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Diritti

Le pressioni delle lobby per il TTIP

Negli ultimi 6 mesi, gli uffici della Commissione europea che seguono il negoziato dell’accordo di partenariato economico con gli Stati Uniti d’America hanno incontrato a porte chiuse almeno 100 lobbisti delle imprese. E oltre 520 tra il 2012 e il 2014, secondo un report di Corporate Europe Observatory. Tra i settori più "attivi" il Transatlantic Business Council (che raggruppa 70 multinazionali Ue e Usa), ACEA (i produttori d’auto), CEFIC (chimica), EFPIA (farmaceutico) e Digital Europe (che raggruppa i “grandi nomi” dell’informatica, come Apple, Microsfot, Blackberry, IBM)

I negoziati dell’accordo transatlantico sul commercio e gli investimenti, il TTIP tra Ue e USA, sono “guidati” dalle principali lobby industriali dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti. La denuncia dei promotori della campagna Stop-TTIP (che lo scorsa settimana hanno protestato contro la relazione sul trattato approvata l’8 luglio dal Parlamento europeo) poggia oggi su una solida base di dati, quelli resi pubblici dalla Ong Corporate Europe Observatory, che insieme a SumOfUs ha pubblicato il report “TTIP: a corporale lobbying paradise”.

Secondo i dati raccolti dalle due organizzazioni, che hanno presentato richiesta di accesso agli atti alle istituzioni europee, nel periodo in cui si sono avviati le discussioni e poi i negoziati del Transatlantic Trade and Investment Partnership (tra gennaio 2012 e febbraio 2014), la Direzione generale per il Commercio (DG Trade) della Commissione europea ha svolto ben 597 incontri “a porte chiuse” con lobbisti, e nell’88% dei casi (528) le riunioni hanno coinvolto rappresentanti di interessi d’impresa. Appena 53 (il 9 per cento del totale) sono stati invece gli incontri che hanno coinvolto portatori di interessi collettivi.

Il “rapporto” -di uno a dieci- è cambiato leggermente dopo il novembre 2014, da quando è diventata Commissaria UE Cecilia Malmström: nei primi sei mesi, lei o i membri del suo staff hanno tenuto 122 incontri faccia a faccia con lobbisti, 100 dei quali (l’83%) con rappresentanti delle imprese.

I settori più attivi durante la prima fase, quella di ricognizione degli interessi e di avvio dei negoziati, sono state -tra gli altri- Business Europe (federazione europea dei datori di lavoro), Transatlantic Business Council (che raggruppa 70 multinazionali europee e Usa), ACEA (la lobby dei produttori d’auto), CEFIC (chimica), EFPIA (farmaceutico) e Digital Europe (che raggruppa i “grandi nomi” dell’informatica, come Apple, Microsfot, Blackberry, IBM).

Grazie all’analisi dei dati, Corporate Europe Observatory ha potuto osservare un aumento dell’attivismo di alcune lobby, in particolare quelle di “big pharma”, coinvolta in appena il 2,4% degli incontri nel periodo tra gennaio 2012 e marzo 2013 e nel 16,5% in quello successivo, e del settore finanziario, “passata” dal 5,1% al 10,8% delle riunioni a porte chiuse.

Il report evidenzia anche come il 20% delle lobby che hanno fatto pressioni sulla Direzione generale per il commercio della Commissione europea non siano registrate nel Registro per la trasparenza dell’Unione europea (tra queste ci sono grandi imprese come Maersk, AON e Levi’s, ma anche la lobby delle biotecnologie BIO).

Secondo Pia Eberhardt, che si occupa di campagne relative al commercio per COE, “questi dati giustificano le preoccupazione di milioni di cittadini europei nei confronti del TTIP”.  

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