta a sviluppare maggiore redditività ed efficienza operativa”. Obiettivo: “maggiore attenzione alla qualità del credito”.

Bain ha operato ad Arezzo, sede di Etruria, nel 2009 e nel 2014, ma anche a Vicenza, presso un altro istituto di credito rivelatosi in condizioni finanziarie estremamente delicate. Si tratta di Banca Popolare di Vicenza, il cui Consigliere delegato e Direttore generale attualmente in carica, Francesco Iorio -colui che ha guidato il recente processo di quotazione in Borsa dell’istituto- ha lavorato in passato “con società di consulenza, quali Accenture e Bain & Company” (la fonte è la sua biografia pubblicata su www.popolarevicenza.it). Anche il settore assicurativo coglie l’interesse di queste società, tant’è vero che l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (Ania) ha lanciato a fine 2015 un “osservatorio” in collaborazione proprio con Bain.

McKinsey & Company, invece, è stata scelta nel maggio 2015 come capofila degli “advisor industriali” per il processo di privatizzazione di Ferrovie dello Stato Italiane, nell’associazione temporanea di imprese con Ernst & Young Financial Business Advisors Spa e The Brattle Group Limited Italiana Branch. Un incarico che ha preceduto di pochi mesi le nomine dei vertici di FSI: Renato Mazzoncini in qualità di amministratore delegato e Gioia Ghezzi nelle vesti di presidente del gruppo. La stessa Ghezzi che, da quanto emerge dal curriculum, ha lavorato per oltre dieci anni proprio in McKinsey. 

Una nota biografica che condivide -oltreché con l’ex ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera– anche con Gianni Vittorio Armani, dal maggio dello scorso anno presidente e amministratore delegato di Anas Spa (il gestore della rete stradale ed autostradale italiana), che tra il 1998 e il 2003 ha operato a Roma per la stessa società di consulenza.

Non tutte le consulenze sono fortunate: nel caso della compagnia aerea Alitalia, ad esempio, risale a fine settembre 2015 la sentenza emessa dal collegio arbitrale di Milano contro McKinsey, chiamata a risarcire la compagnia in amministrazione straordinaria per circa 11,8 milioni di euro. Aveva ricevuto l’incarico durante la gestione dell’ex presidente e amministratore delegato di Alitalia Giancarlo Cimoli, condannato per il crac a otto anni e otto mesi.

Una storia controversa, come quella dell’ex rappresentante legale in Italia di McKinsey, Gabriele Bravi, indagato da diverse Procure e arrestato nel marzo 2013 con l’accusa di riciclaggio. Bravi ha cessato l’incarico nella società di consulenza solo nel dicembre 2013, a 30 anni dalla nomina. Dall’analisi della sua rete, nel maggio 2015 la Procura di Milano ha scoperchiato una presunta associazione a delinquere composta tra gli altri da Bravi e il suo socio svizzero Filippo Dollfuss (arrestato anch’egli) responsabile di “una serie indeterminata di delitti di riciclaggio” attraverso una “poderosa struttura organizzativa transnazionale […]  posizionata a Lugano”.

BCG ha puntato sulla didattica e sull’incontro con gli studenti universitari di Bologna, collaborando entro corsi accademici ad hoc nell’ambito di un neonato master presso la “Bologna Business School”, insieme a Yoox, Google e Ibm. 

Ma il rapporto tra le società di consulenza e l’Università è consolidato da tempo. Il caso emblematico è quello del Politecnico di Milano, che alla consulenza ha dedicato uno spazio importante della piattaforma “CareerService”. L’ultima “Fiera dei settori” rivolta a studenti o laureati in Ingegneria fisica, gestionale, matematica o informatica si è tenuta il 7 marzo scorso, al Campus Bovisa. “Il mondo della consulenza vede l’università come un bacino di assunzione di quelli che sono a suo avviso i talenti -spiega ad Ae Federico Colombo, responsabile dell’Area sviluppo e rapporti con le imprese del Politecnico di Milano-. In base a questo viene strutturata una definizione dei target di riferimento, si identificano le forme di corsi di laurea e la tipologia delle persone che le aziende ritengono i candidati ideali”. La “Fiera” è l’ultimo tassello: “L’elemento caratterizzante del rapporto tra il Politecnico e l’impresa è la costruzione di un piano di comunicazione. Noi non facciamo semplice intermediazione tra persone ma ci poniamo come agevolatori del dialogo tra docenti, studenti e mondo delle imprese”. 

Come? “Attraverso presentazioni delle singole aziende, comunicazione verso gli studenti con social e comunicazione ‘on campus’, con opzioni verticali di job-offert o momenti d’incontro anche all’interno di singoli corsi, fino a momenti di fiera”. È una partnership. “L’azienda riconosce al Politecnico un contributo annuo che ammonta mediamente dai 5mila ai 10mila euro per servizi che hanno un forte valore aggiunto, dato che le consentono di trovare in tempo limitato le risorse che cercano. Consideri che il CareerService è tra le pagine più visitate dell’ateneo. Inoltre, dall’ultima indagine occupazionale che abbiamo realizzato è emerso che il 33% degli studenti di ingegneria sono entrati a lavorare nei settori consulenza e finanza, e che le società che hanno partecipato alla fiera del 7 marzo scorso hanno assunto almeno 200 laureati del Politecnico nei primi sei mesi del 2015”. Bain & Company, come recita la locandina dell’ultimo “Business Course” promosso nelle Università di Trento, Torino, Bologna, alla Bocconi, all’Università Cattolica di Milano e alla LUISS Guido Carli, “cerca i migliori studenti”. 

A parte BCG e la Srl che opera in Italia, però, né Bain & Company (BAIN & COMPANY ITALY, INC.) né McKinsey (MCKINSEY & COMPANY, INC. ITALY) depositano alcun bilancio alla Camera di Commercio di Milano -dove hanno la sede secondaria- dal 31 dicembre 1994. Un’anomalia che Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia e consulente della Procura di Milano in materia di riciclaggio, commenta così: “Le stabili organizzazioni in Italia di società di diritto estero non hanno una autonomia civilistica di bilancio italiano ma hanno solo l’obbligo di depositare un bilancio fiscale in allegato alla dichiarazione dei redditi, o meglio i dati tributari per determinare il reddito prodotto in Italia. Debbono però, secondo le mie modeste conoscenze di obblighi camerali, depositare ogni anno il bilancio della casa madre che contiene anche la stabile organizzazione italiana, francese, tedesca, eccetera. Mi risulta strano che abbiano depositato entrambe solo il 1994 e poi nulla più per i vent’anni successivi”. 

 

(il frontespizio dell’ultimo bilancio depositato in Italia, presso la Camera di Commercio di Milano, da Bain & Company. Sotto quello di McKinsey)



 

“Bain & Company è una società Inc. e i nostri global headquarters sono a basati a Boston”, si è limitata a rispondere ad Ae Bain, imitando di fatto McKinsey, che invece il quartier generale l’ha domiciliato nello Stato USA del Delaware, “con tutte le implicazioni fiscali ma soprattutto dell’anonimato connesse a quella giurisdizione”, come spiega Bellavia.

“Dobbiamo verificare la natura con cui queste società si sono iscritte al momento della creazione del registro imprese -hanno fatto sapere dall’ufficio stampa della Camera di Commercio milanese-. Sfortunatamente, essendo nate prima del 1996, il fascicolo è cartaceo e si trova fuori città”.

Al dottor Bellavia resta un dubbio: “Come fanno i terzi a relazionarsi o fidarsi di queste strutture estere senza sapere di che cosa si tratta? Com’è possibile cioè un rapporto di natura commerciale senza la minima cognizione economica e patrimoniale? È la base dell’economia, altrimenti che cosa ci stanno a fare i pubblici registri?”. 
 

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