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Ambiente

Multinazionali che inquinano: svolta in Nigeria?

Una petizione lanciata martedì 6 novembre da Avaaz e rivolta ai membri dell’assemblea legislativa, chiamata a promulgare importanti normative in merito al comparto petrolifero, chiededi multare le multinazionali ree di incidenti ambientali

“A tutti i membri del Parlamento nigeriano: come cittadini del mondo, vi invitiamo a sostenere la multa da 5 miliardi di dollari contro la Shell per compensare le persone colpite dalla marea di petrolio di Bonga del 2011. Vi chiediamo di porre fine all’impunità delle oil corporation approvando il Nosdra Amendment Bill, che punisce gli inquinatori con sanzioni chiare e di appoggiare con forza e trasparenza il Petroleum Industry Bill, relativo alla responsabilità e agli oneri ambientali previsti per riformare il settore petrolifero della Nigeria”.

Questo è il fulcro del messaggio contenuto in una petizione lanciata ieri da Avaaz e rivolta ai membri dell’assemblea legislativa nigeriana, chiamata a promulgare delle importanti normative in merito al comparto petrolifero.

Un’azione che dà seguito a quanto di positivo accaduto nelle settimane passate nel Paese africano, dal momento che il presidente della Commissione Ambiente del Senato, Bukola Saraki, si sta spendendo in prima persona per emendare e di conseguenza migliorare enormemente la legge del 2006 che istituiva l’agenzia nazionale che doveva gestire le perdite di petrolio (National Oil Spil Detection Response Agency – NOSDRA). In particolare, i cambiamenti richiesti riguardano non solo dei rimedi più efficaci per ripulire l’ambiente, ma dei “deterrenti” di grande impatto, come, per esempio, prevedere delle multe molto salate – è il caso dei cinque miliardi da richiedere alla Shell per il disastro di Bonga – a fronte del limite massimo attuale, fissato nella cifra irrisoria di un solo milione di naira (5mila euro). Sversamenti e gas flaring (il bruciare in torcia il gas connesso al processo d’estrazione del greggio) diventerebbero così un problema reale cui dare una risposta e non pratiche da impiegare impunemente a scapito dell’ambiente e delle comunità locali.

Si calcola che in Nigeria, soprattutto nella regione del Delta del Niger, negli ultimi 50 anni le multinazionali petrolifere abbiano incamerato introiti per oltre 600 miliardi di dollari. Nello stesso periodo i barili di oro nero dispersi nei corsi d’acqua e nelle terre del Delta avrebbero superato i 15 milioni.   

Il senatore Saraki vorrebbe seguire la strada tracciata dal Brasile, dove per uno sversamento di circa 4mila barili la Chevron e la Transocean hanno subito multe per oltre otto miliardi di euro e la revoca delle licenze per operare nel Paese, mentre i vertici delle due aziende sono a processo davanti a una corte penale. Il senatore ha evidenziato come, qualora l’emendamento non sia approvato, i costi di olocausti ambientali come Bonga ricadrebbero sulle spalle del governo federale e di conseguenza dei cittadini nigeriani. Ma Saraki ci tiene anche a smentire quanto sostenuto dalle varie compagnie occidentali, tra cui la stessa Shell e anche l’italiana Eni, ovvero che le perdite di petrolio sarebbero dovute nel 70 per cento dei casi a sabotaggi da parte delle popolazioni autoctone. “I dati in nostro possesso ci indicano che il 50 per cento degli sversamenti è dovuto alla corrosione delle tubature, spesso vecchie di 40-50 anni, il 21 per cento a incidenti durante le operazioni di trivellazione e solo il 29 per cento a manomissioni da parte di soggetti esterni”. 

 

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